La violenza dell’omofobia in Francia. Quando le vittime dicono basta!
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Articolo di Aurélie Kieffer e Fiona Moghaddam* pubblicato sul sito dell’emittente France Culture (Francia) il 10 agosto 2019, liberamente tradotto da Giulia Garofani
“Il 2018 è stato un periodo buio per le persone LGBT.” È con queste parole che Joël Deumier, il presidente dell’associazione SOS Homophobie, ha presentato il rapporto annuale sull’omofobia (in Francia) all’inizio della settimana.
Qualche cifra. Nel 2018 (in Francia) le aggressioni fisiche contro le persone LGBT sono aumentate del 66%, ovvero 231 aggressioni contate dall’associazione SOS Homophobie. Nell’ultimo trimestre del 2018 è stata registrata un’aggressione al giorno. Anche gli atti omofobi sono in rialzo del 15%; l’associazione ha raccolto 1905 testimonianze di vittime.
Davy, trasferitosi a Parigi da qualche mese, è stato aggredito nella metro mentre stava tornando a casa una sera di inizio aprile: “Ero con un amico […], l’ho stretto tra le braccia, l’ho abbracciato”, racconta a France Culture. Il suo amico è sceso, lui è rimasto solo nella carrozza, insieme ad un’altra persona: “Si è avvicinato a me e mi ha chiesto se lo trovavo normale. Io mi sono stranito, chiedendomi ‘Di cosa sta parlando?’ Lui ha continuato dicendomi ‘Ma sei frocio?’ Ho risposto di sì, allontanandomi, visto che iniziavo ad avere paura. Mi ha sputato addosso e per fortuna non c’è stata aggressione fisica, solo verbale”.
In seguito, Davy decide di raccontare quello che gli è successo su Twitter. Lì è iniziata la parte peggiore: ha ricevuto dei messaggi estremamente violenti, soprattutto da parte di una persona in particolare: “’Frocio, checca, sacco di letame, dovresti morire’, è stato abbastanza violento. Voleva incontrarmi per picchiarmi, non mi aspettavo una situazione del genere quando sono arrivato a Parigi” racconta il giovane. Un’aggressione attraverso i social network, che Davy ha trovato molto più violenta di quella che aveva subito nella metro parigina. Ha deciso di sporgere denuncia sperando che l’autore dei messaggi d’odio possa essere trovato.
Le aggressioni contro le lesbiche sono in rialzo del 42%
Nei rapporti di SOS Homophobie sono state registrate 365 aggressioni contro le lesbiche, in media una al giorno. Malgrado i frequenti insulti che le vengono rivolti per strada, arrivando a sfociare in violente aggressioni, Celia non ha mai sporto denuncia. Molti anni fa si è recata in un commissariato a seguito della diffusione, da parte della sua ragazza, di una sua foto nuda su Internet: “Ho voluto sporgere denuncia e mi hanno detto ‘Beh si, ma voi lesbiche vi comportate così, ve la cercate’. Non l’hanno solo insinuato, me l’hanno proprio detto. Questa è stata la risposta della polizia. Che cosa succederebbe se domani andassi a dire che sono stata aggredita in quanto lesbica? Mi direbbero che me la sono cercata, che non c’era bisogno di tenersi per mano per strada. L’ho vissuto una volta, non voglio riviverlo una seconda”, confessa la giovane donna.
Secondo l’inchiesta dell’IFOP, “LGBTphobie : état de lieux 2019” (LGBT-fobia: stato dei fatti 2019), più di una persona LGBT su cinque ha riferito di essere stata vittima di un’aggressione omofoba nel corso della sua vita. Tra questi, solo il 27% lo ha segnalato al commissariato, e solamente il 20% ha realmente sporto denuncia.
I discorsi d’odio esplodono nelle notizie
La sezione “Stampa e libertà” della Procura della Repubblica di Parigi lavora in particolare sui temi della lotta all’incitamento all’odio. Ogni anno vengono riportate dalle 40 alle 50 segnalazioni per insulti omofobi. Ma la viceprocuratrice Aude Duret riconosce che è molto più complesso ritrovare gli autori di ingiurie omofobe che circolano sui social network, “a causa della mancata risposta alle nostre richieste da parte degli operatori. Ci sarà, per esempio, un’esplosione i discorsi d’odio omofobo sui social network il giorno dopo una manifestazione come il Gay Pride, o il giorno dopo i dibattiti parlamentari sui diritti concedibili alla comunità omosessuale”.
Joël Deumier,il co-presidente dell’associazione SOS Homophobie, denuncia “il divario enorme tra il numero di denunce sporte dalle vittime e l’efficacia della giustizia e delle decisioni prese dalla giustizia”.
Secondo Deumier, su 28 denunce sporte solo una risulta in una condanna in tribunale: “Questo divario non è normale all’interno di uno Stato di Diritto che dovrebbe sanzionare, quando i fatti sussistono, tutti gli insulti, tutte le aggressioni a carattere LGBT-fobico. È inaccettabile! Come dire alle vittime che la Repubblica le protegge, ed allo stesso tempo che la loro denuncia non è raccolta o seguita. Bisogna rafforzare le risorse umane ed i materiali, perché la criminalizzazione dell’omofobia non rimanga un tema inascoltato”.
Tra le difficoltà, c’è il riconoscimento del carattere omofobico dell’aggressione: “A volte si deve davvero lottare”, accusa Caroline Mecary, avvocato dell’Ordine degli avvocati di Parigi: “L’autore negherà il carattere omofobico della sua aggressione, non vuole essere accusato di omofobia. Alcuni giudici nominati per esaminare il caso potrebbero non essere interessati a prendere in considerazione questa dimensione omofobica, per ragioni personali. Quindi c’è una battaglia da portare avanti, che a volte è complicata, perché il carattere omofobico dell’aggressione venga riconosciuto”.
Associazioni travolte
Terrence Katchadourian è il segretario generale di Stop Homophobie. Oggi, l’associazione dà aiuto alle vittime di atti omofobici e li accompagna nelle lunghe procedure giudiziarie: “Ascoltare le vittime, assisterle, dovrebbero essere queste le nostre azioni. Non anche chiedere giustizia! Qualche tempo fa, avrei detto che la consapevolezza, la prevenzione e il dialogo sono superimportanti, ma non posso più negare che è necessario perseguire i reati, chiedere giustizia”.
Tuttavia, la prevenzione rimane indispensabile. L’associazione SOS Homophobie interviene da una quindicina d’anni nelle scuole. Qui i volontari conducono workshop-dibattiti di due ore per 20-30.000 giovani ogni anno in tutta la Francia.
Elisabeth conduce questi dibattiti nella regione parigina da otto mesi: “L’ideale è di farli parlare [gli studenti, n.d.c.] e che si esprimano sull’argomento, sugli stereotipi e sulle discriminazioni in generale”, spiega Elisabeth. Ma in alcune classi può rivelarsi più difficile decostruire gli stereotipi: “È, ad esempio, il caso dei licei, perché i liceali si censurano da soli, sanno quello che devono o non devono dire”, spiega la volontaria di SOS Homofobie: “Il fatto di parlare, di venire, di proporre delle definizioni, è già un passo in avanti”.
Per sperare di contrastare i cliché sulla comunità LGBT, Denis Parrot, realizzatore del documentario Coming Out, ha previsto delle proiezioni nelle scuole. “Non scegliamo la nostra omosessualità, e non possiamo neanche cambiarla. Dobbiamo ancora spiegarlo.”
Denis Parrot, realizzatore del documentario Coming Out
Il suo documentario è una serie di video di YouTube dove dei giovani annunciano la loro omosessualità ai loro cari. Per il suo film, il realizzatore ha visionato più di 1.200 video su Youtube e ne ha scelti 19: “Due anni fa sono capitato su un video di un giovane britannico che chiamava sua nonna per dirle che era gay. Questo video mi ha commosso fortemente. E ho visto che esisteva un fenomeno virale su Internet, in cui dei giovani facevano coming out davanti ai loro genitori. Ho scoperto che c’era un argomento della società veramente da approfondire”, racconta a France Culture. Il regista spera che il suo film, uscito nelle sale all’inizio di maggio, permetterà di dare una scossa alla situazione e di far evolvere la mentalità collettiva.
* Fiona Moghaddam è giornalista al servizio digitale della redazione di France Culture.
Testo originale: Homophobie: quand les victimes disent stop