Brendan Fay, cattolico, gay e regista. Il mio “Taking a Chance on God”
Dialogo di Lidia Borghi col regista Brendan Fay, 12 ottobre 2012
Il regista irlandese Brendan Fay ha diretto il documentario Taking a Chance on God (Scommettere su Dio) incentrato sulla vita e sull’attività pastorale del teologo statunitense gay John J. McNeill, nato ottantasette anni fa a Buffalo, nello stato di New York, punto di riferimento per la comunità LGBT statunitense, grazie alla sua attività di psicoterapeuta e counselor, motivo per cui, nel 1988, fu espulso dall’ordine dei gesuiti con una lettera ufficiale firmata dall’allora capo della Congregazione per la dottrina della fede Joseph Ratzinger.
Quando giunse negli Stati Uniti d’America il regista Fay aveva vent’anni e la piaga dell’AIDS era appena scoppiata; conobbe John McNeill a New York grazie a Dignity, la comunità per persone LGBT cattoliche co-fondata dal sacerdote nel 1972 nella parrocchia di San Francesco Saverio nel Greenwich Village e, quando Brendan prese a frequentarla con regolarità, il presule aveva già avviato la sua pastorale volta a conciliare la fede cattolica con l’orientamento omoaffettivo.
Da quella proficua amicizia maturò nella mente di Brendan la volontà di rendere per immagini il grande lavoro che McNeill stava svolgendo: le riprese di Taking a Chance on God ebbero inizio nel 2006 e coinvolsero alcuni testimoni, che accettarono di raccontare la vita del sacerdote senza reticenze.
Da molto tempo la Sua professione di regista è intrecciata in modo indissolubile con quella di attivista dei diritti civili per le persone LGBT. Diversi sono i Suoi interventi nelle scuole, nelle parrocchie e all’interno di varie comunità. È stato persino arrestato, durante una protesta civile svoltasi a New York. Mi parli in breve delle Sue tante attività.
Spesso vengo presentato come attivista e cineasta. Entrambi gli aspetti sono infiammati dalla spiritualità derivante dalla mia formazione cattolica. Per anni ho avuto paura che la gente scoprisse che ero gay. Ora alcuni trovano strano che mi si presenti come un uomo gay cattolico!
Negli anni ’60, mentre crescevo a Athy in Irlanda, mi ispirai alle suore del convento locale. Mio padre lavorava nella fabbrica di amianto, mentre mia madre faceva del suo meglio per crescere sette figli. Quando gli altri ragazzi andavano a giocare al pallone, io passavo il mio tempo all’esterno del convento locale di St Michael, dove le Sorelle della Carità gestivano un rifugio per alcolisti e offrivano ai senza tetto un piatto di minestra e del pane. Mi colpivano nel profondo i loro gesti semplici di gentilezza e di compassione.
Sono cresciuto con antiche tradizioni cattoliche, nonché con lo spirito di apertura al rinnovamento proprio del Concilio Vaticano Secondo. In Irlanda, la fine degli anni ’70 e dei primi anni ’80 è stata un’epoca caratterizzata dalla speranza di un cambiamento sociale. La preghiera era collegata all’attivismo sociale per i diritti umani in America Centrale e in Sud Africa e all’impegno di migliorare il mondo. La fede è qualcosa di visibile, tanto quanto una questione di cuore. Era una vita che mescolava facilmente preghiera e dissenso.
In Irlanda e negli Stati Uniti ho studiato teologia della liberazione e pastorale giovanile. Essere cattolico significa di più che andare a messa alla domenica. Significa anche impegno per la giustizia e per la compassione. La Chiesa che mi ha formato è stata come una scuola di attivismo! Tuttavia quando si trattava di sessualità, la storia era molto diversa… C’era poca giustizia o compassione!
Arrivato a New York venni a contatto con l’attivismo post Stonewall che incitò la comunità gay a pretendere l’uguaglianza e i diritti umani. Pervenni a Dignity, il gruppo per i cattolici LGBT co-fondato da f. John McNeill. Trecento persone si riunivano settimanalmente nella St. Francis Xavier Church (cioè fino alla sua espulsione nel marzo 1987). Questo succedeva negli anni ’80. Durante la crisi dell’AIDS fui partecipe della grande ricerca e lotta spirituale all’interno della comunità gay, mentre si affrontavano il pregiudizio, la discriminazione e la morte. La comunità LGBT ha veramente qualcosa da dire alla società e alla Chiesa. Insegnai per cinque anni in scuole cattoliche. La mia vita cambiò radicalmente quando “uscii allo scoperto” pubblicamente alla parata di S.t Patrick sulla 5th Avenue a New York.
Dopo questa esperienza iniziai la serie di film intitolata “From Silence to Speech” (Dal silenzio alla parola) – una serie di film sull’essere irlandese e gay in America. Questo tema costituisce una domanda enorme per me… dato che io mi chiedo spesso di che cosa ho più paura di parlare.
Realizzare un film crea uno spazio per riflettere e condividere le storie. Il mio lavoro continua a essere molto influenzato sia dalle tradizioni irlandesi di raccontare storie sia dalle tradizioni cattoliche di misericordia, nonché dalla mia esperienza di attivista all’interno della comunità LGBT di New York. Viviamo in un momento di ricerca interiore per i cattolici LGBT.
Stiamo formulando delle domande: chi siamo, perché siamo qui e come sarà il futuro. Come cattolici LGBT stiamo domandando che cosa ci richiedano la vita e l’amore. La nostra prima sfida, credo, è quella di “venire allo scoperto” nel miglior modo possibile. Poi di alzarci in piedi e parlare per raccontare le nostre storie e lavorare per l’uguaglianza.
In questi giorni – mentre lavoro a nuovi progetti – presento film e parlo di spiritualità, di sessualità e di giustizia in chiese, scuole e ritiri spirituali. A Washington DC e a New York ho dimostrato a favore dei diritti di immigrazione e per l’uguaglianza del matrimonio. Sono stato arrestato per aver difeso i diritti umani e civili.
Come vive, da uomo gay credente, il travagliato rapporto delle persone lesbiche e gay e dei loro famigliari con la chiesa cattolica americana? Ha riscontrato qualche miglioramento nell’approccio usato dai vescovi statunitensi nei confronti del mondo LGBT?
Papa Benedetto XVI e i vescovi hanno bisogno di ascoltare e dialogare con le coppie e le famiglie lesbiche e gay…
Crescendo come cattolico nell’Irlanda degli anni ’60 e ’70, non avrei mai immaginato di essere un giorno completamente allo scoperto come uomo gay e certamente non avrei mai immaginato di sposarmi con una cerimonia cattolica insieme alla nostra comunità pastorale, cosa che ho fatto nel 2003.
Quando si trattava di sessualità ero paralizzato dalla vergogna e dalla paura. Credo che un giorno la Chiesa chiederà perdono alla comunità LGBT.
Negli Stati Uniti le Conferenze cattoliche a livello nazionale (legge sul matrimonio dello Stato) e a livello federale (attuali udienze in materia di coppie di nazionalità diversa e ricongiungimento familiare) si oppongono alla normativa per affermare ed estendere i diritti legali alle coppie dello stesso sesso.
Per la persona gay o lesbica uscire allo scoperto di solito significa uscire dalla Chiesa. Ciò non sorprende più di tanto, considerando l’insegnamento ufficiale della Chiesa cattolica che parla di omosessualità in termini di male intrinseco e disordine oggettivo.
In generale, l’insegnamento della Chiesa sull’omosessualità e sul matrimonio si sta lentamente evolvendo.Questo è un tempo di dialogo e di conversione per tutti, per un cambiamento del cuore e della mente sul tema dell’amore tra persone dello stesso sesso. Viviamo in un momento di speranza e i cattolici LGBT stanno accogliendo questa opportunità unica di uscire allo scoperto e di vivere in modo più aperto e più onesto all’interno della nostra Chiesa e nella società. Ci sono sfide di paura, di discriminazione e pregiudizio.
Le coppie omosessuali chiedono parità di diritti nella società civile, uno stesso abbraccio in seno alla nostra Chiesa e il dialogo sul matrimonio dello stesso sesso (Same Sex Marriage).
La mia esperienza di fede cattolica è stata influenzata e ispirata dalla compassionevole testimonianza di coloro che lavorano per il bene, per la giustizia e per la pace. Dorothy Day, fondatrice del movimento Catholic Worker a New York, ha detto: «Nessuno ha il diritto di sedersi e di sentirsi impotente, c’è troppo da fare».
Pensa che i vescovi americani oggi si avvicinino al mondo LGBT in un modo migliore?
Tra i vescovi negli Stati Uniti e in tutto il mondo ci sono stati vescovi che hanno coraggiosamente detto la propria sul peccato del pregiudizio e della discriminazione vissuta dalle persone LGBT.
Spesso cito la lettera dei vescovi statunitensi To Live In Christ Jesus, 1976 (Vivere in Cristo Gesù, 1976): «Alcune persone si trovano, non per colpa loro, ad avere un orientamento omosessuale …. Esse hanno diritto al rispetto, all’amicizia e alla giustizia. Esse devono avere un ruolo attivo nella comunità cristiana».
E in una lettera pastorale ai genitori Always Our Children, USCC, 1997/98 (Sempre nostri figli, USCC, 1997/98) scrivono i vescovi «Voi [genitori di una persona omosessuale] potete ancora insistere: Tu sei sempre mio figlio, nulla potrà mai cambiare questo fatto. Anche tu sei un figlio di Dio, dotato di talenti e chiamato per uno scopo nel disegno di Dio».
Tuttavia, il fatto è che per la maggior parte i vescovi sono stati apertamente contro i nostri sforzi per la parità di diritti. L’ironia è che alcuni degli stessi vescovi sono gay. Per la nostra Chiesa cattolica la speranza è che le comunità LGBT esprima la sua opinione e che il cambiamento si realizzi. Vedo i doni unici della comunità gay per tutta la Chiesa. Un nuovo linguaggio sul dono della sessualità, un motivo di gratitudine, non vergogna o paura.
Siamo persone di speranza. Noi siamo cattolici. Noi siamo gay. La chiesa è anche la nostra famiglia. Le nostre sono storie d’amore e di fede. Essere gay non si sceglie, ma è qualcosa cui si arriva, una realtà umana che si scopre, proprio come essere mancino e basso (nel mio caso!).
Il nostro orientamento sessuale non è né scelto né modificabile – è una parte della nostra umanità creata. Non vedo l’ora, spero, lavoro e prego per il giorno in cui le persone LGBT non avranno bisogno di lasciare la Chiesa, ma saranno accolte e onoreranno i doni con cui la vita e l’amore le avranno colmate e benedette. Ciò che vogliamo sono porte aperte, cuori aperti e menti aperte.
Da un punto di vista più strettamente cinematografico hai diretto alcune pellicole d’impegno civile che hanno fatto il giro dei festival di diversi Paesi del mondo. Com’è avvenuto l’incontro con J J McNeill?
Ho coordinato una serie di film documentari sul fatto di essere irlandese e gay in America. Alcuni dei miei lavori cinematografici sono stati proiettati in numerosi festival, tra i quali il Cork International Film Festival (Remembering Robert: regista), il Tribeca Film Festival (Saint of 9/11: co-produttore e produttore in campo europeo), il New York Film Festival Fleadh (A Month’s Mind: regista) e il Galway Film Festival (Edie e Thea: produttore associato). (…)
Il film attuale, Taking a Chance on God, sta facendo il giro di tutti i festival del mondo, tra cui il festival di Durban in Sud Africa, Frameline a San Francisco, Woodstock International Film Festival e QFest di Filadelfia. La proiezione a Firenze il 25 ottobre sarà la prima europea. Quando Tom e io ci sposammo, nel maggio del 2003, la RTE, la televisione irlandese, realizzò un documentario sulla nostra storia di coppia cattolica.
Come ha conosciuto John McNeill?
Conobbi John McNeill leggendo di lui e dei suoi scritti durante gli studi di teologia al St. Patrick College di Maynooth in Irlanda. Poi, poco dopo essere emigrato a New York nella metà degli anni ‘80 mi unii al gruppo Dignity di New York, una comunità cattolica di gay e lesbiche che egli contribuì a fondare nel 1972.
Il gruppo si riuniva ogni sera, per la messa, nella parrocchia San Francesco Saverio al Greenwich Village, un quartiere di New York. John ha ispirato un movimento che ha colmato il divario tra il sesso e il sacro. Finalmente qui esisteva un luogo in cui potevamo essere sia gay sia cattolici. Così arrivai a John attraverso il movimento che lui ha aiutato a formare.
Ho intervistato John per la serie di cortometraggi “Being Irish and Gay in America” (Essere irlandese e gay in America) e anche per il documentario su padre Mychal Judge (santo dell’undici settembre).
In seguito ho istintivamente sentito il bisogno di scoprire ancora di più della vita non comune di questo umile prete di Buffalo, che fu prigioniero di guerra nella Germania nazista, una voce per la pace durante la guerra del Vietnam e un pioniere per la liberazione gay. Ho scoperto che John era un prete onesto e un uomo coraggioso disposto a rischiare molto. Come mi disse un altro prete gesuita di nome Robert Carter, John era solito dire che non è solo giusto essere gay, ma è anche bello essere gay e lo affermava in un momento in cui la dirigenza medica ci definiva dei malati, la legge ci definiva criminali e la Chiesa ci denunciava come peccatori.
John McNeill è stato il pioniere della liberazione il cui libro The Church and the Homosexual (La Chiesa e l’omosessualità) è diventata la “bibbia” per la comunità gay e lesbica e il manifesto che ha ispirato un movimento teologico Stonewall nelle Chiese cristiane. Ora ha 87 anni ed è stata una vera gioia sedergli accanto ai festival cinematografici e per John è stata una gioia che gli sia stato riconosciuto il lavoro cui ha dedicato la vita.
Il film è davvero una storia del cuore, dell’amore di John McNeill per la sua Chiesa, per la sua famiglia gesuita, per la comunità LGBT e per il suo amato Charlie.
Le chiedo di parlarmi della genesi di Taking a Chance on God. Quanto è stato difficile produrre un documentario di questo genere?
Ci sono state difficoltà lungo il percorso. Avevo bisogno di poter accedere agli archivi, di sostegno finanziario e di più gente possibile che volesse raccontare le proprie storie su John McNeill. Il film è stato sia acclamato sia contestato.
C’era chi nella Chiesa era riluttante ad essere intervistato o spaventato. Altri hanno deciso di non collaborare. D’altro canto c’è da raccontare una storia di attivismo a favore delle persone LGBT all’interno della Chiesa cattolica. Inoltre, nella comunità LGBT c’erano alcuni che, forse con comprensibile sospetto, alzavano le sopracciglia e facevano roteare gli occhi ma, alla fine, sono stati commossi dalla storia di questo sacerdote cattolico che è stato uno schietto sostenitore dei i diritti umani.
Il film è uno sforzo di collaborazione da parte di molte persone che hanno sostenuto l’opera in tanti anni di produzione con la preghiera, con storie e con contributi di denaro così tanto necessari. Dal momento dell’uscita generale nel 2012, il film ha ricevuto una risposta entusiasta da parte del pubblico. La platea dei festival di Durban, in Sud Africa e di Frameline a San Francisco sono state mosse alle lacrime ed alle risate ed hanno applaudito il film.
Come regista sto semplicemente al bivio a raccontare storie. Taking a Chance on God è una storia per aprire la mente, il cuore e le porte alle persone lesbiche, gay, bisex e trans nella Chiesa cattolica e nella società. Spero che il film possa aiutare a mantenere in vita il movimento per il cambiamento.
Taking A Chance on God offre uno sguardo raro nel cuore del percorso dell’uomo, mentre cerca di conciliare la sua vita di sacerdote cattolico e di uomo gay. Il film della lotta di John con la sua sessualità è un appello per raggiungere un abbraccio e un discorso più onesto sulla nostra realtà umana, per tutti noi nella Chiesa, vescovi, sacerdoti, suore, laici. Il nostro orientamento sessuale è parte dell’umanità.
Il film contiene anche filmati di John e Charlie, mentre attraversano il confine con il Civil Marriage Trail Project in Canada per essere legalmente sposati dal giudice Harvey Browstone nel settembre 2008. John McNeill è un modello ispiratore di coraggio, sacrificio e perseveranza per coloro che cercano di portare un cambiamento nelle tematiche LGBT, in particolare all’interno delle istituzioni religiose. Egli è una figura chiave all’interno di tutto il moderno movimento dei diritti LGBT che ha avuto inizio nel 1969 con la rivolta di Stonewall e si trova ora sospeso sul filo di una piena uguaglianza civile negli Stati Uniti e in altri paesi.
Infatti John stesso, come gay, come sacerdote e teologo, ha sperimentato una grande opposizione. Il 14 aprile 1987 i superiori gesuiti arrivarono a casa di John a New York City. In inglese ed in latino gli lessero il “Decreto di Espulsione” del Vaticano. John McNeill, sacerdote gesuita da quarant’anni, fu espulso dalla sua comunità religiosa a causa della disobbedienza alle autorità vaticane e, più in particolare, per aver messo in discussione la dottrina cattolica romana sull’omosessualità. Fu respinto, alla fine, con le parole del decreto, a causa della sua “disobbedienza ostinata”.
Profondamente ferito, ma senza amarezza, John comunque continuò il suo ministero come terapeuta, teologo e direttore di ritiro. Che sia per strada, su Skype o attraverso il suo blog, John continua ad essere quella stessa voce oggi, che proclama l’amore omosessuale come sacro e incoraggia le persone lesbiche, gay, bisessuali e transgender in tutto il mondo.
Infine Le chiedo un breve accenno alle persone che, insieme a Lei, hanno contribuito a produrre Taking a Chance on God.
Taking A Chance On God è stato prodotto grazie ai generosi membri della collettività che si sono occupati di raccogliere fondi in tutto il Paese. La gente ha organizzato raccolte di fondi a casa propria.
Si è trattato di donazioni di attivisti, di persone della mia famiglia e di amici a New York e in Irlanda. Il sostegno è stato offerto anche dai confratelli gesuiti e da altri membri di comunità religiose. Il flusso costante di donazioni ha permesso che la pellicola passasse attraverso le varie fasi della produzione.
In un primo momento non abbiamo ricevuto il sostegno di fondazioni e così mi sono rivolto alle comunità ispirate dal ministero e dalla testimonianza di John. Quindi il film è davvero uno sforzo collaborativo che coinvolge centinaia di persone
Riesco a lavorare nella produzione cinematografica poiché ho avuto la grazia di sposarmi con Tom Moulton, un uomo meraviglioso e generoso che mi sostiene nell’opera creativa di realizzare film.
Dopo aver lavorato per anni nella produzione, è una gioia meravigliosa sedersi con John e Charlie nelle sale affollate che rappresentano la sua storia sullo schermo e osservare la risposta del pubblico che ride o che piange commosso. Continuiamo ad avere tavole rotonde.
Il film sfida e provoca nuove conversazioni e prego che esso aiuti a cambiare cuori e menti. La necessità di fondi è in corso e abbiamo bisogno di sostegno per portare il film nelle comunità in cui può servire.
Taking A Chance On God è in corso di traduzione in polacco, francese, italiano e spagnolo e viene distribuito ai festival, ai college e alle comunità cattoliche in tutto il mondo.
Taking A Chance on God (Scommettere su Dio)
Brendan Fay: regista, autore e produttore
Ilene Cutler: produttrice ed editrice
Dan Messina: editore e co-autore
Peter Wetzler: compositore