Papà sono lesbica. La speranza in una confessione
Testimonianza pubblicata sul sito ZaGay (Francia), 8 aprile 2009, liberamente tradotta da Samantha Porcheddu
Il sole brillava, gli uccelli cantavano, e il mio cuore batteva, contro la gabbia che lo avvolgeva, in un modo insolito. Pianti, dubbi, domande, una speranza per il futuro. Dovevo parlarne. Era già qualche mese che stavo insieme alla mia ragazza e non dire niente alle persone che mi stavano accanto mi faceva più male che bene.
Avevo 12 anni quando ho scoperto la mia bisessualità e 13 quando ho avuto il coraggio di togliermi questo opprimente peso. Ricordo di aver contato i passi che mi separavano dalla cucina prima di entrare. Ricordo i battiti del cuore che aumentava man mano che il tempo passava.
Sono entrata in cucina e mi sono seduta su una sedia. Come avevo previsto, mio padre non era in casa e mi io mi sono sentita sollevata. Mia madre e mia sorella, che all’epoca aveva 30 anni, mi guardavano. Avevano capito subito che si trattava di qualcosa di serio. Le dita intrecciate sulle ginocchia, io aspettavo. Cosa?
Riuscire a mettere insieme due parole. Doveva essere mezzogiorno, sentivo la testa scoppiarmi. Quando ho alzato gli occhi, le mie pupille si sono fissate in quelle di mia sorella che mi incoraggiava a confidarmi. Mia sorella, la donna perfetta. Quella che ho sempre ammirato, adorato,adulato. Ho fatto un respiro profondissimo. Avevo paura di sgonfiarmi e così mi sono buttata.
“Io…”
Silenzio. Come dirglielo? Avevo abbassato la testa, non avevo preparato un discorso. Mi sono schiarita la gola.
“Vorrei parlarvi di una mia amica”
La “a” era muta, non c’erano dubbi che stessi parlando di una ragazza e non di un ragazzo, allora mia madre ha preso la parola, esclamando : “Di in un tuo amico?”. Ho scosso la testa.
“In realtà è … la mia amica”
Allora hanno sgranato gli occhi per lo stupore. Il mio cuore batteva sempre più forte. “La tua amica?” . Io acconsentivo. Aspettavo i rimproveri ad occhi chiusi, ma non arrivavano. A dispetto di ogni mia aspettativa, le ho viste sorridere. E lì, c’è stata un’esplosione di gioia.
Mi sono sentita sollevata, ma il peggio doveva ancora arrivare: mio padre. Abbiamo parlato, a lungo. Mi sono confidata con loro raccontando tutto, dall’inizio fino al momento in cui l’ho stretta tra le mie braccia.
Qualche settimana dopo, sono andata al ristorante con la mia famiglia. Non era un’occasione particolare, ma ci piace andare al piccolo ristorante cinese che sta a una decina di km da casa nostra. Avevo mio padre in diagonale, di fronte mio cognato e accanto mia sorella e mia nipote. Tra risate, sorrisi e discorsi vari, a poco a poco siamo arrivati a parlare dell’omosessualità e della bisessualità.
Mio padre, da conformista quale è, vuole che tutto venga fatto secondo la giusta natura delle cose e non sopportava l’idea di vedere insieme due persone dello stesso sesso. Conoscevo il suo punto di vista, immaginavo la sua reazione. E vedevo bene gli sguardi che mia sorella mi lanciava. Voleva accertarsi che quello che stava dicendo non mi urtasse troppo.
Si, quelle parole mi ferivano. Sì, stavo male. Sì, soffrivo, mi sentivo morire. Come fare ? Avevo gli occhi bassi sulla pasta alla carbonare e ascoltavo. Perché ? Non capivo più nulla, avevo perso il controllo del mio corpo e dei miei sensi. La rabbia a poco a poco mi invadeva e all’improvviso l’ho guardato negli occhi.
“Papà, sono innamorata di una ragazza”
Silenzio. Mio cognato che mandava giù un boccone e mia nipote che beveva la sua coca cola. Ho visto il suo viso decomporsi per poi diventare, dopo alcuni istanti, impassibile. Lo sapevo, era un cattivo presagio tuttavia … tuttavia, aveva scherzato. Si è messo a ridere, la sua risata risuonava nelle mie orecchie e mi rompeva il timpano. L’avevo detto. A mio padre. Sentivo le mani di mia sorella sulle mie, che avrebbero potuto strappare i miei jeans talmente erano tese. Gli ho lanciato un’occhiata, lui mi ha guardato in modo severo. Il mio cuore stava per scoppiare.
«Sei seria? »
Ho fatto cenno di sì con la testa. Mi ha guardata una seconda volta prima di posare il piatto, come se lo disgustassi. A fatica ho deglutito. Ha chiesto il conto ed è uscito dal ristorante. Con le lacrime agli occhi, mi sono buttata tra le braccia di mia sorella.
Qualche mese dopo la mia rivelazione, ha cominciato a digerire la notizia (non senza l’aiuto di mia madre) ma non voleva che mi facessi vedere da lui insieme alla mia ragazza. Dovevo stare attenta. Poi, da due anni l’opinione di mio padre si è trasformata in un: « Fai ciò che vuoi, io non voglio vedere niente ».
Da due anni, la mia ragazza è morta, mia sorella e mia madre sono sempre li a sostenermi in ogni mia relazione, mia nipote è fiera di me, mio cognato è il mio confidente e io sono felice.
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Testo originale: L’espoir d’un coming-out en douceur