La verità ci rende liberi. La vita, la bibbia e la chiesa raccontati da padre Alberto Maggi
Dialogo di Katya Parente con padre Alberto Maggi
Quando ho chiesto a Paolo Rodari un’intervista sul libro-intervista “La verità ci rende liberi: Conversazioni con Paolo Rodari”, lui mi ha suggerito di chiedere all’altro autore, padre Alberto Maggi: questo gesto mi ha lasciato piacevolmente stupita – non è da tutti rinunciare alle “luci della ribalta” in favore di qualcun altro, ed è stato altrettanto gentile e sollecito nel commentare con noi le parole di Papa Francesco sulle unioni civili.
Quanto a Padre Maggi, l’ho sempre ammirato per la sua freschezza, la sua concisione e la sua apertura chiara, netta e priva di pregiudizi, per la sua capacità di ascoltare davvero le persone, senza preconcetti. Ed è proprio lui che ci parlerà della genesi di questo racconto così semplice e intimo.
Perché l’esigenza di questa lunga chiacchierata con Paolo Rodari?
È stato Paolo Rodari, stimato vaticanista di Repubblica, a chiedermi se ero disponibile a un libro-intervista su tematiche ecclesiali varie. Ma quando accettai, non immaginavo che avrebbe toccato i temi più delicati, dall’aborto all’omosessualità, dalla malattia alla morte. E ho scelto, per rispondere, di attenermi rigorosamente all’insegnamento di Gesù come trasmesso dagli evangelisti, ponendo il bene dell’uomo come valore assoluto.
C’è stato un momento specifico in cui si è sentito chiamato alla vita religiosa?
A ventuno anni, la mia vita sembrava già programmata: avevo un buon lavoro, ero fidanzato da quattro anni, e ormai pensavo al matrimonio, a una bella famiglia. Ma sentivo che mi mancava qualcosa: provai ad avvicinarmi alla Chiesa, e iniziai a leggere i vangeli… e fu l’inizio di un’attrazione verso la figura di Gesù, che piano piano prese tutta la mia vita, e decisi di dedicarmi interamente a servizio del suo messaggio. E a ventitré anni entrai in convento.
Lei è stato tacciato di essere un “teologo eretico”. Perché?
Il giorno stesso in cui fui consacrato prete, sentii molto forte dentro di me che dovevo essere la carezza di Dio per ogni persona che avrei incontrato, che dovevo essere la manifestazione della sua tenerezza. Per questo, senza alcuna esitazione, ho da sempre dato la Comunione a categorie che a quel tempo ne erano escluse, quali gli omosessuali e i divorziati, da qui l’accusa di essere eretico, non dal punto di vista dottrinale, ma della pratica.
A proposito di teologia, lei è uno dei fondatori del centro di studi biblici “G. Vannucci”. Ce ne può parlare un po’?
Uno dei gravi problemi della Chiesa è la mancata conoscenza del messaggio di Gesù. Gli stessi preti hanno un’infarinatura generale sui Vangeli, ma non li conoscono in profondità, e soprattutto non studiano e non si aggiornano, quindi i fedeli si trovano senza l’alimento essenziale per la loro crescita. Per questo, insieme al mio confratello Ricardo Perez Marquez, creammo un Centro per lo studio scientifico della Sacra Scrittura e per la sua divulgazione a livello popolare. E la risposta è andata al di là delle nostre aspettative. La gente era affamata della buona notizia di Gesù!
Qual è, secondo lei, il futuro del cristianesimo in una società sempre più secolarizzata come la nostra?
Il problema della società non sta nella sua secolarizzazione, ma nella sua clericalizzazione, nello strapotere delle istituzioni religiose che condizionano la libertà delle persone, interferendo nelle loro scelte più intime e personali. La Chiesa non deve pretendere di portare gli uomini verso Dio, perché inevitabilmente qualcuno resterà indietro e altri resteranno esclusi, ma portare Dio agli uomini, e questo non si può fare con la dottrina, ma solo manifestando con le opere l’amore incondizionato del Creatore per le sue creature. Nessuna persona, qualunque sia la sua condizione, la sua situazione, può sentirsi esclusa dall’amore del Padre.
Parole, quelle di Padre Maggi, che a qualcuno sembreranno sicuramente profondamente rivoluzionarie, e altrettanto scomode. Ma, a ben guardare, lo erano anche quelle di Gesù – parole troppo spesso ingabbiate e addomesticate, tanto da perdere il loro mordente. Fortunatamente ci sono ancora persone coraggiose, come Alberto Maggi, che le riportano al loro primitivo splendore.