Cinquant’anni di Pride, oltre Stonewall
Intervista di Jamie Oppenheim al professor Marc Stein pubblicata sul sito della San Francisco State University (Stati Uniti) il 22 giugno 2020, liberamente tradotta da Chiara Benelli
Lo storico e autore di The Stonewall Riots: A Documentary History (Le rivolte di Stonewall: un documentario storico) risponde alle nostre domande sul passato, il presente e il futuro delle sfilate dell’orgoglio LGBT.
L’anno scorso ricorreva il 50° anniversario delle rivolte di Stonewall, le proteste contro le oppressioni poliziesche che hanno contribuito a mobilitare e trasformare il movimento di liberazione omosessuale. Ecco perché nel 2020 le parate dell’LGBTQ Pride compiono 50 anni: le celebrazioni, ormai popolarissime, ebbero inizio l’anno dopo i fatti di Stonewall. Per celebrare questa ricorrenza, abbiamo interrogato Marc Stein, professore di storia alla San Francisco State University e autore di The Stonewall Riots: A Documentary History (NYU Press) sulle origini della sfilata, sui progressi fatti dal movimento per i diritti delle persone omosessuali e sulla direzione che prenderanno da oggi in poi la LGBT Pride Parade e il movimento in generale.
Professore, quali sono le origini della Pride Parade?
L’idea del Christopher Street Liberation Day, nome originale della parata del Pride, prese piede per la prima volta durante una conferenza regionale del movimento LGBT tenutasi a Filadelfia nel novembre 1969, a cinque mesi dalle rivolte di Stonewall. Durante la conferenza, i liberazionisti LGBT radicali proposero con successo di interrompere le commemorazioni annuali delle manifestazioni sui diritti omosessuali che avevano avuto luogo all’Independence Hall di Filadelfia il 4 luglio di ogni anno, dal 1965, fino a quello stesso anno, il 1969.
I partecipanti alla conferenza concordarono sul fatto che, invece di manifestare contro la negazione dei diritti agli omosessuali, lì, nel preciso luogo e nello stesso giorno in cui era nata la nostra nazione, il movimento LGBT avrebbe invece dovuto commemorare la rivolta di Stonewall, in cui migliaia di persone avevano protestato per le strade del Greenwich Village dopo che la polizia aveva fatto irruzione allo Stonewall Inn, un popolare queer bar situato in Christopher Street, a New York.
Le parate del Pride si sono svolte per la prima volta nel giugno 1970, 50 anni fa, come commemorazione per il primo anniversario di Stonewall. Nel 1970 ci fu una piccola parata a Chicago, con circa 200 persone, e alcuni eventi più grandi a New York e Los Angeles, dove i partecipanti furono migliaia.
Per commemorare il primo anniversario di Stonewall, che cadeva nel giugno del 1970, nella Bay Area gli attivisti LGBT organizzarono un’intera settimana di eventi vari. Tra questi, un girarrosto di maiale ad Hippie Hill, nel Golden Gate Park il 21 giugno, una marcia per reclamare i diritti degli omosessuali dal Parco acquatico al San Francisco Civic Center il 27 giugno e un “gay-in” allo Speedway Meadow nel Golden Gate Park il 28 giugno (il girarrosto di maiale, che comprendeva anche panini con pancetta, voleva essere una denuncia delle aggressioni perpetrate dalla polizia).
Secondo varie fonti, alla marcia parteciparono dalle 20 alle 30, persone e circa 200 furono i partecipanti al gay-in, ma la polizia locale fece irruzione in quest’ultimo e arrestò sette persone. Tra gli anni 1971, 1972 e 1973, le parate del Pride in tutto il paese e in tutto il mondo si moltiplicarono a vista d’occhio. La prima grande parata del gay pride di San Francisco ebbe luogo nel 1972; si stima che i partecipanti andassero dalle 2.000 alle 8.000 persone.
In che modo la parata è stata un veicolo per il cambiamento sociale?
Le parate del Pride hanno creato l’opportunità per le comunità LGBT di riunirsi, mostrare la loro forza e promuovere la visibilità queer. Hanno inoltre favorito lo sviluppo del movimento e della coalizione.
Negli ultimi cinquant’anni sono salite alla ribalta diverse questioni politiche LGBT durante le parate dell’orgoglio omosessuale. A volte, queste hanno insistito sulle aggressioni della polizia, sull’esclusione dall’esercito, sulla violenza di Stato e le discriminazioni esercitate dal governo. Altre volte, i partecipanti al Pride hanno fatto leva su questioni familiari, come i diritti genitoriali, la giustizia riproduttiva e il matrimonio tra persone dello stesso sesso; o ancora l’inclusione religiosa, la necessità di una giusta rappresentanza nei media, la riforma dell’istruzione. Per molti anni, gli attivisti del movimento di lotta all’AIDS hanno avuto un ruolo da protagonisti negli eventi legati al Pride.
Sembra proprio che la parata sia passata da essere un atto di resistenza a qualcosa di più simile a una grande festa. Può parlarci di com’è avvenuto questo cambiamento?
Le sfilate del Pride hanno sempre combinato festeggiamenti e resistenza, ma è vero che l’equilibrio tra questi elementi è cambiato nel tempo. Inizialmente, gli organizzatori degli eventi del Pride dovevano spesso lottare con le autorità cittadine per avere i permessi per sfilare, le ritorsioni della polizia erano un rischio sempre presente, e il ricordo delle rivolte di Stonewall era ancora molto vivo.
Negli ultimi vent’anni, l’ago della bilancia si è spostato più verso i festeggiamenti, con i carri, le feste e gli spettacoli degli sponsor, un gran numero di spettatori etero e un ampio spazio dedicato all’allegria, la gioia e il divertimento. Ma è bene non esagerare con questi cambiamenti. Nei primi anni, le sfilate del Pride si soffermavano sulle gioie e e i piaceri dell’essere queer, e negli anni successivi ci sono stati momenti in cui la resistenza queer è stata di nuovo preponderante alle parate dell’orgoglio: è stato certamente questo il caso degli anni ’80 e ’90, quando erano in piena attività i movimenti ACT UP e Queer Nation; o ancora, quando lesbiche, persone trans e afroamericani hanno reagito a disuguaglianze e ingiustizie; e quando sono salite alla ribalta la questione del Black Lives Matter e le prese di posizione in sostegno della Palestina.
Qual è il futuro del movimento per i diritti LGBT, e in che modo la parata ne fa parte?
Rispondo a questa domanda proprio a poche ore dall’annuncio di un’importante decisione a favore dei diritti LGBT e contro la discriminazione sessuale e di genere sul posto di lavoro da parte della Corte Suprema degli Stati Uniti. Ma rispondo anche in merito agli attacchi sferrati dall’amministrazione Trump e dal Partito Repubblicano ai diritti delle persone di colore, degli immigrati, delle minoranze religiose, delle persone con disabilità, dei poveri, delle donne e delle persone LGBT.
L’attuale pandemia che ci ha colpito ha fatto sì che la maggior parte degli eventi del Pride per l’anno 2020 venissero annullati direttamente o svolti online, e in un momento come questo gli Stati Uniti sono anche alle prese con nuove e vecchie domande sul tipo di Paese che vogliamo essere. Le azioni che compiremo nei prossimi giorni, settimane, mesi e anni contribuiranno a determinare se e come verrà ricordato in futuro l’anno 2020.
Marc Stein è anche l’autore di City of Sisterly and Brotherly Loves: Lesbian and Gay Philadelphia, 1945-1972 (“La città dell’amore tra fratelli e sorelle: la Filadelfia gay e lesbica, 1945-1972” University of Chicago Press, 2000); Sexual Injustice: Supreme Court Decisions from Griswold to Roe (“Ingiustizia sessuale: le decisioni della Corte suprema da Griswold a Roe”, University of North Carolina Press, 2010); e Rethinking the Gay and Lesbian Movement (“Ripensare il movimento omosessuale”, Routledge 2012). Il suo prossimo libro, Queer Public History: Essays on Scholarly Activism (“Storia pubblica queer: saggi di attivismo scolastico”) sarà pubblicato il prossimo anno dalla University of California Press.
Testo originale: Professor of History Marc Stein looks back at 50 years of celebration, resistance at LGBT pride parades