La Chiesa cattolica e le persone omosessuali, come Pietro e il Centurione?
Riflessioni di Marco Ronconi* pubblicate sul mensile Jesus del Dicembre 2020, pag.89
Nella tradizione cristiana la vita delle persone concrete ha talvolta impedito alla dottrina di diventare un’ideologia. Tra dottrina e vita c’è infatti una tensione salutare. Da un lato le dottrine del Vangelo possono sconvolgere la vita, piegandola lino ad assumere una forma che la vita da sola non prenderebbe, perché la croce non è u no scherzo.
Dall’altro lato, tuttavia, è altrettanto vero che la vita, con la sua ricchezza, può rivelare una verità del Vangelo che la dottrina da sola non mostrerebbe, perché la pretesa di assolutezza è pur sempre una meravigliosa tentazione. Pietro, ad esempio, era certo che Gesù di Nazaret fosse stato mandato da Dio per il popolo eletto di Israele. Quando si aprì la questione se per essere discepolo del Cristo occorresse la circoncisione, a farlo decidere diversamente dalle dottrine in cui era cresciuto non furono i discorsi di Paolo e nemmeno la sola memoria delle parole di Gesù, quanto una persona in carne e ossa: Cornelio, con la sua vita.
E non una qualunque, ma quella di un centurione romano, la cui semplice frequentazione già rappresentava per un buon ebreo una serie di problemi. Eppure conversare con lui e riconoscere nella sua vita i segni della giustizia forni a Pietro la chiave interpretativa di sogni e visioni che fino a quel moment oerano confusi (cfr. At 10,1-43). E la dottrina cambiò.
Pure Gesù, una volta, sembrò cambiare idea di fronte a una donna cananea (cfr. Mt 15,21-28), persona che riassumeva in una biografia due motivi gravi per cui quel rabbi esperto delle Scritture non avrebbe dovuto in teoria nemmeno rivolgerle la parola. Ma quella donna non era «in teoria»: esisteva in pratica e lo chiamava. E Gesù l’ascoltò.
Nella storia cristiana è una dinamica che si è ripetuta: una teoria solida, fondata sull’interpretazione tradizionale delle Seri» ture, è stata smontata da un dato di realtà che ha inaugurato un’interpretazione ancora più ricca e per certi versi più fedele al Vangelo. Furono ad esempio le vite dei missionari che condivisero quelle delle popolazioni indigene a dirimere la questione se «i neri», discendenti di Cam (Gen 9,20-27), erano da considerarsi maledetti lino a oggi, quindi inevitabilmente schiavizzabili dalle altre stirpi (presunte).
A volte mi chiedo se sarà una persona con un nome preciso, come Cornelio, o se invece sarà un’identità scandalosa, come la donna cananea, o se sarà un movimento lento latto di mille storie, a far sì che smetteremo di trattare le persone di orientamento omosessuale come se fossero sempre e solo i casi di una teoria, secondo la quale un atto omosessuale può essere motivato solo da un peccato di idolatria o da un invincibile egoismo edonista.
Anche ammettendo che la teoria abbia una sua fondatezza e possa rispecchiare alcuni casi, poi c’è la vita che è più grande di ogni teoria e. soprattutto, ci sono le persone in carne e ossa che non si riconoscono in quella teoria. Perché hai un bel dire che un atto omosessuale non può esprimere un amore degno del nome di «umano». quando incontri due uomini o due donne che, da qualche decennio almeno, nella porzione di libertà e verità che le loro storie hanno permesso – ma non un briciolo di meno – condividono gioie e dolori, salute e malattia, sforzandosi di amarsi e onorarsi tutti i giorni della loro vita, senza separare le loro anime dai corpi.
Forse mi sbaglierò, ma mi sembra che su questo tema noi cattolici siamo nella stessa condizione di Piet ro: polemiche violente alle spalle e sogni confusi, con un sincero desiderio di fedeltà al Signore. Speriamo di avere la forza di ascoltare anche questa volta la vita e le storie delle persone. Magari potremmo riconoscervi lo Spirito Santo che passava di lì (cfr. At 10,44-47).
* Marco Ronconi è teologo e insegnante di religione.