Durante il lockdown ho riscoperto la mia identità queer
Testimonianza di Alex*, 32 anni di Londra, raccolta da El Hunt e pubblicata sul sito dell’edizione britannica del mensile Cosmopolitan (Gran Bretagna) il 13 ottobre 2020, liberamente tradotta da Giacomo Tessaro, parte seconda
Alex lavora da anni per varie associazioni LGBTQ+ ed è molto decisa nel dare spazio alle persone e alle loro esperienze. È cresciuta nello Yorkshire, e “ho sempre saputo di essere attratta un po’ da tutti”. Nessuna delle etichette che la gente ha da subito appiccicato ad Alex andava bene, come non andava bene essere bisessuale e lesbica. Un giorno udì la parola queer, e pensò “questa è una parola che va bene”.
Fino a poco tempo fa Alex considerava l’identità queer solo in termini di sessualità: “Non avevo mai avuto l’occasione di pensare a cosa potesse significare la parola queer per la mia identità di genere”. Un paio di settimane fa ha cominciato a utilizzare i pronomi lei/loro.
Alex durante il lockdown ha vissuto con la sua ragazza, “e abbiamo creato uno spazio protetto per sostenerci, per parlare tra noi ed esplorare. Un giorno ho indossato un suo vestito da donna e ho girato così per la casa, e mi sono sentita davvero a mio agio! Solamente stando in casa ho potuto fare a meno di preoccuparmene. Tra l’altro, la gente fa la fila fuori dai negozi in pantofole, e nessuno mi noterà se indosso un vestito da donna”.
Per Alex è stato importante poter lasciare fuori dalla porta la vita frenetica di Londra, i pendolari stretti come sardine, i tour senza fine da un pub all’altro; è un’opportunità rara, in effetti: “È una vita al di fuori dei soliti schemi binari, un’opportunità di pensare alla vita senza il binarismo dell’orientamento sessuale e quello di genere. Puoi essere tutto, puoi essere qualcosa o niente, e va bene così”.
Quando le restrizioni sono state allentate, Alex è rimasta scioccata nel vivere, dopo mesi, l’omofobia della gente.
Recentemente uno sconosciuto le ha gridato degli insulti mentre stava camminando con la sua ragazza: “Il mio cervello si era preso un periodo di riposo [dall’omofobia]. Non ero in allerta, non mi stavo chiedendo se potessi andare in giro insieme con lei. Era come se fossi tornata indietro nel tempo, a quando ero ansiosa e in allerta. [Durante la clausura] ho usato quell’energia per pensare di più a me stessa”.
* Alcuni nomi e dettagli sono stati modificati.
Testo originale: “How lockdown helped me discover my sexuality”