In Tunisia l’omofobia fa coming-out
Articolo di Anto Filippi tratto dal sito di Liberation (Francia) del 26 maggio 2012, liberamente tradotto da Dino
Essere omosessuali in Tunisia non è mai stato semplice. Ma dopo la rivoluzione si è potuto assistere ad una recrudescenza dell’omofobia che costringe gli omosessuali a vivere la loro sessualità in modo quasi clandestino. Ecco alcune testimonianze al riguardo.
“Finocchi”, “mostri”, “creature di Satana”… insulti di questo genere per gli omosessuali tunisini non si contano più. Dopo la rivoluzione, gli islamisti usano argomenti di contenuto omofobo per attaccare i loro avversari e tentare di screditarli. E anche l’opposizione ormai utilizza questa stessa arma.
Gli omosessuali ne costituiscono le prime vittime. I rapporti di sesso, ma anche quelli d’amore, tra partner dello stesso sesso in Tunisia sono sempre stati considerati come cattivi e insani. Rappresentano uno dei più grandi tabù sociali. Dall’anno scorso questa situazione è peggiorata. “Sotto Ben Alì si era invisibili ma tollerati. Dopo la caduta della dittatura gli islamisti ci additano per spaventarci. Le aggressioni, soprattutto verbali, sono sempre più frequenti”, racconta Farid*, un tunisino di 38 anni.
Una tensione post-rivoluzione
Non è bene essere omosessuali in Tunisia. Nel marzo scorso il sito tunisino Gay Day ha subito un attacco di pirateria della sua messaggistica e dei suoi account Facebook e Twitter. Il titolo è stato sostituito da “Garbage Day Magazine”, cioè “Rivista del giorno della spazzatura”.
Un atto di omofobia che è avvenuto qualche settimana dopo la dichiarazione di Samir Dilou, il ministro… dei Diritti umani! Durante un’intervista televisiva, egli ha paragonato l’omosessualità a una perversione sessuale e a una malattia mentale che necessita di trattamento medico. Affermazioni subito pesantemente condannate da molte ONG come Amnesty International.
I difensori degli omosessuali stanno diventando sempre più rari. E’ il caso di Olfa Youssef, una intellettuale, psicanalista e direttrice della Biblioteca nazionale della Tunisia, che di recente ha pubblicato un’opera molto polemica, ormai devenuta introvabile, dal titolo “Confusione di una musulmana” in cui affronta molti tabù della società musulmana, tra i quali quello dell’omosessualità. Questo le è servito ad essere definita da alcuni commentatori “amica delle puttane e dei finocchi”.
Prima della rivoluzione, gli omosessuali godevano di una certa tolleranza, malgrado la legge che prevede tre anni di prigione per atti di sodomia. “Questa legge era molto poco applicata. Dopo la rivoluzione secondo me non è cambiato niente, ma non è il momento di parlare dei diritti degli omosessuali. La società non è ancora pronta”, spiega Ahmed, un giovane studente di storia, che ha 25 anni.
Internet. uno strumento divenuto indispensabile
A causa della recrudescenza delle violenze verbali, gli omosessuali si muovono con discrezione. Dietro gli schermi, è su siti e nelle chat che si incontrano per la maggior parte del tempo. A Tunisi sono anche tre o quattro bar gay-friendly, che prò non sono frequentati che da una piccola comunità: “Io non ci metto mai piede. Non voglio essere visto lì. Farsi vedere in quel posto vuol dire mettersi allo scoperto. Ed è una cosa molto difficile. La mia vita privata riguarda solo me. E’ il mio segreto”, spiega Ahmed.
La maggioranza degli omosessuali e delle lesbiche tunisini conduce una doppia vita. Sotto la pressione della società molti si sposano, hanno figli, e continuano ad evere relazioni con partners dello stesso sesso. C’è anche quella che viene definita “co-locazione”, cioè il fatto che due uomini vivono insieme ufficialmente per motivi economici o per amicizia.
Nihel, 21 anni, è una studentessa di diritto a Tunisi. Otto mesi fa c’è stato un cambiamento nella sua vita: “Ho capito chi ero ed ho deciso di riconoscermi per come sono. Senza tacchi nè abiti femminili” e in seguito cerca di contribuire a un’altra rivoluzione, quella delle mentalità, su Internet. “Sulla nostra pagina Facebook (dedicata alle lesbiche, ndr), dove lavoriamo in gruppo, piovono insulti. Non cancelliamo niente, ma si rispondiamo, per cercare di far cambiare le opinioni”, racconta.
Partire o restare
C’è un desiderio radicato nel cuore di Nihel: Lasciare tutto. “Mi piacerebbe andare in Francia, fare giornalismo. Da quando mia madre sa (della mia omosessualità, ndr) per me è più dura, e faccio fatica a mentire. Mi dispiace per la grande mancanza di tolleranza dei tunisini. I salafisti mi fanno molto paura, ed è così per le donne in generale. Essi sono in totale contraddizione con l’Islam che amo”.
Per altri invece, lasciare famiglia, paese ed amici è un prezzo troppo caro da pagare. Anche se restare significa condurre una doppia vita. Ahmed è uno di questi: “Qui sto bene. Vivo felice perchè sono discreto. Non penso di confessare un giorno la mia omosessualità. Ma ci sono degli stereotipi che bisogna distruggere. Sono virile, ho dei valori, sono credente, sono una persona come le altre. Capace di amare e di essere tenero, di essere fedele. Non bevo, non mi drogo, ho un lavoro rispettabile, amo la mia famiglia al di là di tutto. Eh sì, ho già avuto delle relazioni d’amore con altri uomini”, afferma d’un tratto. Gli omosessuali tunisini sono ormai dell’idea che li aspetta una lunga lotta per essere accettati. E per questa rivoluzione ci vorrà molto tempo.
*I nomi delle persone sono stati cambiati.
Testo originale: La Tunisie fait son coming-out homophobe