Ricordando coloro che non ci sono più
Testimonianza di José Luis pubblicata sul sito della Pastorale per la Diversità Sessuale di Santiago (Cile) il 12 gennaio 2018, liberamente tradotta da Chiara Benelli
Del mio intero percorso scolastico e universitario, sono stati due i professori che hanno lasciato il segno in me. Il primo è Fernando, professore di letteratura dei miei ultimi anni a Scienze Umanistiche, nonché primo consulente professionale alle scuole medie, ruolo che era un’assoluta novità per quegli anni. Carismatico e gioviale, era un professionista serio e dotato di un’intensa forza interiore, con cui trasmetteva valori durevoli che toccavano nel profondo noi giovani in procinto di muovere i primi passi nella vita.
L’altro professore è stato David. L’ho avuto gli ultimi anni alla facoltà di Architettura, anni in cui i sogni non hanno limiti. David ci incoraggiava ad ampliare ulteriormente i nostri sogni, introducendoci ad autori e maestri per me, fino ad allora, sconosciuti.
Un anno, al nostro solito rientro a scuola nel mese di marzo, David non c’era più, l’avevano sostituito. Non sapevamo molto di cosa gli fosse successo, e tornammo a vederlo di nuovo solo l’anno dopo. E fu in quel momento che ci rendemmo conto che, dopo una depressione tremenda seguita da una terapia estenuante, David aveva preso coscienza del suo orientamento sessuale.
Aveva l’aria felice e appagata: tra una lezione e l’altra vagava tra per i corridoi facendo l’uncinetto, e portandosi dietro un cagnolino pechinese. Dopo l’11 settembre del ’73 [giorno del golpe di Pinochet, n.d.r.] fu costretto a sprofondare nella clandestinità, perché le sue idee non erano propriamente in armonia con quelle del Generale.
Di Fernando, l’altro mio professore, persi le tracce. Dopo essersi sposato, andò in Europa per il dottorato; quando poi tornò in Cile, fui io a partire. Mi giunsero sue notizie tramite una delle mie zie, che lo conosceva bene: il Feña sta male, il matrimonio del Feña va a rotoli, il Feña è in terapia, il Feña si è separato, “Oh, scandalo!”, il Feña si è lasciato andare, il Feña “è passato all’altra sponda!”.
Non so se si fece seguire dallo psichiatra di David, ma la diagnosi fu la stessa anche per lui: “Sei gay, prendine atto”. Fernando, un brav’uomo dai saldi princìpi che voleva vivere senza ingannare nessuno, lo accettò con grande coraggio. Fu questa la ragione vera dietro la fine del rapporto con sua moglie; poi si allontanò anche dalla sua famiglia, che non lo accettava.
Fu allora che, con l’ultima lettera di mia zia, mi giunse una notizia atroce: il Feña si era suicidato.
Suppongo che Fernando e David non si siano mai conosciuti. La sola cosa in comune tra i due era avermi avuto come alunno, ed essere due uomini che avevano preso coscienza della propria omosessualità, magari proprio di fronte al terapeuta, e a quei tempi erano in pochi a trattare questi casi.
Però tra loro c’era una grande differenza: David era ateo e marxista, Fernando invece era un credente convinto. Ora, ripensandoci a mente fredda, credo che a salvare David fu il suo ateismo militante, e a condannare Fernando fu il suo cattolicesimo fervente.
Non conobbi mai i dettagli del suicidio del Feña, se avesse lasciato un biglietto o un qualche genere di indizio. Ma una cosa la so: la sua ex moglie si risposò e si fece un’altra famiglia.
Per senso di rivalsa nei confronti di Fernando, voglio pensare che il suo suicidio non sia stato un gesto di ribellione al suo orientamento sessuale, ma che sia invece stato un grido di dolore e protesta contro noi tutti, contro la sua stessa famiglia che lo aveva discriminato, e contro la società intera che non lo accolse e non gli dette l’opportunità di coltivare i suoi talenti, che erano moltissimi.
Nel corso degli anni passati all’estero ho avuto l’opportunità di incontrare svariati Fernando, che hanno commesso un particolare tipo di suicidio: l’esilio autoimposto, vale a dire andare lontano, molto lontano, al fine di fuggire dalla troppa indifferenza e da una comprensione sostanzialmente inesistente da parte delle persone più vicine.
Ora vi chiedo, a quarant’anni di distanza da questi tristi avvenimenti, di chiudere gli occhi e pensare a tutti i Fernando che avete incontrato in vita vostra, di pregare per loro e di ricordare a voce alta i loro nomi in segno di rispetto.
Fernando, José Ignacio, Milton, Luis Alberto, Guillermo, il fratello di Carola…
Amen
Testo originale: Los que ya no están: recordando a Fernando y a David