Tra stigma e omofobia. La storia dimenticata di un soldato gay
Articolo di Robert W. Fieseler* pubblicato sul sito del Museo Nazionale della Seconda Guerra Mondiale di New Orleans (Stati Uniti) il 1 ottobre 2020, liberamente tradotto da Chiara Benelli
Durante la seconda guerra mondiale, Ferris LeBlanc ha lodevolmente prestato servizio per il suo Paese; i meriti dovuti a questo soldato scelto, però, furono negati dalle tragiche circostanze della sua morte, avvenuta nell’attacco incendiario del 1973 all’Up Stairs Lounge.
Il 6 giugno del 1944 il ventenne Ferris LeBlanc, soldato gay non dichiarato, trovò rifugio, insieme alla sua unità militare (la 665esima compagnia di munizioni di artiglieria) in una remota base militare nei pressi di Manchester. Sulla riva opposta della Manica, circa 156.000 soldati alleati prendevano d’assalto le coste della Normandia in quello che fu uno dei più massicci assalti anfibi della storia umana: il D-Day. LeBlanc e gli altri aspettavano il loro momento. Mentre si domandavano se i tedeschi avrebbero respinto nelle acque gelide i loro commilitoni, i brividi correvano lungo le loro schiene.
Il giovane californiano LeBlanc, da quando si era arruolato a Sacramento, ne aveva viste delle belle.
La sua unità, la 665esima, era stata tempestivamente attivata nell’aprile del 1943 a Camp Maxey, in Texas, e in quello stesso anno LeBlanc prese parte alle manovre in Louisiana, esercitazioni militari tra le più importanti che si svolsero nei campi sperduti dello Stato del pellicano.
Il 27 febbraio 1944, a bordo della nave US Navy Transport NY 198, LeBlanc salpò per l’Europa lasciandosi alle spalle la Statua della Libertà: destinazione Bristol, dove la banda dell’esercito britannico, con l’aiuto di un assistente della Croce Rossa americana, avevano imbastito per loro un solenne benvenuto.
Il rancio consisteva in cibo liofilizzato e carne in scatola, fino al momento in cui LeBlanc non assaggiò le caramelle contenute nel suo zaino da invasione: era il 25 giugno 1944, e la nave trasporto merci delle truppe diretta a Utah Beach salpò dal molo di Southampton.
Le settimane divennero mesi nell’Europa continentale, mentre la sua unità si occupava del deposito 100 per la prima armata, e si dirigeva poi a ovest, in Bretagna, al deposito 13. Lì rifornirono di munizioni “rapide” il generale George S. Patton, mentre la Terza Armata si dava alla sua folle corsa tra Francia e Belgio.
Per poco non rimasta intrappolata dall’avanzata tedesca nella battaglia delle Ardenne, la 665esima unità venne infine tratta in salvo dalla Terza Armata di Patton quando questa raggiunse Bastogne, rompendo così la controffensiva. Il deposito 0-609, uno degli ultimi posti battuti da LeBlanc, era situato in un ex campo di concentramento tedesco circondato da recinzioni di filo spinato, che fungeva da efficacissimo promemoria di quale fosse la posta in gioco del conflitto.
LeBlanc superò la guerra illeso, almeno fisicamente, e con la sua sessualità ancora inesplorata. La 665esima unità pianse una sola vittima. A distanza di molti anni, con la sua identità sessuale pienamente accettata, e dopo essersi stabilito in maniera definitiva in Louisiana, Ferris LeBlanc avrebbe perso la vita in un noto incendio doloso, di cui non si sono mai scoperti i colpevoli, in un locale gay al secondo piano di un palazzo poco fuori dal quartiere francese di New Orleans.
L’incendio, innescato da liquido di ricarica da accendino, causò la morte di trentuno uomini e una donna; era la notte del 24 giugno 1973. Balzato agli onori delle cronache come “l’incendio di UpStairs Lounge”, è stato l’incidente mortale peggiore mai registrato nella storia della città, e il più grave omicidio di massa contro la comunità omosessuale nell’America del ventesimo secolo, ma, vista la condizione di illegalità in cui ancora versava l’omosessualità, e lo stigma che questa si portava dietro, le sue vittime sarebbero state punite o condannate all’oblio della morte, nonostante quasi un terzo di loro fossero veterani di guerra. All’indomani dell’incendio, la polizia non accusò o incriminò nessun colpevole, dimostrandosi di fatto diffidente verso l’attendibilità dei testimoni gay, e incapace di indagare in maniera imparziale.
LeBlanc, che aveva appena festeggiato il suo cinquantesimo compleanno, sarebbe stato identificato tra le vittime solo grazie a una telefonata anonima, troppo bigotta o spaventata per dire di più. E così Ferris LeBlanc, veterano congedato con onore, che aveva prestato servizio sul territorio europeo, fu sepolto senza cerimonia solenne né lapide, accanto ad altre tre vittime non identificate dell’incendio di quel 31 luglio.
Nonostante le insistenti richieste di una chiesa locale disposta ad assumersi la responsabilità dei suoi resti, la città di New Orleans ha sepolto Ferris LeBlanc a Resthaven, remota fossa comune per morti non reclamati o indigenti. La notizia della morte non raggiunse mai la sua famiglia in California, fondamentalmente perché alle autorità locali non passò mai per la testa di esaminare i documenti militari di LeBlanc.
E nell’oscurità di quel luogo trovò riposo, dietro la rete metallica di un campo vicino a Old Gentilly Road, nella parte est di New Orleans. Per anni la sorella minore di LeBlanc, Marilyn, si è chiesta che fine avesse fatto suo fratello, in quel doloroso punto interrogativo che era la sua assenza, fino a quando, a gennaio 2015, ha appreso con orrore delle circostanze della sua morte.
Nonostante la dura lotta della famiglia per combattere la burocrazia dello stato della Louisiana, per riesumarne il corpo e riportarlo a casa per dargli la sepoltura degna di un eroe, i resti di LeBlanc giacciono ancora oggi a Resthaven. L’ostacolo logistico? Né la città né il cimitero possono redigere i documenti che attesterebbero il suo luogo di sepoltura.
* Robert W. Fieseler è giornalista e autore di Tinderbox, il suo libro d’esordio, che ha vinto svariati premi. Si è laureato a pieni voti in giornalismo alla Columbia University di New York e ha ricevuto una borsa di studio Pulitzer. Vive con suo marito a New Orleans. Durante una conferenza virtuale per il Museo Nazionale della Seconda Guerra Mondiale ha spiegato in dettaglio cosa è accaduto a questo veterano, allora ventenne, membro della Grandissima Generazione, che ha attraversato la Manica: anche lui era disposto a compiere il sacrificio supremo.
Testo originale: Soldier in a Tinderbox: Ferris LeBlanc, World War II, and the Up Stairs Lounge Fire