Inducici in compassione. Così la crisi ci ruberà i soldi, ma non l’anima
Articolo di Cesare Fiumi tratto da Sette del Corriere della Sera n. 23, 8 giugno 2012, pag. 30
«Insomma, se voglio regalare qualcosa a un amico, lo potrò fare o no?», ha sorriso l’uomo, congedando tensione e sospetti. Altrove, un tipo non è stato da meno: «Penso io a far quadrare i conti». Ma hanno chiuso un occhio pure quelli che di mestiere li tengono aperti.
Stavolta cominciamo dal finale: anzi, dai finali. E non perché siano lieti – le toppe non riparano i buchi, anche se per un po’ li coprono – ma consolanti sì.
Come se un “comune sentire”, dato per morto da un individualismo menefreghista ed esasperato, avesse ripreso a spirare in senso opposto: non più tirando le cuoia ma i fili di una sensibilità ritrovata.
A cominciare da una parola tornata d’uso, Compassione, alla quale lo storico (e filosofo della medicina) Giorgio Cosmacini ha appena dedicato un saggio, per Il Mulino, rammentando «l’odierna società benestante, dove l’opulenza di tanti iperconsumi si specchia a rovescio nella miseria delle tante marginalità e povertà di ritorno».
CARRELLO FARDELLO. Il teatro di queste storie è l’opulenza di un qualsiasi super- mercato, dove gli scaffali pieni reclamano le attenzioni lasciate sulla soglia di un frigo vuoto. Siamo a Civitanova Marche e una telecamera ha ripreso un anziano signore infilare sotto il giubbino un paio di confezioni alimentari; i dipendenti, come da prassi, l’hanno fermato e costretto a mostrare la merce; e gli agenti, allertati, stanno arrivando.
Senonché arriva anche il direttore dell’esercizio che, informato del furto, si trova a fare i conti con i numeri forniti dall’anziano che si trova di fronte. Conti che non ce la fanno a tornare: gli stessi con cui il signore fermato deve andare a patti ogni mese. Le cifre, che ballano amare, sono: 82, 500, 15.
ALIMENTARI A RUBA. Titolari e clienti, carabinieri
e agenti alle prese con la crisi. E corrispondono agli anni dell’uomo, agli euro della sua pensione e al valore della merce rubata. Per fame.
Il direttore non cela il fastidio per i dipendenti che han chiamato gli agenti: appena entrati e già sul punto d’essere congedati. «No, nessun furto, c’è stato un equivoco. Solo una distrazione dovuta all’età del signore, abbiamo chiarito».
Distrazione, dal doppio perfetto significato: così non si potrà dire che qualcuno abbia mentito. Adesso ha nelle mani due borse di plastica piene di spesa, il pensionato frastornato. E imbarazzato. «Se voglio regalare qualcosa a un amico, lo potrò fare o no?”, sorride il direttore che tiene all’anonimato salutando gli agenti. Che hanno capito tutto e gli fanno pure i complimenti.
AVEVO FAME. A Bergamo, la storia va diversamente. Il pensionato è un settantenne e i soldi che gli mancano all’appello per insalata, carne e tortellini sono 11 euro e 75 centesimi. Anche lui non è un professionista del taccheggio. È maldestro, lo beccano facilmente. Ma nessuno rimanda indietro gli agenti, anche se le sue parole sono le stesse: «Avevo fame e la pensione non mi basta per arrivare a fine mese». E mancano 4 giorni per ritirare il mensile. Quindi, denuncia a piede libero in attesa di querela da parte del punto vendita.
Senonché si fa avanti un ingegnere. Ha 29 anni e le idee chiare: «Mi impegno a saldare gli 11 euro in cambio del ritiro del-la denuncia da parte del supermercato». E spiega la decisione con la rabbia e la commozione provate. Fa il volontario sulle ambulanze e dice che «aiutarsi è necessario per andare avanti e affrontare la crisi».
CORREDINO. E arriviamo a Merate, nel Lecchese, dove la situazione per una coppia di giovani genitori di un bimbo di quattro mesi (lui impieghi occasionali, lei neanche quelli) ha preso la piega peggiore. Avevano appena piegato in un sacco tutine e scarpine quando li hanno fermati. Anche loro incensurati, non hanno trovato titolari né clienti mossi a compassione.
A quel punto, carabinieri e magistrato di turno avrebbero potuto arrestarli, colti in flagranza di reato, ma nessuno se l’è sentita di infierire con un bimbo piccolo
a casa. Anzi, nella zona è cominciata una raccolta abiti per quella famiglia disagiata.
Tu chiamale se vuoi, compassioni. Fatto sta che la crisi porta con sé anche qualche consolazione: il mondo infine guardato in faccia e non più dal buco della serratura della propria vita, fatta e finita.