Benedizioni delle coppie omosessuali. Nel “dubium” che fare?
Riflessioni di Gianni Geraci pubblicato sul blog Compagnia della Speranza il 16 marzo 2021
La risposta che la Congregazione per la dottrina della fede ha dato al quesito se «La Chiesa dispone del potere di impartire la benedizione a unioni di persone dello stesso sesso?» ha creato non poca amarezza tra gli omosessuali cattolici con cui sono in contatto.
Ho perciò deciso di prendermi un attimo di tempo e di riflettere su quello che può fare un omosessuale cattolico che ama la Chiesa, ma che, in coscienza, non può certo apprezzare una dichiarazione in cui si dice che le unioni omosessuali non sono ordinate «ad esprimere la grazia in funzione dei disegni di Dio inscritti nella Creazione». Di seguito il frutto di questa riflessione.
Diciamocelo subito! A livello pratico, per gli omosessuali cattolici italiani la risposta al dubium sulla benedizione delle coppie dello stesso sesso, non cambia praticamente niente: non mi risulta infatti che ci sia qualche ministro della Chiesa cattolica italiana che benedice pubblicamente le coppie omosessuali. C’è don Franco Barbero che, nella comunità di base di Pinerolo, non solo lo fa, ma che sull’argomento ha scritto anche un libro che vi consiglio (cfr. Barbero F., Benedizione delle coppie omosessuali, Harmattan), ma lui, anche per questo motivo, nel 2003 è stato ridotto allo stato laicale e, pur continuando a svolgere la sua missione pastorale con un’autorevolezza che si fa fatica a intravvedere nell’azione pastorale di molti vescovi, da un punto di vista canonico, non ha nessun incarico specifico. Ci potrebbe poi essere qualche prete che, di nascosto, impartisce queste benedizioni in privato, ma direi che, con la sua scelta, più che profetica pecca un po’ troppo di ipocrisia.
In compenso sono tantissimi gli omosessuali cristiani che vivono una relazione di coppia. Molti di loro, aderendo pubblicamente a una legge che ha tutte le caratteristiche per essere giudicata inammissibile dalla Congregazione per la dottrina della Fede (si veda il documento Considerazioni circa i progetti di riconoscimento legale delle unioni tra persone omosessuali del 3 giugno 2003), si sono uniti civilmente e, magari, in occasione della loro unione civile, hanno sottolineato in qualche modo, con la creatività che non è possibile non riconoscere agli omosessuali credenti, la loro appartenenza alla Chiesa cattolica.
Il testo pubblicato ieri, quindi, non dice niente che non si sapesse già. Io stesso, qualche mese fa, nel rispondere a una coppia di omosessuali cattolici che chiedeva al Guado se potevano chiedere al parroco di benedire la loro unione, dicevo che, se da un lato «chiedere è lecito e rispondere è cortesia», un prete che voleva seguire le indicazioni del magistero non poteva che dare questa risposta: «Se dovessi benedire la vostra unione dovrei anche aggiungere che questa benedizione che vi impartisco a nome della Chiesa, esclude i momenti di intimità sessuale che ci sono tra di voi e che, al momento, non credo che voi abbiate intenzione di non vivere più.
E allora non credo che sia molto serio benedire la vostra unione, tenendo conto che quella stessa benedizione, al momento, sarebbe comunque una benedizione che vi chiede di rinunciare a qualcosa a cui non avete nessuna intenzione di rinunciare.» (cfr. «Possiamo chiedere al parroco di benedire la nostra unione omosessuale?» in gruppodelguado.blogspot.com). Alla fine il parroco immaginario che mi ero inventato le stesse cose che ieri ha ribadito la Congregazione per la dottrina della fede: fino a quando si dovrà dire che gli atti omosessuali «in nessun caso possono essere approvati» (cfr. CCC 2358) non sarà possibile benedire le coppie omosessuali, anche se non si esclude «che vengano impartite benedizioni a singole persone con inclinazione omosessuale» (cfr. «Responsum ad un dubium circa la benedizione delle unioni di persone dello stesso sesso» in www.vatican.va). Ma anch’io, alla fine, al mio parroco immaginario, facevo dire: «Se però benedico ciascuno di voi e, insieme a voi, chiedo al Signore di accompagnarvi con la sua grazia perché, guidati da una sempre maggiore comprensione della vostra condizione e dalla vostra coscienza, possiate trovare un percorso che vi aiuti a diventare come lui vi vuole, allora vi assicuro che nessuno avrebbe niente da rimproverarmi se vi benedico.» (cfr. Possiamo chiedere, cit.)
Lascio a chi ne sa più di me il compito di capire i veri motivi della pubblicazione di questa risposta (in genere i Responsa delle congregazioni vaticane non vengono dati in pasto all’opinione pubblica e quindi c’è qualche intento particolare se, in questo caso, non solo si è deciso di fare così, ma lo si è fatto dopo aver chiesto il permesso allo stesso pontefice).
Non cado nemmeno nella tentazione leggere con la lente di ingrandimento il testo della risposta per individuare eventuali novità che ci possono essere rispetto agli altri documenti prodotti sull’argomento dalla Santa Sede.
Preferisco concentrarmi sulla domanda che, a mio avviso, al momento, diventa più importante: «Quale lezione possiamo trarre in quanto omosessuali cattolici dalla pubblicazione di questo documento che, pur non essendo particolarmente autorevole, rappresenta comunque una novità nel panorama dei documenti che la Santa Sede ha dedicato al tema dell’omosessualità».
Ho cercato di strutturare la risposta in sei punti:
1. Continuate a vivere con serietà e con impegno le relazioni di coppia che abbiamo la fortuna di incontrare: la valutazione negativa dei momenti di intimità che ci sono all’interno delle coppie omosessuali che sta dietro alla risposta di ieri non aggiunge infatti nulla alle cose che la gerarchia cattolica aveva già detto in precedenza. Non è quindi alle indicazioni della gerarchia che dobbiamo fare riferimento per sentirci autorizzati a portare avanti i nostri percorsi di vita, ma alla voce della nostra coscienza che: «è il primo di tutti i vicari di Cristo» (Catechismo della Chiesa Ccattolica, 1778);
2. Nei limiti del possibile non nascondete le vostre relazioni all’interno delle comunità parrocchiali che frequentate: se anche il vostro compagno è credente frequentatele insieme a lui: ricordate che tutte le volte che, al termine di una messa o al termine di un incontro di preghiera, il celebrante benedice i presenti, implicitamente benedice anche voi e benedice anche l’amore che vi lega;
3. Non dimenticate mai che, anche se la gerarchia afferma afferma che «la Chiesa non dispone, né può disporre, del potere di benedire unioni di persone dello stesso sesso» (cfr. Responsum cit.).nulla è impossibile a Dio e che quindi lui può benedire la vostra unione e sono sicuro che lo fa molto volentieri;
4. Se per voi è fondamentale l’esigenza di veder ribadita con una benedizione specifica questa benedizione di Dio (che è poi l’unica che veramente conta), piuttosto che chiedere a un ecclesiastico di impartirvi una benedizione privata, chiedete a qualche laico o al gruppo di laici di cui fate parte, di benedire pubblicamente la vostra unione: non dimenticate infatti che anche i laici possono presiedere dei momenti di benedizione e che loro, a differenza degli ecclesiastici, non corrono il rischio di incorrere in qualche sanzione canonica o di subire qualche richiamo;
5. Se poi non doveste trovate nessuno, nella vostra comunità, che vi asseconda in questa richiesta specifica di benedizione ricordate che, all’interno di una coppia di persone che si amano, la più grande benedizione è quella che i due partner possono invocare uno sull’altro vicendevolmente: se il Signore vi ha fatti incontrare, se vi ha guidato nel percorso di avvicinamento reciproco, se ha suscitato in voi un desiderio forte di benedizione sarà lui stesso che, mantenendo la sua promessa di essere presente in mezzo a voi (Mt 18,20), trasformerà la benedizione reciproca che vi impartirete nella sua benedizione;
6. Trasformate la delusione che potrebbe avervi provocato la lettura di questo responsum, in un’opportunità di crescita e in un motivo per rafforzare il vostro amore per una Chiesa che ha comunque bisogno anche di voi. Tenete duro. andate avanti. non perdete mai la speranza, ma soprattutto, non dimenticate mai quello che san Paolo scrive nel capitolo 8 della lettera ai Romani: «Io sono infatti persuaso che né morte né vita, né angeli né principati, né presente né avvenire, né potenze, né altezza né profondità, né alcun’altra creatura potrà mai separarci dall’amore di Dio, che è in Cristo Gesù, nostro Signore» (Rm 8,38-39).
Con questa certezza continuate il vostro cammino e, se ne avete la possibilità, fatelo a testa alta e in maniera visibile, perché non sono tanto le coppie omosessuali ad aver bisogno della benedizione della Chiesa per vivere in pienezza e alla luce della benedizione di Dio l’amore che le unisce, ma è la Chiesa che ha bisogno della partecipazione delle coppie omosessuali e della loro benedizione per poter dire di essere davvero universale, per poter dire cioè di essere davvero una chiesa “cattolica”.