Come uno davanti al quale ci si copre la faccia (Is 53,2-3)
Riflessioni sulla sesta Stazione della via Crucis: Veronica asciuga il volto di Gesù, dalla Via Crucis online organizzata dal Progetto Adulti Cristiani LGBT il 26 Marzo 2020
È cresciuto come un virgulto davanti a lui
e come una radice in terra arida.
Non ha apparenza né bellezza
per attirare i nostri sguardi,
non splendore per provare in lui diletto.
Disprezzato e reietto dagli uomini,
uomo dei dolori che ben conosce il patire,
come uno davanti al quale ci si copre la faccia,
era disprezzato e non ne avevamo alcuna stima. (Is 53,2-3)
Riflessione Introduttiva di don Andrea
Di fronte alla realtà vera dell’uomo che comprende anche momenti di dolore, momenti di paura, momenti di rabbia, momenti di vergogna; La realtà della vita che, forse, mai come in questo periodo, porta con sé la malattia, la sofferenza, la morte di persone a noi care.
La realtà della vita che può essere solitudine, carcere, prostituzione, disperazione, durezza della diversità, confronto con i propri limiti, con le proprie piccolezze, con difficoltà sociali ed economiche; di fronte alla realtà della vita che ci mette di fronte anche alle malvagità dell’uomo, al male dell’uomo, alle sue ombre, alle sue aridità, come ci poniamo? Preferiamo disprezzare? Giudicare? Condannare? Coprirci la faccia e girarci dall’altra parte?
Ci illudiamo di vivere l’apparenza di ciò che vorremmo essere o abbiamo il coraggio di vivere la verità di noi stessi fino in fondo e fino alla fine, proprio come Gesù, uomo dei dolori crocifisso e risorto per ogni uomo, per tutto l’uomo, per me: Segno e strumento di misericordia, di tenerezza, di salvezza?
Ci viene più spontaneo immaginare un Dio che ci valuta, che ci giudica, che ci premia e ci punisce, piuttosto che credere in un Dio che ci ha voluti e creati per amore, che ci ama incondizionatamente? Un Dio che fatto uomo, ha vissuto la nostra natura, ha preso su di sé i nostri dolori, le nostre ferite, le nostre paure? Dio le ha accolte e comprese, le ha trasformate, gli ha dato un senso. E noi? E io? Che senso gli do? In che modo le vivo?
Sono capace di guardarle in faccia? Di chiamarle per nome? Di accarezzarle? Di prendermene cura? Sono capace di accoglierle? Di scoprirne la bellezza della verità che mi rende libero di essere me stesso? Crescere, crescere come un virgulto davanti a Dio, cosa vuole dire per me? Crescere davanti agli uomini, cosa comporta nella mia vita? Cos’è che attira i miei sguardi? Quali sono le mie resistenze? Dietro quali alibi mi nascondo? Posso provare ad avvicinarmi alla mia verità, a guardarla in faccia, a farla mia per poi, a piccoli passi cominciare ad accoglierla, a riconoscerla, ad amarla.
Esperienza tratta dalla lettera al Papa di Erika, donna transessuale della parrocchia di Torvaianica (Roma)
Caro Francesco sono… in realtà sono nata bambino… chissà se hai mai ricevuto una lettera da “una come me“; ti chiederai probabilmente: “ma perché questa mi scrive, che vuole dal Papa?“.
In verità niente, avevo solo voglia di farti conoscere una storia come la mia, una figlia di Dio un po’ particolare, ma sicuramente Lui ama anche me, anzi ne sono certa, visto che Lui ama particolarmente i figli che hanno maggiori difficoltà, come tutti i padri del resto.
Scusa, non ti ho nemmeno chiesto come stai; dev’essere una posizione difficile la tua, ma almeno non sei solo a sostenere quel peso, hai sicuramente lo Spirito Santo dalla Tua.
Io ero un bambino mite, dolce, intelligente, nato in una famiglia numerosa e modesta in cui non mancava il pane in tavola, ma mancava l’amore, non mi sentivo amato; durante l’adolescenza ho vissuto un periodo bellissimo, ho frequentato il movimento dei focolari ed ho con loro sperimentato l’amore di Dio; gli insegnamenti di Chiara Lubich mi hanno plasmato l’anima, il mio desiderio adolescenziale era quello di essere santo e invece…
Presa coscienza della mia “diversità” (se così si può chiamare visto che dovremmo essere tutti uguali) mi son sentita scomoda nel movimento e nella Chiesa in generale (mi ci hanno fatto sentire) e così mi sono allontanata e mi sono persa: ho fatto tante esperienze, alcune terribili, ho percorso tante strade, ho vissuto l’indigenza, la promiscuità, la solitudine, la paura, lo stigma, la depressione etc.
Ho tanto sofferto e anche gioito e mi sono quasi dimenticata di Dio, quasi! in realtà credo che dentro di me quella fiammella della fede, anche se fioca fioca, non si è mai del tutto spenta: come tutti gli esseri umani nei momenti di disperazione mi rivolgevo al Padre, ma senza convinzione, come quando si affida un messaggio ad una bottiglia gettata in mare.
La mia vita sarebbe lunga da raccontare (ho quasi 60 anni) e immagino che tu sia abbastanza impegnato, quindi non mi dilungo nel racconto, ammesso che tu legga mai questa mia.
Non mi avvicino ai sacramenti da decenni, forse per vergogna o pudore, non so a volte mi domando: perché? Perché Dio ha permesso ch’io mi smarrissi? Perché non mi ha tenuto per mano?
E ancora: perché l’orientamento sessuale o l’identità di genere deve essere un limite, un ostacolo ad essere ben accetti all’interno della Chiesa?
La Chiesa non è forse una famiglia? E in famiglia non sono ben accetti tutti i figli con i loro difetti e le loro peculiarità? Vedo che la Chiesa, anche se con tempi “biblici ” fa passi avanti, ho appena letto del tuo appoggio alle unioni civili, grazie.
Tutti hanno diritto ad essere amati, ad avere affetti e legami, anch’io; non credi Francesco? Anche se io non lo sapevo, Dio ascoltava le mie preghiere disperate (ora lo so) ha avuto pietà di me e mi ha aiutata; quindi, nonostante il mio vissuto complesso, mi sento fortunata.
Spero che un giorno ci sia un posticino in Paradiso anche per me, non certo perché me lo merito, ma perché Dio è buono.
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