Scapoli e zitelle li creò: la “chiamata alla solitudine” dei moderni eunuchi
Riflessioni di Andrea da Crema, parte terza
Enucleata la terza via, e sorvolando la vita sponsale (per quanti volessero approfondire tale tematica consiglio un mio precedente articolo), indaghiamo ora la “chiamata alla solitudine”, canto dei moderni eunuchi.
Per i cristiani, imitando Cristo nella loro vita, vivono questa castità come voto totale alla Chiesa, ai poveri, ai fratelli particolari (si pensi quanti omosessuali cristiani, ancora oggi, si spendono senza riserve per altri fratelli e sorelle omosessuali, fondando la loro vita su questa missione). Il cristiano può dunque scorgere questa chiamata personale, come un carisma speciale per la sua vita, marchiato a fuoco dallo Spirito, una forma particolare di consacrazione a Dio e missione agli ultimi del mondo.
Per qualsiasi essere umano, al di là di convinzioni politico-religiose, la singletudine – consapevolmente scelta e perseguita perché sentita – può essere via di pace, crescita e illuminazione per molteplici aspetti (parafrasando Thomas Mann “La solitudine dà alla luce l’originale che c’è in noi”). Si badi bene che si intende la solitudine non come condizione particolare ma come condizione esistenziale; questo cambia completamente le prospettive, con aspetti positivi e negativi.
Per quanto possa sembrare un ossimoro, la “intima solitudine” dischiude tutta la sua potenza e fascino.
La persona dispone di molto tempo, energie e tranquillità per se stesso, la sua professione, i suoi interessi ed esigenze (e incombenze); pone davanti il suo benessere profondo e priorità personali, con le sue abitudini, i suoi ritmi e spazi, i suoi gusti. Inoltre, tale persona si sente libera di organizzare la sua giornata, la sua rete relazionale, i suoi approfondimenti e studi personali, di fare cosa più gli aggrada senza dover chiedere e rendere conto a nessuno.
I propri hobby e passioni, diventano occasione di approfondimento esperienziale e culturale, e in taluni casi, occasione di fecondità simbolica o spirituale (la scrittura di libri, la produzione di opere d’arte, la crescita dei nipoti, l’aiuto a conoscenti, ecc.), oltre che momenti di comunicazione e di forte intimità con se stessi.
La persona può trascorrere il proprio tempo libero ed energie nel mondo del volontariato e dell’associazionismo, spendendo le proprie competenze e capacità, senza alcun tornaconto personale ma come esempio di civismo e di impegno sociale per quanti dimenticati dalla società o per particolari esigenze; non ultimo, spendersi nel campo della politica, senza riserve. La persona, anche mediante maggiori disponibilità economiche, può dedicarsi a lunghi viaggi, acquisto di beni e servizi, concedersi piccoli piaceri e soddisfazioni, aiutare concretamente qualche persona a lui vicina, in condizione di bisogno morale e materiale.
La solitudine può mascherare un grave lutto, una inadeguatezza o delusione personale, ma dobbiamo imparare a spostare il fermo-immagine su nuovi obiettivi, in positivo; una scelta piena di autostima, determinato equilibrio, energia positiva e libera consapevolezza di sé (potrebbe essere il manifesto di una laica castità). La persona dunque sceglie di essere il più autentica possibile con se stessa, alla ricerca continua del suo Io più profondo e realizzato.
Come intuibile, quanto esposto sopra, è molto più complesso e pervasivo, del semplice aspetto biologico, e ancor di più della genitalità della persona (così ossessivamente e pruriginosamente indagata dai soliti noti e spesso frustrati), nell’esercizio operoso e largo della propria solitudine (affettiva e sociale).
Come tutte le scelte controcorrente, hanno una grande contropartita, assai prezzolata e difficilmente capita, anche dai più vicini, e guai a non fare le opportune valutazioni e soppesamenti anzitempo. Infatti, come quando si inizia un’attività di impresa o un viaggio lungo e impegnativo, si devono calcolare le dotazioni di partenza, pianificare il percorso, mettere a bilancio gli imprevisti, i possibili errori e lungaggini, le mete progressive e gli obiettivi, quanto si lascia a casa per avere uno zaino leggero e le rinunce personali e collettive, finanche mettere in discussione e rimodellare le proprie idee e motivazioni iniziali.
Si pensi ai vari eventi della vita che si abbattono in modo assai poco democratico su molti, ma che richiedono un surplus di energie e di determinazione, soprattutto se soli: la malattia, un delicato intervento con relativa convalescenza, i lutti, le crisi e le (in)evoluzioni personali, la complessità frenetica delle molteplici incombenze moderne, i problemi legati all’oramai disumano mondo del lavoro, il caro-vita, l’affettività e la socialità mai completamente appagata foriera di possibili stati psico-patologici (stati ansioso-depressivi, manie di controllo, asocialità, deterioramento cognitivo precoce, apatia ecc.), l’oblio e il vuoto esistenziale con le sue paure e i sentimenti ad essi collegati (comprese le strategie di gestione della frustrazione personale), il lucido affacciarsi del progressivo decadimento psico-fisico ed isolamento sino all’approssimarsi della morte nel silenzio della propria dimora.
Il tutto acuito dall’inarrestabile sfilacciamento e inaridimento delle reti famigliari e sociali, venendo così a mancare il naturale supporto e sostegno per queste persone (si pensi alle tante zie e zii non sposati); l’attuale società liquida vede già situazioni prossime alla completa disperazione e relegazione ai margini, e negli anni futuri sarà una bomba esplosiva per lo Stato sociale (il c.d. welfare state) dei Paesi industrializzati.
Parafrasando un moderno detto latino “Beata solitudo, sola beatitudo” (“Beata solitudine, sola beatitudine”), si comprende bene come il piacere della tranquillità della persona distaccandosi dagli altri e dal mondo, ha un rovescio della medaglia, assai esigente da quanto accennato sopra. Fortunatamente, siamo sovrascrivibili in corso di battitura, dunque il copione può sempre essere riscritto e modificato, a patto di non stravolgere il canovaccio originale (a noi stessi), pena la condanna alla disillusione prima e alla infelicità poi, nostra e altrui. Una buona novella.
Concludo con la voce del grande Pier Paolo Pasolini: “La mia indipendenza, che è la mia forza, implica la solitudine, che è la mia debolezza”; il prezzo personale dunque è alto e per pochi, non c’è infatti scelta senza contraddizioni, fatica e incompiutezza davanti al duro mestiere di vivere. Ma è un rischio che dobbiamo intraprendere, se vogliamo realizzarci in profondità.
Il tesoro nascosto è dentro di noi.