Tra sacro e profano. San Tommaso nei testi canonici e in quelli apocrifi
Riflessioni bibliche di Fabio Trimigno del gruppo Zaccheo, cristiani LGBT di Puglia
La sera di quello stesso giorno, il primo dopo il sabato, mentre erano chiuse le porte del luogo dove si trovavano i discepoli per timore dei Giudei, venne Gesù, si fermò in mezzo a loro e disse: «Pace a voi!». Detto questo, mostrò loro le mani e il costato. E i discepoli gioirono al vedere il Signore. Gesù disse loro di nuovo: «Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anch’io mando voi». Dopo aver detto questo, alitò su di loro e disse: «Ricevete lo Spirito Santo; a chi rimetterete i peccati saranno rimessi e a chi non li rimetterete, resteranno non rimessi».
Tommaso, uno dei Dodici, chiamato Dìdimo, non era con loro quando venne Gesù. Gli dissero allora gli altri discepoli: «Abbiamo visto il Signore!». Ma egli disse loro: «Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi e non metto il dito nel posto dei chiodi e non metto la mia mano nel suo costato,non crederò».
Otto giorni dopo i discepoli erano di nuovo in casa e c’era con loro anche Tommaso. Venne Gesù, a porte chiuse, si fermò in mezzo a loro e disse: «Pace a voi!». Poi disse a Tommaso: «Metti qua il tuo dito e guarda le mie mani; stendi la tua mano, e mettila nel mio costato; e non essere più incredulo ma credente!». Rispose Tommaso: «Mio Signore e mio Dio!». Gesù gli disse: «Perché mi hai veduto, hai creduto: beati quelli che pur non avendo visto crederanno!».
Molti altri segni fece Gesù in presenza dei suoi discepoli, ma non sono stati scritti in questo libro. Questi sono stati scritti, perché crediate che Gesù è il Cristo, il Figlio di Dio e perché, credendo, abbiate la vita nel suo nome. (Giovanni, 20, 19-31)
C’è qualcosa di irripetibile quando raccontiamo dei fatti, ma allo stesso tempo c’è anche qualcosa di molto trasmissibile, perché poi ogni fatto diventa presente e vivo in un racconto.
Per esempio quando io ti racconto un episodio, tu quell’episodio lo conosci e diventa una tua esperienza di vita attraverso il mio racconto. Pertanto la parola di una persona rende presente e vera la persona stessa che parla, se a te interessa; se non ti interessa, tu la escludi, e il fatto non sussiste, e nella peggiore delle situazioni la persona che ti parla rischia di non esistere davanti ai tuoi occhi.
D’altronde tutta la nostra cultura è fondata sulla testimonianza altrui: ciò che io imparo lo imparo da altri; e se non credo a quello che gli altri hanno sperimentato, non lo sperimenterò mai. Se invece mi affido a ciò che dicono, posso io stesso verificare in prima persona se ciò che dicono è vero.
Questo episodio raccontato nel Vangelo di Giovanni fa da anello di congiunzione tra i primi discepoli che hanno visto il Risorto perché erano presenti e noi che non l’abbiamo visto perché non eravamo presenti.
Dobbiamo credere alla testimonianza altrui? Tommaso per principio non crede, vuol vedere e toccare di persona. Quindi Tommaso rappresenta l’incredulità della testimonianza.
Ma chi è Tommaso?
Tommaso nacque in Galilea, nel I secolo a.C. e morì nel 72 a Molypore. Secondo un’antica tradizione, dopo la morte di Cristo, Tommaso si spinse a predicare il Vangelo fuori dei confini dell’Impero romano, in Persia e in India fino a raggiungere la Cina. E’ venerato come santo dalla Chiesa cattolica, ortodossa e copta e le sue reliquie si trovano nella basilica di San Tommaso Apostolo a Ortona.
Esiste un Vangelo, però, poco conosciuto che è Il Vangelo di Tommaso: fu ritrovato nel 1945 fra i famosi manoscritti di Nag Hammadi, probabilmente il più aderente alla “fonte Q”. Non riconosciuto dalla Chiesa Cattolica, il Vangelo di Tommaso è ritenuto da molti studiosi il più antico Vangelo, antecedente addirittura anche ai tre Vangeli sinottici attribuiti a Marco, Luca e Matteo. Si presenta come una raccolta scritta di 114 “detti di Gesù” e non fa nessun accenno ai miracoli, alla nascita di Cristo ed alla sua crocifissione.
Tommaso viene chiamato anche Didimo, ma cosa significa?
Innanzitutto il nome Tommaso deriva dal nome aramaico “Ta’oma”, che letteralmente significa “gemello”. Il nome Didimo, invece, deriva dal greco e significa anche “gemello” ed è spesso associato al nome Tommaso.
La traduzione del nome “Didimo” ha sia origini classiche che bibliche. Infatti nella mitologia greca, “Didima” e “Didimeo” erano appellativi di Artemide e Apollo, in quanto gemelli; però il termine “didimo” si usa anche per indicare un frutto o un organo costituito di due metà rotondeggianti o di contorno circolare, congiunte per breve tratto.
Tommaso era gemello di Giuda, uno dei dodici come lui, che non era con gli altri quando Gesù è risorto. Giuda era uscito nella notte, dopo che Gesù aveva donato il suo pane, e anche Tommaso era fuori nella notte, forse perché aveva avuto il coraggio di uscire anche lui.
Ma allora perché l’evangelista Giovanni insiste con due nomi che hanno lo stesso significato?
Tommaso vive la sua condizione di gemello diviso/separato/disgiunto, perché vive il suo limite come luogo di divisione dagli altri invece che come luogo di comunione. Tommaso è due volte gemello: gemello di Giuda e gemello di noi tutti.
Noi non c’eravamo allora, e anche lui non c’era, ma è giunto alla fede. Pertanto rappresenta un po’ tutti noi che attraverso il nostro trauma/separazione/sofferenza giungiamo alla fede.
Tommaso è anche gemello di Gesù inteso come gemello della sua anima, il suo alter ego. Tommaso infatti è l’unico pronto a morire al fianco di Gesù. Quando Gesù va a Gerusalemme per resuscitare Lazzaro, e gli dicono: «Ma lì ti vogliono uccidere», Tommaso risponde: «Andiamo anche noi a morire al suo fianco». Tommaso È coraggioso. Sfida anche la morte perché ama davvero Gesù.
Ma Tommaso pensa che Gesù vada solo a morire. Tommaso crede che la morte sia l’unico destino comune dell’uomo. Invece Gesù non va verso la morte, Gesù torna al Padre, proprio facendosi solidale con i fratelli fino alla morte di croce.
Tommaso vede la Via, la Vita e la Verità toccando proprio con le sue mani, mettendo il dito nelle ferite. Tommaso impara a conoscere che c’è un amore più forte della morte, per cui riceve senso anche il nostro nascere, vivere e morire. Tommaso ha la sensibilità dell’uomo di oggi, e per principio non crede alla testimonianza.
Tra l’altro, l’errore non è “non credere alla testimonianza”, anzi bisogna essere anche critici con la testimonianza altrui. Però se per principio non credi ad una testimonianza, vuol dire che nessuna parola ha valore. E se si cancella la parola, si cancellano le relazioni, la storia, la cultura, l’arte, la filosofia, la politica, l’economia, la fiducia, la fede, la speranza.
Dio ci parla del suo amore attraverso un racconto scritto nel corpo di Gesù con l’alfabeto delle sue ferite.
Cristo capisce il desiderio di Tommaso, la sua fatica a credere e la sua voglia di credere, e allora è Lui stesso che si fa avanti, si propone. E così farà ancora per me: nei miei dubbi Cristo sempre mi verrà incontro (es. il dipinto L’incredulità di san Tommaso del Caravaggio).
In Tommaso leggiamo: n.27. Gesù vide dei bambini che stavano poppando. Egli disse ai suoi discepoli: – Questi bambini che stanno poppando sono simili a coloro che entrano nel Regno. Essi allora gli domandarono: – Se saremo piccoli, entreremo nel Regno? Gesù rispose loro: – Quando farete in modo che due siano uno, e farete sì che l’interno sia come l’esterno e l’esterno come l’interno, e l’alto come il basso, e quando farete del maschio e della femmina una cosa sola, cosicché il maschio non sia più maschio e la femmina non sia più femmina, e quando metterete un occhio al posto di un occhio e una mano al posto di una mano e un piede al posto di un piede, un immagine al posto di un immagine, allora entrerete. (rif. Mc. X 13-15; Mt. XIX 13-15; Lc. XVIII 13-17 e Mc. IX 35-37; Mt. XVIII 1-4; Lc. IX 46-48)
In Tommaso dunque si sviluppa il concetto di «perfezione» come unità degli opposti per cui ogni essere è quindi composto di elementi contrari, a coppie (alto e basso, esterno e interno, maschile e femminile) e la sua perfezione sarà solo nell’annullamento, o ancora meglio nella fusione, di essi. Nell’affermazione «che il maschio non sia più maschio e la femmina non sia più femmina» è da riconoscere il concetto sublime del superamento della questione sessuale. Non a caso in Gal. III 28: «non c’è… né schiavo libero, né maschio né femmina, ecc.», si allude alla parità di tutti i fedeli di fronte a Dio. Se proviamo ad immaginare che davvero quei “detti orali” di Gesù siano stati raccolti da Tommaso Didimo, allora probabilmente Tommaso dopo l’esperienza del “toccare” con dito e con mano, avrà ricordato il suo essere “gemello”, la sua condizione di essere “separato”, e di ricercare la sua parte mancante per essere un tutt’uno con la sua vita in Cristo.
In Giovanni leggiamo: Dissero allora a lui gli altri discepoli: «Abbiamo visto il Signore». Ora egli disse loro: «Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi e non getto il mio dito nel segno dei chiodi e getto la mia mano nel suo fianco, non crederò affatto».
La testimonianza cristiana non è andare in giro ad annunciare Gesù a tutti. Se andiamo in giro ad annunciarlo con certi pensieri, parole opere e omissioni, lo screditiamo. O se andiamo in giro ad annunciare Gesù per fare delle crociate, per raccontare solo delle regole, delle dottrine o dei dogmi cadremo prima o poi in quel fenomeno che la teologa Teresa Forcades chiama “endogamia istituzionale”, cioè l’istituzione che si autofeconda e produce altrettanta istituzione: un sistema che si morde la coda.
La testimonianza cristiana invece è la nostra vita trasformata/trasfigurata che vive nell’amore per i fratelli in Cristo, in quell’ “impronta “che in greco significa “impressione”, “colpo”, ma anche “sigillo”: quel buco dei chiodi che ha colpito Gesù è il sigillo, la sua carta d’identità, il suo codice fiscale, è il segno della sua identità divina.
In Tommaso leggiamo: n.2.Gesù disse: – Colui che cerca non cessi dal cercare, finché non trova e quando troverà sarà commosso, e quando sarà stato commosso contemplerà e regnerà sul Tutto. (rif. Mt. VII 8 e Lc. XI 9 e 10)
n.18.Gesù disse: – Io vi dirò ciò che occhio non ha mai veduto e ciò che orecchio non ha mai inteso, ciò che mano non ha mai raggiunto e ciò che non è mai affiorato nel cuore dell’uomo. (rif. Cfr. Lc. X 24; 1Cor. II 9)
n.61.Gesù disse: – Colui che ha conosciuto il mondo ha trovato un cadavere, e chi ha trovato un cadavere, il mondo non è degno di lui. (rif. Rom. VI 3-6 e VIII 5-11)
Tommaso vuole mettere dentro il dito, non smette di cercare finchè non trova la verità e ne sarà commosso, finchè non mette la mano nel fianco trafitto e lo contemplerà. È segno di incredulità, perché dice “voglio toccare e vedere di persona”, ma è anche desiderio di comunione profonda, è proprio immergersi, battezzarsi, arrivare nel profondo del suo cuore attraverso Cristo.
L’esigenza di Tommaso è una esigenza giusta, buona, di una grande onestà intellettuale.
Tommaso non crede ai suoi orecchi e ai suoi occhi, non crede per principio ad un cadavere, e lo dice, però è disposto a cambiare parere, se i fatti sono evidentemente contrari.
Tommaso è di un’onestà molto rara, perché noi solitamente ci teniamo le nostre certezze qualunque siano i fatti. Lui è pronto a essere smentito dai fatti, ma solo dai fatti.
E tra l’altro è un’esortazione anche per noi, che “otto giorni dopo” siamo invitati a vedere e a toccare queste ferite.
In Giovanni leggiamo: Certo molti altri segni fece Gesù di fronte ai suoi discepoli, che non sono scritti in questo libro; questi però sono stati scritti perché crediate che Gesù è il Cristo, il Figlio di Dio, e perché, credendo, abbiate vita nel suo nome.
Giovanni scrive: “perché crediate”. Esce qui il “voi” dei lettori. Giovanni non nomina sè stesso, perché non è l’inventore dei fatti, lui li ha visti, li ha sentiti raccontare. Non sappiamo chi sono questi “voi”, se siano dei giudei, dei pagani o dei cristiani da confermare nella fede. E’ dedicato a chiunque può leggerlo, quindi tra questi “voi” ci siamo noi.
La dicitura “molti altri segni” denota che l’evangelista conosceva l’esistenza degli altri Vangeli, non solo quelli canonici, ma anche di altri scritti che raccoglievano queste e altre testimonianze e altri segni.
In Giovanni leggiamo: Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anche io mando voi
In Tommaso leggiamo: n.36.Gesù disse: – Nessun profeta è ben accolto nel suo paese, e un medico non opera guarigioni tra coloro che lo conoscono. (rif. Mc. VI 4; Mt. XIII 57; Gv. IV 44, e soprattutto Lc. IV 23-24)
n.47.Gesù disse: – Siate viandanti!
Forse i concetti più gnostici racchiusi nel Vangelo di Tommaso hanno permesso una più facile accoglienza di Tommaso in alcune comunità orientali impregnate di pensieri filosofici. Probabilmente Tommaso riusciva ad evangelizzare la via della verità attraverso anche il concetto dell’uomo perfetto come uomo «solitario», come condizione sociale del predicatore itinerante.
La solitudine consiste soprattutto nella separazione dalla famiglia e nell’assenza di vincoli terreni, poiché l’uomo appartiene originariamente al cielo. Sperimentando ora la prigionia del corpo, la sua anima deve cercare il dialogo col cielo. Ed è anche implicito il concetto dell’homo viator, ovvero dell’uomo pellegrino.
L’unico scopo del Vangelo di Tommaso è trasmettere il profondo insegnamento del Cristo Salvatore ai suoi discepoli. Questo insegnamento è analogo a quello presente in tutte le tradizioni spirituali come nel Buddhismo e nell’Induismo: nascosta nel profondo dell’essere umano vi è la Luce Divina e l’uomo ha la possibilità di trovarla.
Pertanto Cristo in questa pagina del vangelo di Giovanni ci consegna la libertà di allargare i confini della nostra Chiesa, di arrivare nel più lontano oriente del nostro cuore, come è stata la Cina per San Tommaso, ci consegna la libertà per allargare gli spazi di Resurrezione dove uomini e donne possono riconoscersi fratelli e sorelle.