“L’amore che non osa pronunciare il suo nome” nell’Inghilterra medievale
Articolo pubblicato sul sito del progetto Music And Late Medieval European Court Cultures (Gran Bretagna) il 15 dicembre 2017, liberamente tradotto da Vanessa Guadagnini
L’espressione “l’amore che non osa pronunciare il suo nome” è un verso della poesia Due amori di Lord Alfred Douglas. Questa espressione veniva usata alla fine del XIX secolo come eufemismo per l’omosessualità, anche durante il processo per atti osceni a Oscar Wilde.
L’omosessualità, intesa come una specifica tipologia di identità sessuale, è un costrutto sociale del XIX secolo. È possibile che nel Medioevo uomini e donne abbiano soddisfatto i loro desideri fisici e/o abbiano avuto le più profonde e appaganti relazioni sentimentali con persone dello stesso sesso, ma non si sarebbero mai per questo definiti “gay”, “lesbiche” o “bisessuali”. Queste sono tutte categorizzazioni dei desideri e dei comportamenti sessuali molto più recenti.
Nella tradizione popolare, Edoardo II è stato etichettato anacronisticamente come “il primo re gay d’Inghilterra”. Il re aveva intense e affettuose relazioni sentimentali con diversi “favoriti di corte” di sesso maschile. I suoi contemporanei si lamentavano del suo “immoderato” ed “eccessivo affetto” per Piers Gaveston, un amico di gioventù, che venne circuito, rapito e assassinato da alcuni baroni inglesi nel 1312.
Edoardo ebbe inoltre almeno un figlio illegittimo, Adam, citato in un resoconto del Guardaroba (1) del 1322 come Ade filio domini regis bastardo (“Adam, figlio bastardo del signore re”). Adam nacque probabilmente intorno al 1307. Con la moglie Isabella di Francia, Edoardo diventò padre di quattro eredi plantageneti in salute. Anche Piers Gaveston ebbe sia figli legittimi che illegittimi, esattamente nel periodo in cui la sua vicinanza al re stava causando molte controversie politiche.
Potrebbe essere complicato mettere un’etichetta moderna alla relazione tra Edoardo II e Gaveston; tuttavia, sappiamo che i loro contemporanei fecero delle congetture sulla possibile sodomia del re. Nel 1334 Adam Orleton, vescovo di Winchester, fu accusato di aver chiamato pubblicamente il re sodomita durante una predica fatta a Oxford nell’ottobre del 1326. Negò con forza l’accusa; sarebbe stata un’affermazione troppo incendiaria per poter essere pronunciata pubblicamente, qualsiasi cosa la gente potesse pensare in privato.
Anche il termine “sodomia” è complicato da definire in un contesto medievale. Come Robert Mills mette in luce nel suo libro, Seeing sodomy in the Middle Ages [La sodomia nel Medioevo] (University of Chicago Press, 2015), i riferimenti medievali al “peccato di sodomia” (sodomiticum peccatum) alludevano di solito a rapporti anali tra uomini, ma potevano anche comprendere una varietà molto più ampia di “peccati contro natura” (contra naturam). Un peccato contro natura si può definire come qualsiasi azione di fornicazione non finalizzata alla riproduzione umana all’interno del vincolo matrimoniale. Il sesso orale, per esempio, e altre forme di attività sessuale che “sprecavano” lo sperma, potevano tutti essere classificati come “peccati contro natura” sodomitici. Si pensava che tutti questi eccessi sessuali avessero terribili conseguenze, e che avrebbero disfatto un uomo rendendolo un homo effeminate o vir evirate – un uomo effeminato e privo di mascolinità.
Nel mondo della corte, l’orribile peccato di sodomia poteva anche rappresentare una potente arma politica. In fin dei conti, i cortigiani erano quasi tutti uomini, che vivevano fianco a fianco in un’accesa competizione gli uni con gli altri. Ogni uomo ambizioso a corte voleva avvicinarsi (sia fisicamente che sentimentalmente) il più possibile al re, al potere e ai suoi favori. Gli uomini aspiravano a diventare “fratelli di sangue”, come nel patto stretto tra Davide e Gionata nella Bibbia. Ciò li poteva portare a gesti affettuosi e fraterni tra di loro, fino al punto in cui i rivali esclusi avrebbero potuto interpretare questi comportamenti come “privi di mascolinità”, “effeminati” o “sodomitici”.
Questo poteva ben accadere se il “fratello” era il re. Un re non doveva essere uguale agli altri. L’idea di un re disposto a soddisfare i desideri di un “fratello” (o della moglie), ovvero di un re bisognoso, debole e “privo di mascolinità”, che non avrebbe mai fatto quello che era meglio per il suo regno, ma solo quello che saziava i suoi desideri personali, era qualcosa che davvero rivoltava gli stomaci dei cortigiani medievali.
Che cosa dire quindi di Edoardo II e dell’accusa di sodomia? Nel suo interessante saggio “The Sexualities of Edward II” [Le sessualità di Edoardo II] lo storico Mark Ormrod tratta dettagliatamente delle ipotesi avanzate dai contemporanei del re riguardo la sua sessualità. Descrive inoltre come i resoconti della morte di Edoardo nel Castello di Berkeley nel 1327, apparentemente ucciso da un attizzatoio arroventato inserito nell’ano, o le proteste per la sua relazione “innaturale” con l’ultimo favorito di corte, Hugh Despenser il Giovane, contribuirono ad alimentare alcune delle fondamentali questioni politiche del suo dominio.
Etichettandolo come un pervertito sessuale e un degenerato, incline alla sregolatezza e al libertinaggio (tra le varie altre debolezze), i cronisti dell’epoca poterono dare una spiegazione al suo disastroso regno e giustificarne la deposizione, avvenuta nel 1327. Il rex effeminatus è un rex inutilis (“re inutile”) e, di conseguenza, deve essere rimosso dal potere.
Quindi, pur ipotizzando che il sesso nelle corti medievali avvenisse frequentemente, e in tutte le combinazioni e i partner che si possano pensare, quello che veramente contava, alla fine, era il potere.
(1) Nell’Inghilterra medievale, il Guardaroba era in origine una piccola stanza, adiacente alle Camera del Re, nella quale venivano custoditi gli indumenti, i gioielli e il denaro contante del sovrano; alla fine del XII secolo il Guardaroba divenne un autonomo e importante dipartimento del governo, che si occupava, tra le altre cose, di amministrare l’appannaggio del re, di prestare piccole somme di denaro e di pagare i mercenari [n.d.t.].
Testo originale: The Love That Dare Not Speak Its Name…