Il teologo gesuita Thomasset: “è urgente una riflessione teologica sull’omosessulità”
Intervista di Arnaud Bevilacqua al teologo gesuita padre Alain Thomasset, presidente dell’Associazione francese di Teologia Morale (ATEM), pubblicata sul quotidiano cattolico La Croix (Francia) il 27 aprile 2021, liberamente tradotta da Giacomo Tessaro
Quali sono i fondamenti della dottrina cattolica sull’omosessualità?
Padre Alain Thomasset: Diversi testi biblici condannano esplicitamente l’omosessualità (Levitico 18:22; 20:13, Romani 1:26-27), ma la loro interpretazione, tenendo conto del loro contesto culturale, è delicata. Il punto centrale è che, nella Bibbia, l’alterità sessuale (“Maschio e femmina li creò”, Genesi 1:27) viene presentata come partecipazione al progetto creatore di Dio. Non solo presiede alla trasmissione della vita, ma è simbolicamente legata al riconoscimento della condizione finita della creatura (alleanza con Dio e sua differenza rispetto all’essere umano).
Dio crea separando, mettendo ordine nell’universo. L’omosessualità è quindi percepita come una minaccia a questo ordine simbolico e alla sua struttura, e alla giusta relazione con Dio. Del resto, per la teologia della legge naturale, l’omosessualità è considerata “contro natura”, contro le tendenze inscritte dal Creatore nella natura umana, vale a dire l’unione dei sessi e la procreazione.
La dottrina ne deduce che bisogna accogliere le persone omosessuali con bontà, rispetto e non discriminazione, in quanto sono figli e figlie di Dio, ma che il loro orientamento sessuale, per quanto da loro non scelto, è “oggettivamente disordinato”, in quanto gli atti omosessuali sono “intrinsecamente cattivi”. È un linguaggio che fa nascere molte difficoltà, ed è fonte di sofferenza per i numerosi omosessuali che cercano di vivere con sincerità la loro fede e si sentono rifiutati, a volte anche esclusi da incarichi di responsabilità o dai sacramenti.
Per loro non è possibile esprimere affetto senza essere immorali? Il bene vissuto in una unione stabile non merita di essere riconosciuto? Sono domande legittime, per le quali la Tradizione non ha una risposta.
– È possibile immaginare un’evoluzione della dottrina?
Come dice papa Francesco, la dottrina non è un museo o un congelatore, “non è statica, ma cresce e si sviluppa”. Per immaginare un’evoluzione ci vuole un’autentica elaborazione teologica, aperta e plurale, che riprenda i dati della Rivelazione (la Pontificia commissione biblica ha cominciato a farlo) e della Tradizione, in particolare sul concetto di legge naturale, e che prenda in considerazione l’esperienza delle persone omosessuali, oltre che il sensus fidei dei credenti e l’insegnamento delle scienze umane.
L’esperienza pastorale deve anche invitarci ad approfondire la comprensione della dottrina, da cui è inseparabile. È un lavoro che va ancora fatto, e spetterà al Magistero autenticarlo.
– In questo contesto, c’è spazio per l’accoglienza delle persone omosessuali?
L’accoglienza e l’accompagnamento di queste persone sono indispensabili. Ci sono associazioni che già ricoprono questo ruolo, e in numerose diocesi delle persone sono state inviate in missione: viene organizzata l’accoglienza, giornate di ascolto, di dialogo, di formazione. L’Amoris laetitia ci invita ad accogliere di buon grado ogni persona, a non giudicare secondo categorie morali a priori, bensì ad accompagnare lungo un cammino di verità e di fede, a dare prova di discernimento secondo le situazioni dei singoli e la storia di ciascuno.
Come spesso accade, ascoltare gli altri ci cambia, ci invita a prendere in considerazione l’esperienza spirituale autentica di queste persone e a tentare di discernere, attraverso ciò che vivono, quello che ci dice lo Spirito.
Una buona teologia morale deve prendere in considerazione prima di tutto la realtà, e questo richiede pazienza e discernimento. Un dialogo aperto alla diversità delle opinioni, in cui ciascuno ascolta in un clima di franchezza, per potere, come dice il Papa, trasformare le contraddizioni apparenti in “contrapposizioni che possono risolversi in una unità più grande”. Questo richiederà del tempo, ma è un compito urgente.
Testo originale: « Un travail théologique urgent mais qui prend du temps »