Veglierò quest’anno dopo vent’anni dalla prima volta che mi hanno gridato “frocio di merda”
Riflessioni di Paolo L. del Progetto Adulti Cristiani LGBT
Sono passati più di vent’anni dalla prima volta che mi hanno gridato “frocio di merda” e come una eco infinita, sovente, quella frase torna a bussare alla mia testa ed al mio cuore, rievocando il corredo di insulti, spintoni, atti di sopraffazione e di violenza che ne rappresentano l’ineluttabile corollario.
E non è un mero ricordo, qualcosa di lontano e ormai passato, perché invece quell’esperienza è più viva che mai: la ritrovo tutte le volte che ho paura di parlare in pubblico, che mi sento inadeguato nei gruppi di persone, la riscontro nella mia vulnerabilità alle malattie psicosomatiche e nella recondita sensazione di non essere mai abbastanza, di avere sempre un difetto da colmare necessariamente, dimostrando il doppio dell’impegno e della dedizione.
Sono queste solo alcune delle conseguenze del bullismo, che ho vissuto da ragazzino, a scuola, e mi sembra così paradossale che dopo tutti questi anni ancora qualche adolescente possa sentirsi così solo e indifeso di fronte a una simile ingiustizia.
Ci sarò alle veglie del mese di maggio e soprattutto ci sarà il mio cuore, così vicino a tutte le vittime dell’omobitransfobia.
Ci sarò perché, come suggerisce la stessa etimologia della parola “veglia”, occorre in questi tempi vigilare, aprire gli occhi restare svegli. Esiste, infatti, una strisciante e pericolosa deriva nel mondo cattolico, volta a negare che sussistano episodi di violenza e di discriminazione dovute all’orientamento sessuale ed all’identità di genere e/o a sminuirne la portata.
Ce lo dimostrano gli attacchi rivolti ai giovani dell’Azione Cattolica di Tusa e di Castel di Lucio, “rei” di aver manifestato il loro sostegno al Ddl Zan, provando a diffondere messaggi di amore, solidarietà e uguaglianza. Di contro, sedicenti cristiani, li hanno massacrati di insulti e sottoposti a riprovevole dileggio.
Ed allora appare quantomai essenziale, di questi tempi, vegliare e pregare che soffi uno spirito nuovo, che faccia nuove tutte le cose, che converta i cuori, che permetta a tutti di abitare questo Mondo con il vestito che sente più appropriato alla sua persona.
Che davvero tutti impariamo ad amare, ad amarci gli uni gli altri, come Dio ci ha amati e cioè fino alla morte; fino a morire, a rinunciare, a seppellire per sempre i pregiudizi, le incomprensioni, le condanne affrettate.
Perché le grida fratricide “frocio di merda” possano trasformarsi in “grida di giubilo e di vittoria nelle tende dei giusti” (Sal 117), in sorrisi e mani intrecciate, impegnate a scavare nell’inestimabile tesoro di ricchezze che è la diversità.
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