Dio mi ha insegnato a non chiamare nessun fratello impuro (At 10,28)
Meditazione* della pastora valdese Daniela Di Carlo* su Atti 10,28 tenuta nella preghiera online della Settimana di preghiera per le vittime dell’omofobia e della transfobia del 10 maggio 2021
Il giorno dopo, mentre essi erano per via e si avvicinavano alla città, Pietro salì verso mezzogiorno sulla terrazza a pregare. Gli venne fame e voleva prendere cibo. Ma mentre glielo preparavano, fu rapito in estasi.
Vide il cielo aperto e un oggetto che discendeva come una tovaglia grande, calata a terra per i quattro capi. In essa c’era ogni sorta di quadrupedi e rettili della terra e uccelli del cielo. Allora risuonò una voce che gli diceva: «Alzati, Pietro, uccidi e mangia!».
Ma Pietro rispose: «No davvero, Signore, poiché io non ho mai mangiato nulla di profano e di immondo». E la voce di nuovo a lui: «Ciò che Dio ha purificato, tu non chiamarlo più profano». Questo accadde per tre volte; poi d’un tratto quell’oggetto fu risollevato al cielo.
Mentre Pietro si domandava perplesso tra sé e sé che cosa significasse ciò che aveva visto, gli uomini inviati da Cornelio, dopo aver domandato della casa di Simone, si fermarono all’ingresso. Chiamarono e chiesero se Simone, detto anche Pietro, alloggiava colà. Pietro stava ancora ripensando alla visione, quando lo Spirito gli disse: «Ecco, tre uomini ti cercano; alzati, scendi e va’ con loro senza esitazione, perché io li ho mandati».
Pietro scese incontro agli uomini e disse: «Eccomi, sono io quello che cercate. Qual è il motivo per cui siete venuti?». Risposero: «Il centurione Cornelio, uomo giusto e timorato di Dio, stimato da tutto il popolo dei Giudei, è stato avvertito da un angelo santo di invitarti nella sua casa, per ascoltare ciò che hai da dirgli». Pietro allora li fece entrare e li ospitò. Il giorno seguente si mise in viaggio con loro e alcuni fratelli di Giaffa lo accompagnarono. Il giorno dopo arrivò a Cesarèa. Cornelio stava ad aspettarli ed aveva invitato i congiunti e gli amici intimi.
Mentre Pietro stava per entrare, Cornelio andandogli incontro si gettò ai suoi piedi per adorarlo. Ma Pietro lo rialzò, dicendo: «Alzati: anch’io sono un uomo!».
Poi, continuando a conversare con lui, entrò e trovate riunite molte persone disse loro: «Voi sapete che non è lecito per un Giudeo unirsi o incontrarsi con persone di altra razza; ma Dio mi ha mostrato che non si deve dire profano o immondo nessun uomo. Per questo sono venuto senza esitare quando mi avete mandato a chiamare. Vorrei dunque chiedere: per quale ragione mi avete fatto venire?».
Cornelio allora rispose: «Quattro giorni or sono, verso quest’ora, stavo recitando la preghiera delle tre del pomeriggio nella mia casa, quando mi si presentò un uomo in splendida veste e mi disse: Cornelio, sono state esaudite le tue preghiere e ricordate le tue elemosine davanti a Dio. Manda dunque a Giaffa e fa venire Simone chiamato anche Pietro; egli è ospite nella casa di Simone il conciatore, vicino al mare. Subito ho mandato a cercarti e tu hai fatto bene a venire. Ora dunque tutti noi, al cospetto di Dio, siamo qui riuniti per ascoltare tutto ciò che dal Signore ti è stato ordinato». (Atti 10,9-33)
Pietro era un uomo tutto di un pezzo. Era un uomo giovane, molto vigoroso. Immaginiamo che, fino a pochi anni prima, probabilmente tre anni prima di incontrare Gesù, lui aveva gettato nel mare reti e poi le tirava su quelle reti piene di pesci. Insomma era un uomo tutto di un pezzo, che certo, si era convertito al cristianesimo e che però ci teneva veramente tanto a tenere ancora nel suo cuore quelle radici ebraiche che lo distinguevano dagli altri.
E sì! Perché lui certo voleva essere cristiano però, voleva anche un po’ confondersi nella massa e quindi voleva essere capace di resistere a tutte quelle leggi che, naturalmente, avrebbero favorito un’assimilazione con tante altre fedi che erano diverse dall’ebraismo.
Quindi quando vede atterrare questa tovaglia, con sopra, nonostante la fame, tanti cibi, buoni certamente, succulenti, ma impuri, è chiaro che li rifiuta: non vuole essere preso per qualcuno che mangia qualsiasi cosa ha sotto gli occhi. No assolutamente!
Lui: certo un cristiano, ma prima un ebreo e quindi, di conseguenza, non mangia niente che sia impuro. Lui si vuole distinguere dagli altri. Lui vuole essere riconosciuto subito come una persona eccezionale, come una persona brava, come una persona lineare.
Quindi, è chiaro, rifiuta quel cibo, nonostante la fame e capisce a malapena (e lo capirà però poi dopo) queste parole di Gesù che gli indicano di fare attenzione al fatto che, in realtà, agli occhi del Signore, le cose non sono impure, i cibi non sono impuri e quindi può mangiare tutto ciò che vuole.
Però lui, in quel momento, sente di dover rispondere a questa noia, di dover vedere Cornelio, questo uomo grande uomo romano che gli vuole parlare. E quindi va da lui. Certo ci va, perché sa che il suo compito è convertire, però, accidenti, non vorrebbe mischiarsi con quella gentaglia, non vorrebbe mischiarsi con quelle persone che sono così diverse da lui, perché lui è nel giusto, mentre gli altri, in fondo, non lo sono. E quindi cerca di resistere a questo appuntamento. Certo! Ci va per obbedienza. Però deve essere chiaro: lui non vuole mescolarsi assolutamente con quei pagani, perché lui è diverso.
E quindi quando in realtà gli viene detto che ciò che deve rivelare a Cornelio è un messaggio di inclusione, di accoglienza, sicuramente sarà andato un po’ in confusione: ma come è possibile, come è possibile che gli venga chiesto di includere in questo messaggio che Cristo ha rivolto a lui, che è un uomo tutto di un pezzo, le persone impure.
Come è possibile che l’evangelo della grazia è un evangelo per tutti e non è un evangelo solo per alcuni, solo per persone come lui, tutte d’un pezzo, che vengono da una lunghissima tradizione, quella ebraica. Ma non è possibile! E deve effettivamente andato in confusione, deve essere rimasto anche un po’ allibito.
Però si rende conto che fino a quel momento non aveva capito la portata del vangelo. Non aveva capito quanto fosse rivoluzionaria quella parola, che non era una parola solo per alcuni, ma era una parola per tutti. Addirittura per Cornelio! Addirittura per quelli che erano considerati i nemici!
La parola di Cristo è una parola che accoglie tutti, quindi non può essere una parola che esclude le persone gay, le persone lesbiche, le persone non binarie, le persone asessuate, le persone che non corrispondono a ciò che la maggioranza pensa debba essere qualcuno da rispettare.
Non è così l’evangelo! L’evangelo rompe le logiche che governano il nostro mondo, le disattiva. L’evangelo è l’evangelo di Cornelio, è l’evangelo del pagano, è l’evangelo che coglie l’ebreo e contemporaneamente anche qualsiasi altra persona che si è lasciata muovere da quelle parole.
E allora possiamo anche noi ricordacelo che l’evangelo è per noi: è per Luca, è per Sergio, è per Nadir, per Bruno, per Santiago, per Pietro, per Gianni, per tutti quelli che sono presenti oggi qua. Perché l’evangelo abbraccia la totalità dell’umanità, abbraccia gay, lesbiche, transessuali, bisessuali, abbraccia tutti, perché noi siamo il popolo del Signore.
E allora Pietro capisce questa lezione incredibile: di aver sbagliato, di aver cercato di fondare una chiesa che escludeva qualcuno, di aver cercato di fondare una chiesa che escludeva Cornelio, che escludeva i pagani, che escludeva i non ebrei e di aver dimenticato che invece l’evangelo è un evangelo di grazia per tutti gli uomini e per tutte le donne.
E allora ricordiamocelo ora e sempre: che ognuno e ognuna di noi è amata dal Signore, che attraverso Pietro, ci ha accolto in questa nuova famiglia cristiana, nella quale tutte e tutti si possono sentire a casa e amati da Dio. Amen.
* Trascrizione di Gianni Geraci, registrazione di Agostino Usai.
* La teologa e pastora valdese Daniela Di Carlo presiede la Commissione Fede, Genere e Sessualità delle chiese Battiste, Metodiste e Valdesi ed ha diretto per diversi anni il Centro ecumenico di Agape (Prali).
TESTO> Veglia vittime omotransfobia del 10 maggio 2021 (PDF)