Quando sei una persona trans e non ti accettano come sei
Testimonianza di Nathan Bonni tenuta nella preghiera online della Settimana di preghiera per le vittime dell’omofobia e della transfobia il16 maggio 2021
La discriminazione che subisce una persona transgender che parte dal un corpo femminile per affermare un’identità maschile è difficile da descrivere.
Il primo problema è che questo tipo di percorso non esiste nell’immaginario collettivo, né quando la persona ha un aspetto ormai omologabile a quello di un qualsiasi uomo, né quando non ce l’ha e, se questo pone un riparo rispetto alla discriminazione che subiscono le donne transgender, ciò non significa che l’uomo transgender non sia vittima di discriminazioni, esclusioni, violenza verbale, psicologica, e talvolta anche fisica.
Una persona gay, nera, una donna transgender vengono insultati con parole orribili, ma chiare. L’uomo transgender invece, anche se non inquadrabile come tale, “disturba” solo per il fatto che esiste. Le persone percepiscono che una persona con quel corpo non dovrebbe comportarsi, vestirsi, presentarsi in un certo modo, e attaccano.
A volte il racconto di una forte violenza, fisica o sessuale (anche questo accade) è suggestivo più di tantissime micro-violenze continue e logoranti che, non essendo esplicitamente annunciate come transfobia, logorano la persona.
Esclusioni, maltrattamenti, mobbing, bullismo, non vengono mai associati dall’oppressore, al concetto di transgender e di transfobia. Accade che la persona venga esclusa, maltrattata, licenziata, sfrattata, apparentemente “senza motivo”, e così inizia a chiedersi se il problema non sia lei stessa e a provare, per disperazione, a cambiare, a conformarsi, per sfuggire a quel logorante disprezzo continuo e che arriva da tutte le direzioni, tanto da convincere l’uomo transgender che il problema è lui, e che dovrebbe “cambiare” per sottrarsi a tutta quella cattiveria apparentemente inspiegabile. E così, non poche volte, questo logoramento spinge la persona al suicidio.
Potrei raccontare tanti episodi in cui ho subito transfobia senza che la parola “transessuale” venisse mai pronunciata. Mi limito ad alcuni episodi.
Una volta ero da un ottico a comprare degli occhiali: volevo provarli, ma mi hanno detto che era vietato mentre accanto a me una signora li stava tranquillamente provando. Perché a me no e a lei sì?
Potrei raccontare di quella volta in cui ero in affitto, pagante regolarmente tramite un impeccabile RID mensile, fino a quando la zia anziana dei proprietari, che abitava all’ultimo piano del palazzo, mi vide in ascensore mentre indossavo giacca e cravatta. Mi guardò in modo strano e io non diedi peso a quello sguardo. Capii il senso di quello sguardo pochi giorni dopo, quando i proprietari mi misero davanti all’improvvisa richiesta di sospendere l’affitto, perché, a loro dire: «dovevano vendere».
Visto che non avevo voglia di traslocare mi proposi per comprare, ma la risposta fu vaga: mi dissero che non erano sicuri che io avessi i soldi per comprare e iniziarono a tirare la trattativa per le lunghe. Per tagliare la testa al toro comprai un’altra piccola casa lì vicino, pensando che, come proprietario, non avrei più avuto problemi. Naturalmente ci restai male quando vidi l’annuncio con cui si affittava la casa da cui ero stato cacciato, allo stesso canone che pagavo io.
Potrei raccontare di quella volta in cui prenotai una cena in un ristorante con un’applicazione collegata al mio account Facebook. Arrivato al ristorante però, misero in dubbio che io fossi la persona che aveva prenotato e, quando dimostrai che la persona che aveva prenotato ero io, mi dissero che la prenotazione non risultava più e che comunque, da regolamento, potevano respingerla anche dieci minuti prima.
Protestai con vigore, anche per la brutta figura che mi stavano facendo fare con chi era con me, ma mi invitarono ad andare via, e quando dissi che avrei fatto una recensione negativa e l’avrei fatta fare dai miei amici “transgender” mi inseguirono fino all’uscita facendo gestacci e borbottando insulti.
In nessuno di questi casi la parola “transessuale” è stata pronunciata e qualcuno potrebbe obiettare che la transfobia non c’entri. Credo però che sia un errore pensarla così, perché come in tutte le altre forme di discriminazione, anche nei casi che ho raccontato, alla fine, ci si sente rifiutati, ci si sente emarginati, ci si sente respinti per quello che si è.
E questa forma di discriminazione è tanto più dolorosa quanto più è difficile da identificare e da descrivere con il suo nome.