«Chi ha paura non è perfetto nell’amore» (1 Gv 4,18)
Meditazione bibliche di don Andrea Conocchia su 1Giovanni 4,18 tenuta nella preghiera online nella Settimana di preghiera per le vittime dell’omofobia e della transfobia del 15 maggio 2021
Nell’amore non c’è paura; anzi, l’amore perfetto caccia via la paura, perché chi ha paura teme un castigo. Quindi chi ha paura non è perfetto nell’amore. (1Gv 4,18)
Leggere queste parole suscita in me una serie di pensieri e di emozioni contrastanti. A me è capitato di aver avuto paura di amare, allora vuol dire che in me c’è qualcosa che non va? Qual è questo amore perfetto del quale si parla? Esiste davvero? Mi è mai capitato di sperimentarlo? Provarlo? Viverlo? Se penso al mio amore per Dio posso rispondere che ci si avvicini molto.
Ma se penso alle storie di amore umane che ho potuto provare e che mi vengono raccontate dalle persone che incontro e ascolto, ho qualche difficoltà ad accogliere senza riserve questa equazione che fa sì che l’amore elimini la paura. Quante paure in realtà si manifestano, la paura di non essere amati per come si è, la paura di essere giudicati, la paura di non essere all’altezza, la paura di non meritare amore, la paura di perdersi…. E chissà quante altre ancora me ne potreste raccontare.
Queste paure rendono meno degno l’amore che viviamo o sono la nostra reazione all’imprevedibilità dell’amore? A ciò che dell’amore sfugge al nostro controllo e che ce lo fa sentire a volte come un qualcosa di minaccioso.
Tutti siamo alla ricerca di un amore, ma vivere una relazione seria spaventa. Talvolta ci piacerebbe lasciarci andare ma ci sono tante resistenze mentali, che ci bloccano e non ci permettono di vivere serenamente una delle esperienze più belle della vita.
Dio è amore in se stesso e ci ha fatto sperimentare questo amore attraverso l’umanità di suo figlio Gesù proprio perché noi potessimo sentirci compresi, accolti, confermati, rassicurati, in una parola, potessimo sentirci amati. L’amore se vissuto in pienezza, porta con sé una parte di rischio perché il mettersi in gioco così come si, è di per sé rischioso. Quanto l’altro, l’altra è disposto ad accogliermi? Quanto io sono disposto a farlo?
Diventa un circolo vizioso, perché più si ha paura di amare, meno si ama e più si soffre, pensando però che la causa di tutto sia fuori di noi perché gli altri non ci amano. Paradossalmente il solo rimedio alla paura d’amare è amare, partendo però dall’amore per noi stessi. Finché io mi giudico, mi valuto, entro in competizione, mi convinco che l’amore vada meritato piuttosto che ricevuto gratuitamente, non sarò capace di amarmi e temerò castighi per ciò che faccio. Finché io non sarò capace di amarmi, sarà difficile che mi senta amato perché alimenterò tutta una serie di paure che mi impediranno di vivere l’amore.
La mia amabilità dipende dal mio modo di agire? Se mi comporto bene sono amabile e mi amo, altrimenti sono meritevole di tutti i castighi del mondo, partendo da quelli che con pensieri e giudizi mi auto infliggo io stesso?
Oppure la mia amabilità è nata con me? Io sono amato da Dio e di conseguenza sono amabile?
Posso provare a pensarci? Posso provare a farne esperienza? Ho il coraggio di amare le mie fragilità? Di accogliere le mie paure? Di guardarle in faccia? Di dargli un nome? Posso accarezzare le mie paure con l’amore di cui sono capace? Posso prendermene cura? Posso amarmi e lasciarmi amare?
Proviamo a cercare in noi il coraggio che prende con sé la paura di amare. Proviamo a cercare nell’altro quell’ amore gratuito e incondizionato che ci permette di conoscerci nella verità.
Proviamo a cercare in Dio quel legame di amore dal quale tutto nasce, intorno al quale tutto si muove e al quale tutto torna.