Quando la scuola cattolica insegna l’omofobia
Lettera aperta inviataci di Matteo De Franco*
Di recente ho ritrovato, per caso, alcune fotocopie. Risalgono a circa dodici anni fa, quando frequentavo il quinto anno di liceo presso un istituto cattolico (la dicitura “IIILCls” scritta a mano sulla prima facciata in alto a sinistra sta per III Liceo Classico). Questi materiali vennero consegnati a me e alla mia classe con lo scopo di intavolare un confronto sul tema dell’omosessualità durante l’ora di religione.
Leggendoli, si rileva una confusione sconcertante tra ambiti di pertinenza completamente diversi: il documento, tratto da un testo di cui per ora ignoro gli estremi bibliografici [1], mescola falsi assunti afferenti alla psicologia (e quindi tecnicamente scientifici) con questioni dogmatiche proprie della dottrina cristiana.
A pagina 27 si legge: “Sul superamento dell’omosessualità influiscono sia elementi psicologici che etici, come le esperienze particolarmente stravolgenti di una conversione religiosa o altre esperienze positive o negative che danno una svolta totalmente nuova alla vita e al pensiero”.
Qui il problema non è tanto la condanna della Chiesa all’omosessualità bensì la modalità con cui questa presa di posizione è agita. Ciò che è assolutamente inammissibile è la completa ascientificità di alcune asserzioni attribuite alla ricerca medica e psicologica: “Occorre distinguere tra gli omosessuali la cui tendenza, derivando da falsa educazione, da mancanza di evoluzione sessuale normale, da abitudine contratta, da cattivi esempi e da altre cause analoghe, è «transitoria», o almeno non incurabile, e gli omosessuali che sono «definitivamente tali» per una specie di istinto innato o di una costituzione patologica, giudicata incurabile” (p. 28).
È bene ricordare che nell’anno scolastico 2008/2009 erano già trascorsi quasi vent’anni dalla cancellazione dell’omosessualità dall’elenco delle malattie mentali da parte dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), avvenuta il 17 maggio 1990. Che nei materiali didattici destinati a una classe liceale del 2008/2009 ci si imbatta nella persistenza di quell’idea mi pare gravemente problematico.
La posizione che la Chiesa esprime da secoli sull’omosessualità è chiara, granitica e, in fin dei conti, anche formalmente coerente con i suoi dogmi. Mi chiedo quindi: perché non argomentare questa presa di posizione sulla base delle fonti e dei documenti ufficiali che le sono propri? Non mi pare affatto che ne manchino.
Penso, ad esempio, alla tradizionale interpretazione dell’episodio biblico della distruzione di Sodoma (Genesi 19:1-29), alle prescrizioni contenute nel libro veterotestamentario del Levitico (18:22 e 20:13), alla disposizione 228 del Compendio per la dottrina sociale della Chiesa, dove a proposito delle unioni omosessuali si dice espressamente: “È di ostacolo, inoltre, l’assenza dei presupposti per quella complementarità interpersonale che il Creatore ha voluto, tanto sul piano fisico-biologico quanto su quello eminentemente psicologico, tra il maschio e la femmina. È soltanto nell’unione fra due persone sessualmente diverse che può attuarsi il perfezionamento del singolo, in una sintesi di unità e di mutuo completamento psico-fisico”. Un’onestà intellettuale di questo genere sarebbe stata di gran lunga più apprezzabile.
Non entro nel merito della mia condanna personale contro le posizioni ufficiali della dottrina cristiana riguardanti l’omosessualità. Non è questo il punto. Il punto è il metodo con cui l’argomentazione viene condotta in questi materiali didattici. La cosa inaccettabile che mi preme denunciare qui non è solo la pretestuosità del loro contenuto ma soprattutto il far assurgere a fondatezze scientifiche credi dottrinali (omosessualità = peccato = patologia curabile o incurabile).
Il tutto all’interno di un testo fornito a una classe di studenti e studentesse nel luogo preposto all’istruzione e allo sviluppo del senso critico, non al becero indottrinamento. E poco importa se ciò avvenne in un istituto cattolico e quindi religiosamente orientato. Non mi risulta (proprio per esperienza personale) che nelle scuole paritarie il programma di Scienze preveda la sostituzione della teoria del Big Bang con il racconto della Genesi o con una loro avanguardistica commistione.
Di fronte a questi rilievi sorprende che la Chiesa sia (stata) incline a compiere nelle scuole una propaganda scorretta e faziosa di questo tipo e al contempo ostacoli, al giorno d’oggi soprattutto, l’introduzione degli studi di genere (“gender studies” in inglese) negli stessi ambienti educativi, studi condotti con solide metodologie scientifiche e volti al benessere della persona, di certo non al suo annichilimento. In particolare, l’asserire che l’omosessualità sia una patologia da curare (p. 28), in barba, ripeto, alle evidenze scientifiche, lascia intendere la legittimità delle cosiddette “terapie riparative”, che in effetti il Vaticano non ha ancora formalmente condannato.
Diversamente, è del 23 agosto 2013 il comunicato stampa del Consiglio Nazionale dell’Ordine degli Psicologi (CNOP) con il quale si ribadisce con chiarezza che “gli psicologi, secondo il Codice Deontologico, non possono prestarsi ad alcuna ‘terapia riparativa’ dell’orientamento sessuale di una persona”, come dichiarato dall’allora presidente Giuseppe Luigi Palma [2].
Faccio notare en passant che Courage, un apostolato della Chiesa Cattolica approvato dal Pontificio Consiglio per la Famiglia il 7 luglio 1994 [3], sul proprio sito scrive che “offre accompagnamento spirituale alle persone con attrazione per lo stesso sesso ed ai loro cari” [4]. Sarebbe interessante documentare empiricamente le modalità di realizzazione di questo obiettivo.
Inoltre, è indispensabile sottolineare che nel Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali (DSM) a essere rubricata come disturbo psichiatrico (e criminale) non è l’omosessualità bensì la pedofilia, problematica che all’interno del mondo ecclesiastico presenta un’incidenza, com’è noto, non trascurabile (per approfondire: Emiliano Fittipaldi, Lussuria. Peccati, scandali e tradimenti di una Chiesa fatta di uomini, Feltrinelli 2017).
Per concludere, mi preme evidenziare quali siano gli effetti psicologici devastanti e traumatici che questo modo omofobo e reazionario di “educare” innesca da sempre sugli e sulle adolescenti ancora in via di sviluppo psico-fisico: senso di colpa, inadeguatezza, repressione e paura di comunicare ad altri il proprio stato d’animo, fino ad arrivare al suicidio nei casi più estremi.
Ho deciso di scrivere e pubblicare questa riflessione perché le fotocopie in oggetto potessero parlare e non stessero più zitte in una soffitta polverosa. Il mio vuole essere un gesto politico nel senso più nobile del termine, e il fatto che non sia un mero attacco contro il tal istituto lo dimostra la scelta di omettere le informazioni al suo riguardo. È ovvio, inoltre, che un singolo episodio, seppur gravissimo come questo, non può definire la mia intera frequentazione di quell’ambiente. Ridurre tutto a queste fotocopie sarebbe ingiusto.
Tuttavia, rivendico l’urgenza di denunciare la stortura comprovata da questi materiali perché l’ambito che la riguarda è estremamente delicato e ancora molto bistrattato dalla Chiesa in generale. Ambito sul quale, invece, la stessa farebbe bene a condurre una riflessione molto più responsabile soprattutto in virtù del peso tutt’altro che secondario che l’educazione cattolica, piaccia o no, riveste ancora nella società attuale e specialmente in quella italiana.
Illuminante, a questo proposito, è quanto si legge nella prefazione del detonante saggio Ave Mary. E la Chiesa inventò la donna (Einaudi 2011) di Michela Murgia, intellettuale poliedrica e socia onoraria del Coordinamento Teologhe Italiane: “Sono sempre stata convinta che l’educazione cattolica abbia ancora un ruolo fondamentale nel fornire chiavi di lettura al nostro mondo, e anche quando crescendo molti abbandonano le convinzioni di fede o quando non le hanno mai avute, quell’imprinting culturale non viene meno, anzi continua a condizionare il nostro stare insieme da uomini e donne con tanta più efficacia quanto meno viene compreso e criticato. In Italia le persone che ricevono questo tipo di educazione continuano a essere la schiacciante maggioranza, e quelli che non la ricevono comunque la assorbono. Quindi nessuno può considerarne irrilevanti gli effetti o evitare di fare i conti con le sue conseguenze sulla vita di tutti e di tutte.”.
Se ancora nel 2008/2009 l’omosessualità veniva presentata in certi ambienti come una patologia, è molto verisimile che lo stesso si verifichi altrove, perlopiù nell’ombra, anche oggi, specie alla luce del clima omofobo che aleggia in Italia e che è stato documentato con efficacia dal giornalista Simone Alliva nella sua inchiesta Caccia all’omo. Viaggio nel paese dell’omofobia (Fandango Libri, 2020).
A questo proposito, è importante menzionare un episodio salito agli onori della cronaca qualche settimana fa. Il 30 marzo 2021 è stato presentato un esposto al provveditorato di Bergamo contro la scuola paritaria “La Traccia” di Calcinate. Sembrerebbe, infatti, che questo istituto scolastico vicino a Comunione e Liberazione abbia attivato già da diversi anni un percorso di educazione all’affettività durante il quale l’omosessualità viene paragonata alla pedofilia e all’alcolismo [5].
In attesa delle verifiche necessarie da parte delle autorità competenti, il dato certo è che nella stessa scuola a insegnare scienze è il professore Armando Baldissin, autore del libro Educare all’affettività. Corso di educazione sessuale (Itaca 2011) nel quale l’omosessualità è effettivamente presentata come un “dis-orientamento sessuale” insieme con l’autoerotismo, la pedofilia e l’efebofilia, tutti “aspetti accomunati dall’irragionevolezza dell’oggetto desiderato” [6].
Se la Chiesa non cambia, la società civile può e deve agire su altri fronti: abbattere il muro di omertà e vigilare attentamente, in particolare quando c’è in ballo la scuola e la salute mentale delle generazioni più piccole, nonché richiedere a gran voce che il Senato discuta e approvi quanto prima la legge Zan contro l’omolesbobitransfobia, la misoginia e l’abilismo.
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[1] Alcune parti di queste fotocopie ricorrono tali e quali in un file consultabile al link https://doczz.it/doc/856331/14-15 e in calce al quale compare il nome di Antonio Rungi, ultimo direttore della rivista Presenza Missionaria Passionista. Il file in questione, però, sembra trattarsi di una rielaborazione (posteriore?).
[3] Fonte: https://italia.couragerc.org/chi-siamo/approvazione-della-santa-sede/.
[4] Fonte: https://italia.couragerc.org.
[6] Alcune immagini delle pagine di questo libro di testo “per ragazzi dai 13 ai 15 anni” sono state pubblicate da Stefano Ponti sul suo profilo Facebook il giorno 4 marzo 2021, post poi ricondiviso dalla pagina Bergamo Pride: https://www.facebook.com/BergamoPride/posts/2833634286884847/.
* Matteo De Franco, classe 1990. Nato e cresciuto in Piemonte, risiedo in Lombardia. Dopo essermi laureato in Scienze dell’antichità (Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano), attualmente sto frequentando il dottorato di ricerca in Scienze Linguistiche.