I fantasmi di Orlando. Morire a diciotto anni senza un perchè
Articolo di Massimiliano Rambaldi pubblicato sul quotidiano La Stampa del 29 giugno 2021, pag.12
La strada per crescere, e per farsi accettare, è sempre in salita. Orlando ci provava, però. Non nascondeva la sua omosessualità. «Ecco, questo sono io», diceva a chi gli voleva bene, a chi gli stava accanto. Ma non tutti, pare, lo avessero capito.
Qualcuno lo avrebbe messo seriamente in discussione, avrebbe messo in dubbio ciò che lui diceva. Come, in che modo? Mistero. Anche chi conosceva bene Orlando avrebbe raccontato agli inquirenti che il coming out dell’apprendista barista non era stato compreso da tutti. Qualcuno vicino a lui l’avrebbe messo in discussione. E questa è la ragione per cui si sarebbe sentito respinto, se non addirittura abbandonato.
Ruotano tutte su questi pochi elementi le indagini per capire cos’è davvero accaduto. «Istigazione al suicidio», invece, è il titolo del fascicolo aperto dalla Procura, che intende chiarire se c’era qualcuno che voleva male a Orlando. E per quale ragione? C’entra davvero soltanto la sua omosessualità oppure il suicidio deriva anche da altro? Tutte domande a cui gli investigatori cercheranno di dare risposte.
Per il momento, comunque, ripetesi del bullismo non trova alcun fondamento investigativo. Ma i suoi amici continuano a non escludere questa parte oscura. Lo hanno scritto anche sulla panchina arcobaleno che gli hanno dedicato nel giardinetto di corso Maroncelli, di fronte al ponte dove Orlando ha deciso di farla finita: «Il bullismo omofobo, nemico dell’omosessualità ma anche della gentilezza, del rispetto, della socievolezza».
Quel tratto di Torino è diventato da qualche giorno un inno al rispetto e all’accettazione Lgbt. «Senza più giudizi», recita un messaggio avvolto ad un mazzo di fiori portato su quel ponte. Perché comunque, Orlando aveva qualche mostro che lo dilaniava. Non aveva mai voluto dire con esattezza chi fosse, ma non nascondeva il suo disagio. Al fratello e al padre aveva confessato di avere timori, di non essere tranquillo come un ragazzo di 18 anni dovrebbe essere.
Gli amici fanno capolino su quel ponte: lasciano messaggi, fiori, lumini. E continuano a ricordarlo anche su internet, sul suo profilo Instagram. Cercano in questo modo di difenderlo da chi tenta di dare una spiegazione ad un gesto che nessuno sa con certezza da cosa sia nato.
Proprio sui social si concentrano gli accertamenti della polizia ferroviaria, coordinati dal pubblico ministero Antonella Barbera. Gli inquirenti stanno analizzando le conversazioni di Whatsapp, i post e le chat su Instagram. E più che una caccia è un puzzle, difficile da ricomporre. E forse una frase sbagliata, o anche violenta, uno sfottò è diventato un macigno. Tropo difficile da sopportare per un ragazzo della sua età.
“Il problema delle menti chiuse è che hanno la bocca aperta” (Orlando Merenda)