Il fuoco di Alfredo. Morte di un gay cattolico
Testo pubblicato dall’account Twitter @JohannesBuckler il 30 giugno 2021
Che ci faccio nei pressi del colonnato di Piazza San Pietro? Ci sono arrivato grazie alle centomila lire che mi ha prestato un affittacamere di Palermo. Certo che ho avvisato mamma quando sono partito per Roma. E’ mattino presto, in questo 13 gennaio 1998. Quanti ricordi amari.
Mi chiamo Alfredo (Ormando)* e sono nato a San Cataldo il 15 dicembre 1958. Nato in una famiglia operaia e contadina di modeste condizioni. Tra sorelle e fratelli eravamo in sette. I miei genitori analfabeti. Poveri, e per questo con possibilità di studio limitate.
Non ho mai potuto seguire studi regolari. Ho preso la licenza media a vent’anni e la maturità magistrale tardissimo, a trentacinque anni. Con quel mio sogno sempre nel cassetto. Diventare scrittore. Ho 39 anni, iscritto all’Università di Palermo in Lettere. Fuori corso.
Mi manca solo un esame per la laurea. Però vi garantisco che questo non è “il” problema. Avrei voluto studiare e lavorare allo stesso tempo, ma nessuno mi ha mai offerto un lavoro. Le case editrici si sono rifiutate di pubblicare i miei romanzi, le mie fiabe, i miei racconti.
Ma nemmeno questo è “il” problema. Che vi devo dire.
“Chiedo scusa per essere venuto al mondo, per aver appestato l’aria che voi respirate con il mio venefico respiro, per aver osato di pensare e di agire da uomo”.
Il Natale scorso ho scritto al mio amico Adriano.
“Caro Adriano, quest’anno non sento più il Natale, mi è indifferente come tutte le cose; non c’è nulla che riesca a richiamarmi alla vita. I miei preparativi procedono inesorabilmente; sento che questo è il mio destino, l’ho sempre saputo e mai accettato”.
“Non sono riuscito a sottrarmi a quest’idea, sento che non posso evitarlo, tantomeno far finta di vivere e progettare un futuro che non avrò; il mio futuro non sarà altro che la prosecuzione del presente”.
In fondo non mi hanno mai accettato per quello che sono. Non la famiglia, non la società in cui sono vissuto. Mi ero trasferito persino in un seminario francescano per trovare un po’ di comprensione. Niente nemmeno lì. Me ne sono andato dopo due anni.
Sono le 7.20 del 13 gennaio 1998. Ormai è fatta. Sento qualcuno che urla. Una donna, forse la custode dei bagni. “Accorrete, sta bruciando un cristiano”.
Che ci fanno due poliziotti dell’Ispettorato Vaticano sopra di me. A che serve questo giaccone.
Una sirena. Questo odore. Le urla. “Al Sant’Eugenio, al Sant’Eugenio”. Sento che sto per perdere conoscenza.
“Non sono neanche riuscito a uccidermi. Non sono neanche riuscito a uccidermi”. Furono le ultime parole di Alfredo prima di perdere conoscenza.
Era arrivato a Roma con l’autobus. Un lungo viaggio. Poi era passato dal distributore di Via delle Fornaci con una tanica per acquistare tre litri e mezzo di benzina. E aveva messo la tanica in una borsa nera.
Attraversato il colonnato aveva raggiunto la scalinata della Basilica di San Pietro, si era tolto il giaccone, si era cosparso di benzina e poi…il fuoco. E lui cosciente, almeno nei primi attimi.
Alfredo Ormando morirà il 22 gennaio per arresto cardiocircolatorio, dopo dieci giorni di atroci sofferenze, nell’ospedale romano Sant’Eugenio, dove era stato ricoverato in fin di vita. Intubato e sotto morfina. Devastato, con il novanta per cento di ustioni sul corpo.
Il Comune di Roma pagò tutte le spese per il ritorno della salma a Palermo. L’Università gli condonò l’ultimo esame, quello di latino, assegnandogli la laurea alla memoria. L’anno successivo, il 13 gennaio 1999, qualcuno pensò di portare dei fiori in quel luogo.
Ma gli venne impedito. Quel giorno, nel punto dove Alfredo si era dato fuoco, c’erano transenne e polizia a impedire quel piccolo gesto. La luce di quel rogo venne ben presto spenta e dimenticata da tutti.
Alfredo aveva un sogno, diventare scrittore. E un solo desiderio. Non sentirsi escluso dalla famiglia, dalla società, cercando di riconciliare fede e sessualità. Ma la sua era stata una vita di emarginazione e di una profonda e sconfinata solitudine. Tra mille tormenti.
Lo ripeto.
“Chiedo scusa per essere venuto al mondo, per non aver accettato una diversità che non sentivo, per aver considerato l’ omosessualità una sessualità naturale, per aver ambito a diventare uno scrittore, per aver sognato, per aver riso”.
“Il mostro se ne va per non recarvi più offesa, per non farvi più vergognare con la sua ignobile presenza, per non farvi schifare e voltare le spalle quando lo incontrate per strada”.
* Alfredo Ormando, poeta e scrittore italiano, è nato in Sicilia a San Cataldo il 15 dicembre 1958 ed è morto a Roma il 22 gennaio 1998 dopo essersi dato fuoco per protesta in Piazza San Pietro. Scriveva in una lettera di saluto ad un amico: «Spero che capiranno il messaggio che voglio dare: è una forma di protesta contro la Chiesa che demonizza l’omosessualità, demonizzando nel contempo la natura, perché l’omosessualità è sua figlia.»
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