Grazie Raffaella Carrà. L’ombelico che cambiò l’Italia
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Riflessioni inviateci da Ico Inanc
Raffaella Carrà esordì giovanissima al cinema nel 1952 ad otto anni, mentre la sua prima trasmissione fu “Raffaella col microfono a tracolla” nel 1962 in radio. Ancora sconosciuta lavorò a fianco di leggende internazionali come Monicelli, Sinatra, Sciascia, Modugno e tanti altri.
Il debutto televisivo avvenne nel 1962, ma la vera consacrazione fu nel 1970 con Canzonissima. La televisione era in bianco e nero, ma Raffaella riverberava già a colori. Il feeling fra il piccolo schermo, il pubblico e lei fu un crescendo, così come il suo personaggio.
Raffaella trasmetteva un misto erotico-familiare che accontentava una platea vastissima: piaceva alle donne perché rappresentava la donna moderna, ma non arrivista o eterea come Mina; piaceva agli uomini per la sua sensualità, ma soprattutto piaceva ai gay. All’epoca erano chiamati pederasti, non avevano visibilità e venivano scherniti e messi all’indice. Raffaella invece li frequentava, senza turbamento alcuno.
Raffaella amava danzare, ma la censura imperante la costrinse a coprirsi le gambe con spesse calze di nylon; alle sorelle Kessler un decennio prima andò peggio, furono censurate dal direttore RAI Bernabei. Le gambe delle gemelle teutoniche furono velate da pesanti calze nere di lana.
Ma il ‘68 era dietro l’angolo e Raffaela cavalcò sommessamente l’onda e rivoluzionò il costume, sempre con garbo, simpatia e con il suo sorriso solare.
Annichilì la censura catto-reazionaria nel 1970 ballando desnuda – così la CEI la descrisse – con l’ombelico scoperto nel celebre Tuca Tuca. Scelse un partner d’eccezione: l’Albertone nazionale il quale capì la storicità del momento e fece da gregario.
La Chiesa tuonò per settimane dai pulpiti d’Italia contro il degrado nella morale in cui versava ma l’Italia post ‘68 era cambiata e la Carrà, senza battaglie e rivendicazioni sdoganò la sensualità femminile.
Il suo successo non venne mai offuscato, così come le sue battaglie per i più deboli: donne, bambini ed omosessuali. Raffaela Carrà fu sinonimo di uguaglianza, emancipazione, laicità, senza mai farne una questione politica.
La Carrà fu la prima donna a guadagnare quanto un uomo; fu il primo presentatore italiano a condurre un talk show all’estero, a New York; trasmettendo in diretta via satellite in Canada, Stati Uniti, Brasile, Argentina, Venezuela, Libia, Spagna, Malta, Turchia, Russia ed Italia (battendo all’auditel ogni puntata di Mike Bongiorno su Canale 5); fu la prima donna a condurre Sanremo (cenacolo del misogenismo italico); creò la fascia d’intrattenimento del mezzogiorno focalizzando il paese su in barattolo di fagioli (!); inventò un neologismo ‘Carràmbata’; fu madrina del World Pride e tanto altro ancora.
Fu mecenate per tanti artisti, filantropa per migliaia di bambini, senza mai essere sotto i riflettori.
L’Italia ha perso una figlia importante, un’icona di libertà che per sei decenni ha accompagnato generazioni d’italiani. L’Italia, maschilista, non le diede mai un’onorificenza; mentre la Spagna gliene conferì diverse e per ultima quello di Dama del Merito dell’Ordine Civile.
Grazie Raffaella