La psicologia delle teorie complottiste: perché le persone ci credono?
Articolo pubblicato sul sito Psychcentral.com, liberamente tradotto da Formazione continua in psicologia, 27 marzo 2021
Le teorie complottiste sono antiche come il mondo, ma solo negli ultimi anni gli psicologi hanno iniziato a dipanare le credenze di alcune persone a riguardo. Stando al ricercatore Goertzel (1994) le teorie complottiste sono spiegazioni che fanno riferimento a gruppi segreti che lavorano nell’ombra per raggiungere obiettivi sinistri.
L’uccisione del presidente Kennedy, una sparatoria di massa a Las Vegas che ha coinvolto un apparentemente normale adulto bianco, o l’attentato a Charlie Hebdo. Nessuno di questi eventi è rimasto fuori dalle teorie complottiste. Ma cosa porta le persone a credere in queste spiegazioni “fuori dal comune”?
La psicologia dietro le teorie complottiste
I ricercatori hanno lavorato duramente nell’esaminare perché una parte minoritaria della popolazione crede e diffonde teorie complottiste.
Il gruppo di Lantian (2017) ha riassunto le caratteristiche associate alle persone che tendono a credere nelle teorie complottiste:
“… tratti della personalità come apertura all’esperienza, sfiducia, scarsa amicalità e machiavellismo sono spesso associati alla credenze complottiste. La scarsa amicalità si riferisce all’amicalità come tratto, che gli psicologi definiscono come il grado di affidabilità dell’individuo, la gentilezza e la cooperazione.
Alcune persone con una bassa amicalità sono individui che non sono molto affidabili, gentili o cooperativi. Il machiavellismo si riferisce al tratto della personalità per cui una persona è ‘concentrata sui propri interessi e manipola, raggira e sfrutta gli altri per ottenere quello che vuole’.”
Lantian (2017) continua: “In termini di processi cognitivi, le persone con maggiori credenze complottiste sono più propense a sovrastimare la possibilità di eventi coincidenti, attribuire connessioni intenzionalmente laddove sono improbabili e avere un livello più basso di pensiero
analitico. Niente di tutto ciò è sorprendente, perché una volta che avete iniziato ad analizzare una situazione con fatti dimostrabili, solitamente emerge la teoria complottista nelle sue parti, nessuna delle quali ha senso singolarmente.”
Un esempio
Per esempio, prendiamo la teoria dei due attentatori nel massacro di Las Vegas del 2017, la più grande sparatoria di massa nella storia americana. La teoria – sostenuta da migliaia di persone nel mondo – si basa sulla “prova” di due video sgranati e difficili da sentire di un testimone.
Questi video suggeriscono che in qualche modo un secondo cecchino è stato in grado di sparare dal quarto piano del Mandalay Bay Hotel, nonostante non ci fossero finestre rotte al quarto piano e la polizia, che stava perquisendo l’edificio piano per piano, non ha sentito colpi. (I cospirazionisti non hanno compreso apparentemente che le finestre del Mandalay Bay Hotel non si aprono, così come quasi tutti gli hotel di Las Vegas. Quindi senza finestre rotte, nessuno poteva sparare dal quarto piano. E i dipartimenti di polizia indipendenti, così come i singoli poliziotti e i primi soccorsi, sono diventati parte del complotto governativo.)
Qual è lo scopo di un secondo cecchino? Provare che l’intera narrazione ufficiale è falsa, così come il secondo cecchino sottolinea una qualche trama di un nuovo ordine mondiale il cui intento è prendere il controllo del governo e della società. O qualcosa di simile.
Il motivo di un secondo sparatore richiede una sospensione della propria fiducia nella realtà e nel semplice pensiero critico. Senza prove, i cospirazionisti hanno bisogno di inventarsi un motivo per un secondo sparatore per far coincidere la loro realtà. Ma quando una persona inventa una storia dal nulla, potete vedere come ci sia pochissimo pensiero critico.
Le teorie complottiste fanno sentire le persone speciali
La ricerca del gruppo di Lantian (2017) ha esaminato il ruolo dei bisogni di una persona di unicità e il credere al complottismo, e ha scoperto una correlazione. Sostiene che le persone che hanno un forte bisogno di sentirsi uniche sono più propense di altre a sostenere teorie complottiste, perché il complottismo significa possedere informazioni potenzialmente rare e non convenzionali. Inoltre, le teorie complottiste si basano su narrazioni che fanno riferimento a conoscenze segrete, o informazioni che per definizione non sono accessibili a chiunque, altrimenti non sarebbero segrete e sarebbero dei fatti noti.
Le persone che credono nel complottismo possono sentirsi “speciali” in senso positivo perché possono sentirsi più informate degli altri su eventi sociali e politici importanti.
Le scoperte del gruppo di Lantian possono, inoltre, essere connesse alla recente ricerca che dimostra che il narcisismo individuale, o un’idea grandiosa dell’Io, è correlata al credere nelle teorie complottiste.
Il presente lavoro suggerisce, tuttavia, che il bisogno di unicità può essere un’ulteriore mediatore in questa relazione. Infatti, è stato dimostrato che il narcisismo è correlato con il bisogno di unicità (Emmons, 1984), e che il bisogno di unicità è correlato alle credenze complottiste.
Le persone che credono nelle teorie complottiste sono più probabilmente alienate e socialmente isolate
Anche il gruppo di Moulding (2016) attraverso due studi ha scavato nelle caratteristiche delle persone che credono nelle teorie complottiste.
È stato notato che le persone che sostengono le teorie complottiste sono più probabilmente impotenti, isolate socialmente e con alti livelli di anomia, che comunemente è definita come il mancato coinvolgimento dell’individuo nelle norme sociali. Tale distacco dall’ordine sociale normativo può risultare in un maggiore pensiero cospirazionista, per svariati motivi. Prima di tutto, gli individui che si sentono alienati possono di conseguenza rifiutare le spiegazioni convenzionali degli eventi, così come rifiutano la legittimità delle fonti di queste spiegazioni. Per questo le persone si sentono alienate dai loro simili, e possono anche creare dei gruppi cospirazionisti per avere un senso di appartenenza alla comunità, oppure possono appartenere a sottoculture marginali, in cui le teorie complottistiche sono potenzialmente più diffuse.
Le persone che si sentono impotenti possono anche sostenere le teorie complottiste in quanto aiutano ad evitare la vergogna per la loro situazione delicata. In questo senso, il complottismo dà un senso di significato, sicurezza e controllo su un mondo imprevedibile e pericoloso. Infine, e molto semplicemente, le teorie complottiste, che implicano un livello di machiavellismo e potere da parte di chi non ha una morale fissa, hanno più probabilità di avere un senso per chi si sente impotente e crede che la società non abbia delle regole valide.
Variabili individuali correlate al complottismo
Internet ha amplificato la capacità di persone simili di riunirsi, condividere ed espandere le loro teorie complottiste. C’è voluta solo un’ora dal massacro di Las Vegas per creare un gruppo cospirazionista su Facebook con più di 5.000 utenti.
Nel suo studio, il gruppo di Moulding (2016) ha scoperto, in linea con le sue ipotesi, che “sostenere una teoria complottista si correla da moderatamente a fortemente con le variabili correlate all’alienazione, all’impotenza, all’assenza di norme e al distacco dalle regole sociali”.
La ricerca di van Prooijen (2016) ha scoperto che anche l’instabilità dell’autostima come conseguenza dell’incertezza del Sé è una caratteristica associata a una maggiore possibilità di credere nel complottismo. Le persone che non si sentono di appartenere a un gruppo – un tratto a cui gli psicologi si riferiscono come belongingness – sono più propense a credere nelle teorie complottiste.
Le teorie complottiste sono sostenute dalle persone, non dai fatti
Non si può dibattere con una persona che crede nelle teorie complottiste, perché le loro credenze non sono razionali, ma sono spesso credenze basate sulla paura o sulla paranoia; quando vengono confrontate con prove fattuali che le contrariano, liquideranno sia la prova che il messaggero che la porta. (Le “fake news”, diranno, nonostante la replica possa essere un argomento razionale, maturo e coerente). Questo perché le teorie complottiste sono portate avanti da persone che le credono e le diffondono insieme ai loro costrutti psicologici, non su basi fattuali o logiche per ragionare sulla teoria.
Le teorie complottiste non spariranno finché le persone continueranno ad avere bisogno di crederci. Continueranno a diffondersi. I siti internet e i social come Facebook hanno semplicemente reso più facile la diffusione di queste teorie.
Non sprecate fiato discutendo con le persone che ci credono, perché nessuna prova scientifica li dissuaderà dalle loro false credenze.