L’omofobia nelle principali religioni
Articolo tratto dal sito “C’est comme ça” (Francia), liberamente tradotto da Adriano
Le religioni hanno, in generale, una visione negativa dell’omosessualità. La condannano, come tutte le pratiche sessuali che non ritengono come scopo il dare alla luce un bambino all’interno di un preciso ambito matrimoniale.
Per le religioni meno severe in materia (alcune forme di Buddismo, ad esempio), viene limitata alla condanna di un comportamento contrario alla ricerca spirituale. Però il rifiuto di certi atti – qualificati oggi come omosessuali – è stato, per secoli, un principio che accomuna l’ebraismo, le diverse chiese cristiane e l’islamismo, con ripercussioni variabili per le epoche, gli ambienti e le società.
Un po’ di storia
L’ebraismo, fin dall’antichità ostile alle relazioni tra uomini, ha trasformato gradualmente le pene severe (lapidazione) in misure d’allontanamento o di esclusione dalla comunità (ben prima dell’era cristiana). L’ebraismo, minoranza religiosa e dominata che non aveva potere politico, per lungo tempo ha mantenuto una forte ostilità verso le relazioni tra le persone dello stesso sesso, senza però farne una questione di grande importanza.
E’ l’Europa cristiana della fine del Medioevo (XIII – XIV secolo) che trasformò la condanna spirituale in persecuzione e che inventò la figura del “sodomita”. Durante l’Inquisizione (XV – XVII secolo), l’accusa di “peccare contro natura” diede luogo a processi accompagnati da torture che terminavano spesso con la morte dei condannati. Le procedure erano però infrequenti: i soggetti protetti dai poteri politici e religiosi non furono mai seriamente preoccupati. A partire dal XIX secolo, la condanna ha preso una piega meno brutale, ma ancora molto severa. Inoltre, nuove voci (medici, psicologi, moralisti) hanno introdotto diverse concezioni di omosessualità, intaccando il monopolio di giudizio della Chiesa sull’argomento.
L’evoluzione recente in seno al cristianesimo pone oggi una differenza tra la persona (Il “peccatore”) alla quale viene accordata la compassione – a condizione che questa si astenga dai rapporti sessuali “contro natura” o “disordinati – e l’atto che è ancora malvisto, o addirittura condannato (come peccato); in particolare nel cattolicesimo, nell’ortodossia e in alcune forme del protestantesimo.
Nei paesi musulmani, l’applicazione della Sharia (una raccolta di tradizioni particolarmente rigorose, posteriori al Corano) si è evoluta rispetto alle epoche e alle società. In materia di omosessualità, la Sharia sostiene la pena di morte per le relazioni intime tra uomini.
Meno applicata fino al XIX secolo e alla nascita del fondamentalismo* sunnita (o wahhabismo), questa ha vissuto un rinnovamento: si è imposta soprattutto da qualche decennio. E’ molto invocata nell’Iran sciita, in alcuni paesi del Golfo Persico (sunnita) e in qualche paese dell’Africa (Sudan, Nigeria), che associano l’omosessualità alla perversione occidentale. Ciò sta giustificando in questi paesi una forte intolleranza verso le persone LGBT.
Su quali basi pretende di fondarsi questa omofobia?
La condanna religiosa di quella che noi oggi definiamo “omosessualità” è fondata su alcuni passaggi, tutto sommato molto pochi e molto brevi, di alcuni testi sacri: una condanna dei rapporti tra uomini nel Levitico (Antico Testamento), la citazione di donne e di uomini impegnati in “rapporti contro natura” denunciati dall’apostolo Paolo in due epistole (lettere) del Nuovo Testamento, i divieti del Levitico vicini ad alcune sure del Corano.
Queste citazioni molto brevi sono state successivamente sviluppate da interpretazioni posteriori, e quindi potrebbero aver incontrato una tradizione molto repressiva (nella Persia pre-Islamica per esempio, di cui l’Iran oggi è di fatto l’erede). Ma queste tradizioni hanno preso un senso punitivo da passaggi di libri sacri che avremmo potuto leggere in chiave diversa, anche se solo tramite altri passi dei testi stessi.
Del resto è l’insieme delle pratiche sessuali al di fuori della relazione coniugale quelle che vengono represse dalle religioni – relazioni exraconiugali, adulterio, a volte la masturbazione: per le principali correnti religiose, la sessualità non è una pulsione libera, deve essere strettamente inquadrata e controllata.
Conciliare l’omosessualità e la fede, è possibile
Molti atti punibili con la morte, nel Vecchio Testamento (insultare i propri genitori, praticare la divinazione, aver rapporti sessuali con le mogli del proprio padre…), sono stati successivamente ritirati dalla lista dei comportamenti vietati, mentre la condanna di relazioni tra gli uomini è rimasta. Nei Vangeli, se l’adulterio e il divorzio sono significativi, non si fa menzione di quello che noi chiamiamo «omosessualità». Inoltre le prescrizioni e le tesi che appaiono nelle Epistole di Paolo non hanno cessato di essere dibattute dalle molteplici tradizioni cristiane: si possono interpretare in diversi modi.
Gli omosessuali e altri credenti, spesso al di fuori delle loro autorità religiose, offrono da diversi anni una nuova lettura dei testi sacri e delle tradizioni, per dimostrare che è possible conciliare la propria fede e il proprio orientamento sessuale. Oggi, alcune chiese protestanti o gruppi di credenti in altre religioni accettano al loro interno le persone LGBT, e lottano per una importante evoluzione nella percezione della sessualità da parte della religione.
Per le tre principali religioni della nostra cultura, alcune associazioni (in Francia) possono aiutare a rispondere ad interrogativi che si pongono le persone LGBT e aiutarli a vivere più serenamente questa vicinanza tra il loro credo e il loro orientamento sessuale (o il loro orientamento trans) : David et Jonathan per i cristiani (http://www.davidetjonathan.com), HM2F – Homosexuels et Musulmans de France per i mussulmani (http://www.homosexuels-musulmans.org), Beit Haverim per gli ebrei (http://www.beit-haverim.com).
Testo Originale: L’homophobie dans les religions