Fuori dagli schemi. Il calcio, la vita e l’amore
Dialogo di Katya Parente con Carolina Morace
L’ospite di oggi è una donna forte e fiera che ha fatto della sua passione il suo lavoro, che ha raggiunto importantissimi traguardi sportivi. È Carolina Morace, la portabandiera del calcio femminile italiano e autrice dell’autobiografia “Fuori dagli schemi. Il calcio, la vita, l’amore” (editrice Piemme, 2020, 144 pagine).
Come mai hai scritto questo libro?
Perché ho deciso che dal momento che vivevo una storia bella, importante e gratificante era assurdo nasconderla e fare la parte della sfigata che sta da sola.
Hai detto “Mi sono nascosta e non mi nascondo più”. Sei sempre stata discreta nella tua vita privata. Cosa ti ha spinto ad aprirti? E che ruolo ha avuto Nicola in tutto questo?
Mi sono resa conto che non c’era motivo di tenersi nascosta, che era sbagliato. È una questione di rispetto verso la mia storia, tra l’altro avendo vissuto anche in Australia e in Canada, dove di certo le persone non si nascondono.
A tal proposito, nel libro dici “nonostante il mio inglese stentato”: avete avuto delle difficoltà, almeno all’inizio del rapporto, per questo?
No, mai.
Mi è piaciuto molto quando dici che “il calcio è uno sport che non cambia l’orientamento sessuale o influisce sul grado di sensibilità” e io ti domando: perché alcuni Paesi come i già citati Canada e Australia l’hanno capito e altri no?
Ma perché è una questione di diritti civili. È una questione di focalizzare di più i diritti civili che altro. Il nostro è un Paese ancora retrogrado, il nostro è un Paese che ancora esprime tanti giudizi. All’estero non è più così, soprattutto per i diritti civili. E noi su questo siamo un po’ indietro.
Secondo te c’entra la vicinanza al Vaticano?
No, perché secondo me la Spagna era un Paese un pochino più bigotto rispetto al nostro.
Tornando al tuo libro, che riscontro hai avuto?
Assolutamente positivo: chiunque ha letto il libro, anche madri di persone etero, mi hanno detto che è un libro di bellissima sensibilità, un libro elegante.
Non possiamo che concordare con la nostra graditissima ospite, che accanto a nomi di atlete (che, nel caso siate un po’ a digiuno sull’argomento, potrete cercare su Wikipedia e farvi una piccola cultura in merito come ha fatto mia moglie) cita anche personaggi del calibro di Virginia Woolf.
Questo per rimarcare come gli stereotipi, tanto sul mondo del calcio quanto sulle donne che lo praticano, siano duri a morire: chi crede ancora che sia un campo ad esclusivo appannaggio di ragazzoni rudi e muscolosi o poco adatto ad una declinazione al femminile dovrà decisamente ricredersi.