«Confesso: ero un prete omofobo Adesso guardo alla vita reale»
Testimonianza di don Gabriele Davalli, responsabile dell’ufficio famiglia della diocesi di Bologna, raccolta da Luciano Moia e pubblicata sul quotidiano Avvenire il 22 settembre 2021, p.16
«Ero un prete profondamente omofobo, nutrito da tanti luoghi comuni, quelli che sentiamo in giro a proposito delle persone omosessuali. Ero regolato da tanta teologia e tanta normatività. Tutto questo mi impediva di vedere la vita reale di queste persone». La rivelazione durante il Corso di formazione per accompagnatori pastorali di persone e gruppi omosessuali che si è svolto nei giorni scorsi a Bologna. Tra gli altri, è intervenuto don Gabriele Davalli, direttore dell’Ufficio famiglia della diocesi di Bologna e responsabile della pastorale con le persone lgbt.
«Ricordo che ai primi incontri facevo fatica a stare con loro, facevo ‘ministero’ non vita in comune. Ma con il passare dei giorni – ha detto ancora – ho imparato a mettere al primo posto la vita reale, non gli schemi». Il problema che si pone è sempre la stesso. «Con il gruppo dei cristiani gay, abbiamo cercato di rispondere a questa domanda: come mettere insieme il mio essere omosessuale e il Vangelo? Se il Vangelo è davvero la sostanza dell’incontro, la vita entra nel Vangelo e dà senso anche a questo cammino».
A parere di don Davalli la pastorale per le persone lgbt dev’essere regolarmente inserita nella pastorale familiare. Lo spiega con chiarezza il n.250 di Amoris laetitia: rispetto e disponibilità nell’offrire a tutti gli strumenti per capire la propria strada. A Bologna la pastorale lgbt è concentrata in un gruppo chiamato ‘In cammino’ che esiste fin dagli anni Settanta «Anche arcivescovi come Biffi e Caffarra – ha ricordato Davalli – pur non promuovendo questa pastorale, anche permesso che alcuni sacerdoti diocesani vi s’impegnassero.
Ora posso dire che l’incontro con la pastorale lgbt è un dono della provvidenza. Pensavo fossero persone da sopportare a cui dire: vediamo di superare questa disavventura che vi è capitata. Ora ho capito che la pastorale deve mettere tutti sullo stesso piano, al di là degli orientamenti sessuali, perché tutti hanno un carisma». Dal 2018 a Bologna gruppi familiari e persone omosessuali camminano insieme. «Abbiamo cercato di costruire un programma comune capace di mettere insieme le diversità come ricchezza dello stesso poliedro».
A Torino invece una pastorale diocesana per le persone omosessuale esiste dal 2006. Ne ha parlato il responsabile don Gianluca Carrega spiegando che in vent’anni si sono attraversate autentiche ere geologiche, dal primo manuale di pastorale per persone omosessuali realizzato don Walter Danna, oggi vicario episcopale, al tavolo ‘fede e omosessualità’ convocato per ragionare sul tema dal versante religioso e sociopolitico.
La differenza con altre proposte pastorali? «Qui le persone vengono a cercarti, chiedono di essere accompagnate, chiedono percorsi di formazione». E crescono i rapporti con associazioni e movimenti ecclesiali. Don Carrega ha ricordato la collaborazione con Scout, Focolari, Ac, Equipe Notre Dame. Obiettivi per l’immediato? «Lotta all’emarginazione e alla ghettizzazione pastorale. Uscire dalla pastorale di nicchia per trasformare questa proposta – ha spiegato il responsabile diocesano che è anche docente di teologia biblica – in pastorale ordinaria per persone ordinarie» .