Il Papa: la teoria gender mette a rischio la dignità dei figli
Articolo di Andrea Tornielli del 21 dicembre 2012 tratto da lastampa.it
Città del Vaticano. A pochi giorni dalla diffusione del messaggio per la Giornata della Pace, nel quale aveva definito «ferite alla pace» la negazione di alcuni principi riguardanti la vita umana e la famiglia fondata sul matrimonio tra un uomo e una donna, Benedetto XVI è tornato a parlare della crisi della famiglia e della «filosofia della sessualità gender». E nel tradizionale discorso degli auguri alla Curia romana, ha chiesto alla politica di difendere i «valori non negoziabili».
Mostrando così, inequivocabilmente, che questi temi sono priorità del suo pontificato e che i media, quando lo segnalano, non travisano il suo pensiero.
Tracciando un bilancio dell’anno appena trascorso, dopo aver ricordato i viaggi in Messico e Cuba, Papa Ratzinger ha ricordato l’incontro delle famiglie a Milano, affermando che «la famiglia è forte e viva anche oggi», ma «è incontestabile» che la crisi «la minacci fino alle basi» soprattutto in occidente.
Per Benedetto XVI la questione della famiglia riguarda l’uomo stesso, «la questione di che cosa sia l’uomo e di che cosa occorra fare per essere uomini in modo giusto». Il Papa, di fronte al diminuire dei matrimoni, ha citato «il rifiuto del legame umano, che si diffonde sempre più a causa di un’errata comprensione della libertà e dell’autorealizzazione», lasciando l’uomo «chiuso in se stesso».
Solo nel «dono di sé», aprendosi all’altro, ai figli e alla famiglia l’uomo invece «scopre l’ampiezza dell’essere persona umana». Se si rifiuta questo legame, ha aggiunto il Pontefice, «scompaio anche le figure fondamentali dell’esistenza umana, il padre, la madre, il figlio».
Criticando la teoria del “gender”, Benedetto XVI ha fatto proprio il giudizio del Gran Rabbino di Francia Gilles Bernheim, il quale «ha mostrato che l’attentato, al quale oggi ci troviamo esposti, all’autentica forma della famiglia, costituita da padre, madre e figlio, giunge a una dimensione ancora più profonda».
Fino ad oggi la crisi della famiglia era causata dal «fraintendimento» sulla libertà, ora invece è in gioco «ciò che in realtà significa essere uomini». Il rabbino ricordava la famosa affermazione di Simone de Beauvoir: «Donna non si nasce, lo si diventa». In queste parole, spiega il Papa, «è dato il fondamento di ciò che oggi, sotto il lemma “gender”, viene presentato come nuova filosofia della sessualità.
Il sesso, secondo tale filosofia, non è più un dato originario della natura che l’uomo deve accettare e riempire personalmente di senso, bensì un ruolo sociale del quale si decide autonomamente, mentre finora era la società a decidervi. La profonda erroneità di questa teoria e della rivoluzione antropologica in essa soggiacente è evidente».
Secondo questa nuova teoria della sessualità, «l’uomo contesta di avere una natura precostituita dalla sua corporeità», nega «la propria natura e decide che essa non gli è data come fatto precostituito, ma che è lui stesso a crearsela». Benedetto XVI ribadisce invece che «appartiene all’essenza della creatura umana di essere stata creata da Dio come maschio e come femmina», anche se ora si ritiene che l’essere maschio e femmina sia stato determinato dalla società «e adesso siamo noi stessi a decidere su questo».
Se non esiste più la dualità di maschio e di femmina, ha spiegato il Pontefice, «allora non esiste più la famiglia come realtà prestabilita dalla creazione. Ma in tal caso anche la prole ha perso il luogo che finora le spettava e la particolare dignità che le è propria» e diventa «necessariamente un oggetto a cui si ha diritto e che, come oggetto di un diritto, ci si può procurare». «Nella lotta per la famiglia – ha detto il Papa – è in gioco l’uomo stesso. E si rende evidente che là dove Dio viene negato, si dissolve anche la dignità dell’uomo. Chi difende Dio, difende l’uomo».
Il secondo tema affrontato da Benedetto XVI è stato quello del dialogo, spiegando che la Chiesa, ha deve essere presente nel «dialogo con gli Stati, con la società – in esso incluso il dialogo con le culture e con la scienza» come pure in quello con le religioni. La Chiesa «rappresenta la memoria dell’essere uomini di fronte a una civiltà dell’oblio, che ormai conosce soltanto se stessa e il proprio criterio».
E nel dialogo con lo Stato e con la società la Chiesa «non ha soluzioni pronte per le singole questioni» ma «insieme con le altre forze sociali » lotta «per le risposte che maggiormente corrispondano alla giusta misura dell’essere umano». E sui «valori fondamentali, costitutivi e non negoziabili dell’esistenza umana», deve fare «tutto il possibile per creare una convinzione che poi possa tradursi in azione politica».
Per quanto riguarda il dialogo con le religioni, il Papa afferma che esso è «condizione necessaria per la pace nel mondo» ed è dunque «un dovere per i cristiani». Sarà innanzi tutto «un dialogo della vita» e della «condivisione pratica» nel quale non si parlerà dei «grandi temi della fede», ma dei «problemi concreti della convivenza e della responsabilità comune per la società, lo Stato, per l’umanità». Avendo come criterio di fondo la responsabilità comune per la giustizia e la pace.
Infine il Papa ha definito «giuste», ma formulate «troppo superficialmente» le regole secondo cui il dialogo non deve mirare alla conversione perché entrambe le parti in dialogo restano «consapevolmente della loro identità». Sì, ha detto, il dialogo non mira alla conversione, «ma a una migliore comprensione», però «vuole sempre essere anche un avvicinamento alla verità». E «sarebbe troppo poco «se il cristiano con la sua decisione per la propria identità interrompesse, per così dire, in base alla sua volontà la via verso la verità».
Il cristiano, ha spiegato Benedetto XVI, «ha una grande fiducia di fondo, anzi, la grande certezza di fondo di poter prendere tranquillamente il largo nel vasto mare della verità, senza dover temere per la sua identità di cristiano». L’essere «interiormente sostenuti dalla mano di Cristo ci rende liberi» e «possiamo entrare in qualsiasi dialogo apertamente e senza paura».