Matrimonio gay. Un diritto non è mai un pericolo
Articolo di Chiara Saraceno tratto da la Repubblica del 21 dicembre 2012
È per lo meno singolare che tra gli attentati alla pace, alla giustizia e alla dignità umana il Papa abbia messo ai primi posti l’estensione alle persone omosessuali del diritto a sposarsi.
Era già una forzatura, cui per altro Giovanni Paolo II ci aveva abituato, equiparare il diritto all’aborto e a chiedere di essere aiutati a morire alle uccisioni che si effettuano in guerra e ai genocidi che spesso accompagnano le guerre civili.
Perché si confondono feti con esseri umani già compiuti, vittime con carnefici, la libertà di disporre di sé con la violenza su altri.
Anche chi non approva l’aborto e l’eutanasia dovrebbe preoccuparsi di questa operazione in cui tutto viene mescolato senza distinzione, con il rischio non già che si salvi qualche feto perché diventi un bambino non voluto, o che qualche malato terminale venga tenuto in vita ad oltranza, ma che guerre e genocidi perdano il loro carattere di violenza arbitraria e cieca, ove le vittime sono pure casualità, specie se appartengono ai gruppi più deboli.
Sta già succedendo, in quest’epoca in cui le guerre — dichiarate o meno — sono dappertutto e ciascun belligerante vede, nel migliore dei casi, solo i propri morti, mentre quelli altrui sono tutti solo “nemici” — dai lattanti in su.
Non c’è proprio bisogno che ci si metta anche il Papa, con tutte le migliori intenzioni, a dare manforte a questo clima di assuefazione
ottusa. Se poi si aggiunge alla lista degli attentati alla pace e alla vita e dignità umana la questione dei matrimoni omosessuali davvero la confusione, l’incapacità, o il non desiderio, di operare distinzioni risultano in una denuncia generica e inefficace del problema che a parole si dice di voler affrontare.
È difficile anche a chi è contrario ai matrimoni tra omosessuali cogliere un qualche nesso tra una legge che li consenta e l’operare per la pace. A meno che il pontefice non voglia suggerire che l’approvazione di una legge simile produrrebbe guerra civile, ciò che è smentito da quanto (non) è avvenuto nei Paesi che hanno una legge del genere.
Mentre, viceversa, molti Paesi che vietano l’aborto (e anche la contraccezione), puniscono le donne che vi ricorrono e mettono al bando gli omosessuali sono governati da dittature violente e talvolta anche guerrafondaie.
A differenza del pontefice, non intendo postulare che esista un nesso tra riconoscimento del diritto ad abortire, ad usare la contraccezione, a sposarsi tra omosessuali e il mantenimento della pace. I rapporti causa ed effetto sono molto più complessi di queste rozze semplificazioni.
Continuare a evocare i temi dell’aborto, dell’eutanasia, della omosessualità come temi validi per la denuncia di qualsiasi cosa vada male nel mondo rischia di marginalizzare proprio l’attenzione per ciò che va male, in questo caso per un mondo attraversato da guerre ricorrenti e continue, abitato da signori della guerra che non riposano mai.
Certo, dà l’impressione che al pontefice e alla gerarchia cattolica interessi di più porre il proprio veto sulle legislazioni degli Stati democratici, in tema di diritti di libertà nell’ambito della sessualità e della riproduzione, che non condannare le guerre (o le incursioni) preventive e le violenze sulle popolazioni inermi.
Più che un monito contro i signori della guerra, sembra un monito contro la laicità dello Stato, del tutto in consonanza con quello lanciato dal cardinale Scola alcuni giorni fa.