Il prete che guida la lotta polacca per i diritti delle persone LGBT
Articolo di Madeline Roache pubblicato sul sito del settimanale Time (Stati Uniti) il 18 giugno 2021, liberamente tradotto da Silvia Lanzi
Quest’anno, come ogni anno da vent’anni a questa parte, padre Szymon Niemiec indosserà una stola con i colori arcobaleno all’Equality Parade nella capitale polacca, Varsavia, il 19 giugno: “Non avrò uno striscione, perché guiderò l’intera sfilata. Non posso tenere le mani occupate”. Sembra che il sacerdote quarantatreenne abbia ruoli contrastanti: attivista di spicco dei diritti LGBTQ e prete, in un Paese in cui Chiesa e governo sono ostili alla comunità LGBT e uniti nel condannarla.
Padre Niemiec organizzò il primo Equality Parade polacco a Varsavia nel 2001, attirando una folla di trecento persone. E ogni anno la folla si è ingrandita, con l’eccezione del Pride del 2020, che si è svolto in modo virtuale a causa della pandemia di COVID-19. Nel 2003, si raggiunsero migliaia di presenze, e nel 2019 marciarono 50.000 persone nel più grande Pride dell’Europa centrale e orientale. Adesso, nel mese di giugno, le sfilate si tengono in almeno venti città della Polonia, anche se con numeri limitati a causa della pandemia.
Ma le sfilate di quest’anno si sono tenute in un periodo in cui l’omofobia in Polonia sta aumentando, alimentata dai commenti pieni di odio del governo e delle alte sfere della Chiesa cattolica romana. Secondo un sondaggio di ILGA-Europe, un gruppo attivista con sede a Bruxelles, la Polonia risulta lo stato più omofobo dei 27 membri dell’Unione Europea.
Negli scorsi due anni, novantaquattro autorità locali hanno adottato risoluzioni non vincolanti per opporsi a quella che chiamano “ideologia LGBT”, etichettate come zone “senza umanità” dal presidente UE Ursula von der Leyen: “Ha un effetto agghiacciante sulle persone che vi risiedono, che ora hanno anche più paura di uscire allo scoperto. Chi bullizza le persone LGBTQ è incoraggiato da politici omofobi” afferma l’attivista polacco LGBT Bart Staszewski.
Il partito nazionalista Prawo i Sprawiedliwość (Diritto e Giustizia – PiS) sin dal suo insediamento al governo nel 2015 ha radunato la sua base conservatrice prima prendendo di mira i migranti, e poi la comunità LGBTQ. L’estate scorsa, il presidente polacco Andrej Duda ha dichiarato che “le persone LGBT non sono individui; sono un’ideologia”.
Il PiS fa eco alle idee della Chiesa cattolica polacca, che spesso prende posizioni persino più forti del Vaticano sui temi sociali. Dopo la dichiarazione di papa Francesco che le coppie omosessuali dovrebbero essere sostenute da una legislazione sulle unioni civili, un portavoce della Conferenza Episcopale Polacca ha dichiarato che le parole del Papa non fanno parte della dottrina della Chiesa: “Il comitato che presiede la Conferenza Episcopale Polacca è guidato dai vescovi più conservatori. Nella Chiesa (polacca) è tangibile un atteggiamento negativo verso le correnti ecclesiastiche più liberali” dice Marta Kotwas, una ricercatrice dell’University College di Londra specializzata in studi sulla politica e la società polacche.
Molti cattolici polacchi si oppongono ai tentativi di Francesco di discostarsi dalla pedissequa adesione alla tradizionale dottrina cattolica, preferendole la morale sessuale più conservatrice che vigeva sotto papa Giovanni Paolo II, ex arcivescovo di Cracovia. Nella sua patria il defunto Pontefice è considerato un eroe nazionale per aver favorito il movimento pro-democrazia che ha rovesciato il governo comunista nel 1989.
Nella profondamente devota Polonia, dove l’87% della popolazione si identifica come cattolica, gli attivisti stanno cercando di creare spazi dove poter essere apertamente LGBTQ e cristiani: fanno infatti parte di un crescente movimento internazionale di Chiese e organizzazioni religiose che si battono per i diritti LGBTQ.
In anni recenti hanno preso avvio le benedizioni dei matrimoni omosessuali nella Chiesa anglicana della Nuova Zelanda, nelle Chiese cattoliche tedesca e nella Chiesa presbiteriana degli Stati Uniti. In Polonia, è praticamente impossibile, per le persone apertamente LGBTQ, rimanere parte attiva della Chiesa cattolica, che secondo gli attivisti, scomunica le persone queer.
Marek Jedraszewski, attuale arcivescovo di Cracovia, nel 2019 si è riferito alle persone LGBTQ come “la peste arcobaleno”. “Il solo portare un ombrello o una borsetta con i colori arcobaleno potrebbe farvi buttare fuori dalla chiesa” dice padre Niemiec.
Secondo gli attivisti, la comunità LGBTQ può essere molto critica nei confronti dei propri membri apertamente religiosi: “In generale è anticlericale, e spesso antireligiosa”, a causa dei “danni” che la Chiesa ha arrecato loro, dice Uschi Pawlik, una dirigente del gruppo locale della Fondazione Fede e Arcobaleno, che mira a promuovere l’accettazione delle persone LGBTQ all’interno delle Chiese cristiane polacche. Padre Niemiec e i venti membri attivi della fondazione sono praticamente i soli che in Polonia lottano per la piena inclusione della comunità cristiana LGBTQ: “È un lavoro enorme, con pochissime risorse umane” dice Uschi Pawlik.
Come un attivista è diventato sacerdote
Nel 1998 in Polonia, quando padre Niemiec diventò un attivista, il movimento nazionale per i diritti LGBTQ stava appena iniziando ad emergere. All’epoca padre Niemec, ventunenne, lavorava come giornalista per un settimanale di Varsavia. Il suo redattore capo lo mandò a seguire quello che il sacerdote definisce una delle prime dimostrazioni gay della città: “C’erano due uomini e un sacco di giornalisti”.
Per motivi che non sa spiegarsi, decise di unirsi ai dimostranti: “Innescò qualcosa in me”. Come i due uomini, si coprì il viso con una sciarpa e si mise un paio di occhiali da sole. Questa decisione spontanea fu, insieme, il suo primo coming out come gay e il suo primo gesto di attivismo LGBTQ.
Padre Niemiec il giorno dopo, fu licenziato: “Il mio capo mi disse che, unendomi ai manifestanti, avevo oltrepassato il limite”. Nel 1998, cinque anni prima dell’introduzione della legislazione anti-discriminazione nel codice del lavoro polacco, che era possibile perdere il lavoro se si era apertamente LGBTQ, o se si sostenevano i diritti di questa comunità.
Più tardi iniziò a studiare psicologia mentre lavorava come ambasciatore culturale della Polonia al Network Internazionale per la Cultura Lesbica e Gay, posizione da lui rivestita dal 2000 al 2006. Il Network ha lo scopo di unire gruppi e persone di tutto il mondo per porre fine all’omofobia grazie alla cultura.
Uno degli obiettivi principali, oltre al lancio del primo Equality Parade polacco, era trovare Chiese che accogliessero la comunità LGBTQ. Padre Niemiec chiese ad ogni Chiesa e associazione religiosa nel Paese, ma non ricevette nemmeno una risposta: “Fummo respinti”.
Riconoscere che alla comunità cristiana polacca LGBTQ mancavano portavoce e leader è ciò che ha spinto padre Niemiec a diventare un prete cattolico indipendente. Nel 2006 Paul David C. Strong, vescovo della Chiesa cristiana unita e della Chiesa indipendente cattolica, lo ordinò diacono.
Le tradizioni cattoliche indipendenti sono composte da sacerdoti e laici che si definiscono cattolici, ma non sono affiliati alla Chiesa cattolica romana. I seguaci spesso scelgono il cattolicesimo indipendente come modo alternativo per esprimere ciò in cui credono, perché si sentono rifiutati per via di alcune dottrine cattoliche tradizionali. Come diacono, padre Niemiec ha iniziato a officiare Messe pubbliche in stanze in affitto e cappelle domestiche: “Era una Chiesa per tutti”. Nel 2010 il vescovo Strong l’ha ordinato sacerdote, e nel 2012 vescovo.
Le Chiese inclusive sono importantissime per le persone LGBTQ cacciate dalle loro parrocchie, e che vogliono rimanere cristiani attivi. Per chi vive fuori dalle grandi città, essere messi alla porta dalla parrocchia significa essere ostracizzati dall’intera comunità: “È estremamente penoso. C’è una bella differenza tra una grande città come Varsavia e Cracovia, dove ci si può nascondere, e i piccoli villaggi o cittadine in cui ci si conosce tutti. Alcuni preti hanno fatto i nomi di gay, dal pulpito tacciandoli di essere un pericolo per la comunità” dice padre Niemiec.
La Fondazione Fede e Arcobaleno ha cercato di chiedere conto alle parrocchie per le dichiarazioni omofobiche pubbliche. I membri della fondazione, che nel frattempo si è organizzata e formalizzata nel 2018, scrive regolarmente lettere e email a chiese e sacerdoti sugli effetti che questa retorica può avere: “I loro messaggi, trasmessi nei media cattolici, si riversano sulla gente comune e provocano tragedie individuali” dice Uschi Pawlik. Vecovi e sacerdoti non hanno mai risposto alle loro lettere, né hanno risposto alle loro dozzine di richieste di incontrare la fondazione.
“Ora sono apertamente gay e cattolico, e vado a testa alta”
L’aspetto più importante del lavoro del gruppo, dice Uschi Pawlik, sono gli incontri locali per cristiani LGBTQ, molti dei quali “sono in situazioni difficoltose, e sono assolutamente nascosti”. Due volte al mese la fondazione organizza incontri in sei città del Paese, dove 150 persone discutono passi biblici ed argomenti LGBTQ: “So che, per molti di loro, questo è il solo contesto in cui possono essere realmente se stessi” dice Kazimierz Strzelec, membro del comitato consultivo, che fa il meccanico in una città vicino a Lublino, nell’est del Paese, aggiungendo che la fondazione “gli ha cambiato la vita”, insegnandogli “cosa dice davvero la Bibbia sulle persone LGBT, e come interpretarla. Ora sono apertamente gay e cattolico, e vado a testa alta”.
Con solo una ventina di membri attivi, le cose che la fondazione può fare non sono molte. Ma se ci fosse la possibilità di espandersi, ad Uschi Pawlik piacerebbe collaborare con un team di psicologi professionisti per creare un programma di supporto per la salute mentale. L’attivista dichiara anche che, in Polonia, c’è bisogno di uno specifico training pastorale dei sacerdoti per i cattolici LGBTQ, come alternativa alle iniziative pastorali promosse dalla Chiesa cattolica, che secondo lei mettono l’accento sulla “cura” dell’omosessualità.
L’agosto scorso l’episcopato cattolico polacco è finito sotto il fuoco di fila degli attivisti dopo aver reso pubblica una “posizione sulle persone LGBT+” che invoca la creazione di centri terapeutici per “chi desidera recuperare la propria salute mentale e un orientamento sessuale naturale”. Più tardi i vescovi hanno chiarito che non avrebbero obbligato nessuna persona LGBTQ ad intraprendere le terapie.
Nell’ottobre 2019 padre Niemiec è stato obbligato a non celebrare più Messe aperte a tutti, dopo che un pubblico ministero ha accusato lui e due suoi confratelli di “offendere i sentimenti religiosi” con la sua azione pastorale. L’offesa è punibile fino a due anni di reclusione. La polizia, di fatto, non ha vietato i suoi servizi religiosi, ma padre Niemiec afferma che la copertura mediatica negativa del caso ha reso lui, e quelli che partecipano alle sue funzioni, ancora più a rischio di aggressioni o violenza anti-LGBTQ.
Da molto tempo il sacerdote è consapevole dei pericoli che derivano dall’essere un famoso attivista LGBTQ in Polonia. Dice che è da più di vent’anni che viene dipinto come un “nemico” dai media statali, e in tre occasioni è stato oggetto di attacchi fisici, che crede fossero motivati da odio anti-LGBTQ.
Non ci sono dati ufficiali sui crimini d’odio causati dall’orientamento sessuale o dall’identità di genere, visto che non sono riconosciuti dalla legge polacca. Ma gli attivisti dicono che l’anno scorso la violenza contro le persone LGBTQ in Polonia è aumentata, compresa la violenza fisica.
Anche se padre Niemiec non officia più Messe pubbliche, presiede ancora matrimoni privati, funerali e altre cerimonie: “Se qualcuno ha bisogno che amministri i sacramenti, io ci sono, e ci sono altre persone come me nel mondo”. Sembra che per padre Niemiec la solidarietà internazionale sia importante, e parla dei suoi amici negli Stati Uniti e in Europa, e della Fondazione, i cui social media postano aggiornamenti quotidiani sugli sviluppi positivi per i movimenti LGBTQ a livello globale.
Dopo un anno di cerimonie ridotte all’osso ed incontri virtuali causati dalla pandemia, l’Equality Parade di quest’anno ha un significato particolarmente importante per gli attivisti credenti: “Saremo visibili con i nostri striscioni e le nostre bandiere, mostrando al pubblico che i cristiani LGBT esistono. Ci stiamo creando uno spazio” dice Uschi Pawlik.
Testo originale: The Unorthodox Priest Leading Poland’s Fight for LGBTQ Rights