Come cattolico LGBT vale la pena di rimanere in questa chiesa?
Riflessioni bibliche* di Laurel Marshall Potter** pubblicate sul sito dell’associazione LGBT cattolica New Ways Ministry (Stati Uniti) il 17 ottobre 2021, liberamente tradotte da Silvia Lanzi
Vale la pena rimanere? Questo pensiero ha attraversato la mente di ogni persona LGBTQ+ cattolica, si può dire. Essere una persona queer cattolica spesso significa stare sulla soglia della Chiesa, e sentirsi come dimezzata.
Quando, nel vangelo di oggi, Gesù chiede ai figli di Zebedeo se sono disposti a bere dal calice che lui berrà, pensiamo ai molti modi, grandi e piccoli, in cui sono crocifissi i nostri fratelli e sorelle queer.
Questo mese cade il ventitreesimo anniversario della notte in cui Matthew Shepard è stato picchiato e legato al palo di una recinzione a Laramie, in Wyoming, prima di morire in ospedale sei giorni più tardi.
Non ho alcun dubbio sul fatto che in questo mese ci siano gli anniversari di molte anonime vittime LGBTQ+ di crimini d’odio, che sono per la maggior parte trans, donne, nere, indigene, di colore, femme [lesbiche femminili], disabili, povere e senza documenti. Stare in una Chiesa la cui dottrina contribuisce a queste sofferenze significa bere un calice amaro.
Vale la pena rimanere?
Sarò chiara; a volte la risposta è no. Questo post non è un invito a rimanere cattolici. Lo scorso fine settimana ha partecipato ad un barbecue per festeggiare due amiche queer cattoliche, che quest’anno sono state accolte rispettivamente nella Chiesa Episcopale e in quella Luterana. Siamo fortunat* a vivere con queste due donne un’esperienza che le porta a condividere il loro io più profondo con la loro nuova comunità.
Questa celebrazione è ciò che la Chiesa dovrebbe essere. “La gloria di Dio è l’uomo vivente” afferma sant’Ireneo, che sarà presto proclamato Dottore della Chiesa. Voglio che tutti i miei fratelli e sorelle queer vivano in pienezza, per portare alla Chiesa questa pienezza, per essere più forti nei nostri sogni, nelle nostre relazioni, nei nostri matrimoni, nel nostro essere genitori, nelle nostre perdite.
Sacrificare tutto questo per poter oltrepassare le porte di una chiesa, negare di voler glorificare Dio in cambio della tolleranza di questo mondo, non è ciò che Dio vuole. Le mie amiche sono gli araldi del ritorno di Gesù?
Questo è quanto ho sentito che Giacomo e Giovanni chiedevano a Gesù. Ne vale la pena? Tutto questo pericolo e sofferenza? Tutto il ridicolo, la tortura, il rifiuto? Alla fine avrò la mia ricompensa? Riconoscerai che ho resistito?
E Gesù li rimprovera. Non c’è ricompensa nella resistenza ad oltranza; il martirio gioca lo stesso gioco manipolativo di dare e avere che ci ha portato per primo a questo violento pasticcio. È ciò che vuole chi detta le regole del mondo: autoflagellazione, attestazioni pubbliche di lealtà, sacrificio strategico, nascondere la propria luce sotto un moggio, così che il bagliore non vada negli occhi a nessuno.
A volte, l’unica cosa che ci fa andare avanti è immaginare di incontrare il cardinal Burke, o qualche membro moralista della nostra famiglia, alle porte del paradiso, che ci osserva con tanto d’occhi mentre ascendiamo al nostro glorioso seggio celeste, dove Gesù ci dice: Carissim*, non è così.
Vale la pena rimanere?
Permettetemi di mappare il territorio della mia consolazione:
Non so neanche dove mi trovo. Sono fuori dalle porte della chiesa, e la calda luminosità delle vetrate istoriate impedisce ai miei occhi di adattarsi al deserto oscuro e senza luna che circonda la chiesa.
L’aria è fredda e asciutta, e gli arbusti mi sfregano i piedi. L’ho scelto io, e dal di fuori guardo dentro, o semplicemente le mura si sono materializzate dalla parte sbagliata?
Non riesco a ricordare quando sono arrivata in questo luogo, o se sono sempre stata fuori. Schiaccio il naso su un pezzo di vetro chiaro (forse la tunica di un angelo, o la barba di Dio), e vedo che hanno iniziato a mangiare senza di me.
Mi accorgo che c’è qualcuno al mio fianco. Mi volto, strizzo gli occhi nel buio dietro di me, Vedo diverse figure rannicchiate qui fuori al freddo, curve su piccoli fuochi.
Il bambino vicino a me mi prende per mano e mi porta dal gruppo più vicino. Stanno mescolando qualcosa di molto caldo e fragrante in una ciotola, e lascio che il vapore ammorbidisca la rigidità del mio viso.
Vale la pena rimanere?
Gesù dice ai suoi seguaci di essere gli ultimi, di essere servi. Essere liminali, nutrire ed essere nutriti da altri emarginati, volgere i nostri volti dal centro incandescente del potere verso le luci sparse e tremolanti del deserto; questo è il calice da cui tutt* dobbiamo bere.
Un grande dono dell’essere queer, se siamo in grado di accettarlo, è quello di essere già tra gli ultimi. Il nostro compito non è entrare dalla porta, è restare qui fuori, predicare il Vangelo con la nostra vita, e aspettare che crollino i muri.
* Le letture bibliche di oggi, ventinovesima domenica del tempo ordinari: Isaia 53:10-11; Salmo 33 [32]:4-5, 18-19, 20, 22; Ebrei 4:14-16; Marco 10:35-45 o 10:42-45
** Laurel Marshall Potter sta conseguendo un dottorato di ricerca in teologia sistematica e comparata al Boston College, con particolare interesse al pensiero e alla prassi decoloniale e alle teologie della liberazione latinoamericane. Laurel ha svolto la sua ricerca presso le comunità ecclesiali marginali di El Salvador (che ha anche frequentato come fedele), dove ha vissuto e lavorato per parecchi anni.
Testo originale: Staying Power