Nel presepe c’è di tutto e c’è un posto per tutti e tutte
Riflessioni di Massimo Battaglio
Nel presepe c’è un grande prato con una città sullo sfondo: un paesaggio di estrema periferia. Perchè Gesù nasce in periferia, in uno di quei luoghi che non sono né campagna florida né città industrializzata. E’ un posto con stradine senza nome, con campi senza padrone, mutilati dall’avanzata dell’espansione urbanistica; uno di quei posti che nessuno vuole. La salvezza viene da lì, non dalle piazze con le chiese e le banche e neanche dai vigneti docg.
Nel presepe c’è un fiume che divide una parte dall’altra e irriga dappertutto, perché l’acqua della vita non sceglie i buoni o i cattivi. Si allarga di qua e di là, senza preferenze.
E poi, nel presepe c’è un ponte che, scavalcando il fiume, collega la città alla campagna. Per incontrarsi, gli abitanti della città e quelli della campagna potrebbero mettersi d’accordo, percorrere metà del ponte per uno e trovarsi lì. Ma sarebbe rischioso perché il ponte è stretto e anche un po’ malandato. Bisogna proprio scegliere la parte in cui incontrarsi.
Allora, quelli della campagna potrebbero fare il primo passo, visto che gli altri sono tutti presi nei loro mestieri. Ma forse è meglio il contrario, e cioè che quelli della città mettano da parte le loro cose e scendano una buona volta in quella brutta campagna. Ci guadagnano Gesù, che nasce proprio da quella parte lì.
Ma forse, a quelli della città, non interessa tanto di incontrare gli altri. E forse gli interessa poco anche di incontrare Gesù. Hanno già i loro amici, i loro affari, la loro religione. E’ da secoli, che vanno avanti così.
Meglio lasciar perdere quel ponte, quei guardiani di pecore stravaganti e quel Bambino che potrebbe turbare le usanze e la quiete. E allora, ciascuno continua a recitare il suo copione: il falegname a costruire la croce su cui Gesù verrà inchiodato, il fabbro a forgiare i chiodi, i giocatori di carte a tirare la sorte sulle sue vesti. Che bel quadretto bucolico, che armonia si respira in quel borgo! Sembra proprio una di quelle parrocchie perbene, colme di tradizione e brava gente laboriosa e pia, che non ha bisogno che altri vengano a fare novità.
Di qua dal ponte, nel presepe c’è una capanna appoggiata a dei ruderi. Si direbbe un ovile ricavato tra i resti di un tempio pagano come quelli che, fino a pochi secoli fa, popolavano ancora le campagne dell’agro napoletano. E’ strano vedere che Gesù scelga di nascere in mezzo a quei simboli, e non, per esempio, sotto il portico di qualche antica pieve dove si venerano i santi giusti. Solo che è proprio così.
Nel presepe c’è poi un cielo stellato dal quale scendono degli angeli. Il primo è un angelo variopinto, un angelo rainbow. Si avvicina ai pastori che dormono nella campagna e annuncia una grande gioia: è nato per loro un salvatore. Loro non capiscono granché perché non s’intendono tanto di gioia nè tantomeno di angeli e teologia. Ma, siccome non hanno niente da perdere, gli danno retta e vanno a vedere cos’è questa storia della salvezza e del bimbo avvolto in fasce.
E fanno bene. Infatti, gli altri angeli sono contenti. Esplodono in un canto di gloria: “pace agli uomini di buona volontà”, cioè a chi si fida e si mette in cammino, a chi si dà da fare. La gloria di Dio non è altro che un’eplosione di pace; una pace che deve essere costruita direttamente dagli uomini, cosa per cui non serve il pedigree del buon ebreo o del futuro buon cattolico ma è necessaria solo tanta buona volontà.
E nel presepe c’è una mangiatoia, che sarebbe un piccolo recinto con dentro del fieno. Sotto il fieno c’è la terra nuda. Di fianco c’è Maria, stremata ma felice, come tutte le mamme che carezzano per la prima volta il loro bambino. Chissà se le è già chiaro che quel figlio, che non aveva cercato, è davvero quello che aveva preannunciato l’angelo a suo tempo. E chissà se ha idea di cosa le aspetterà d’ora in avanti. Ma non importa: ora lo guarda, delicatamente, senza stringerlo, e lo copre dal freddo con la sua dolcezza.
Nel presepe c’è anche Giuseppe ma un po’ indietro. Ha fatto la sua parte e tanto dovrà ancora fare. Ma sa che il modo giusto per amare la sua sposa è quello di permettere che il bambino segua la sua strada. E quella sposa, lui la ama davvero. Ha già corso rischi enormi per poterla amare, anche se la legge e la morale sentenziavano che non era un amore a norma (e forse non aveva neanche il diritto di chiamarsi amore, secondo le postille al compendio del catechismo del tempo).
Poi, nel presepe c’è anche Gesù. Nei nostri presepi pieni di falegnami, fabbri, lavandaie e pecorelle, Gesù va sempre cercato con una certa attenzione. E’ l’ultimo dei personaggi di cui ci accorgiamo. E’ bene mettere più di una lampadina dentro la capanna, altrimenti rischiamo di non vederlo proprio. Ed è bene che queste lampadine siano un po’ nascoste perché ci devono ricordare che Gesù non è lì grazie alle nostre lampadine, dal momento che, la luce, viene proprio da lui e, senza di lui, tutto il presepe non avrebbe senso.