Le comunità cristiane davanti alla vocazione profetica delle suore lesbiche
Testo tratto dal libretto Out of Silence God Has Called Me; A Lesbian Religious Tells Her Story (Dal silenzio Dio mi ha chiamata. Una suora lesbica racconta la sua storia), di suor Janet Rozzano RSM, pubblicato nel 2008 dall’associazione LGBT cattolica New Ways Ministry, pp. 16-18, liberamente tradotto da Diana, revisione di Giovanna e Giacomo Tessaro, parte sesta e ultima
Vocazione profetica. Infine, ritengo che (come consacrate) siamo chiamate a vedere la presenza nelle nostre comunità di consorelle lesbiche come un’opportunità di esercitare la nostra vocazione profetica, all’interno delle nostre comunità, come nella Chiesa. Nel suo libro Finding the Treasure (Trovare il tesoro) Sandra Schneiders parla a lungo dell’aspetto profetico della vita religiosa.
Essere profetici significa, come scrive Abraham Heschel, “dichiarare la parola di Dio al qui ed ora”. Profezia significa vedere e dire qualcosa sulla discrepanza tra ciò che è e ciò a cui ci chiama la parola di Dio. Sandra Schneiders scrive che la profezia si basa sia sulla contemplazione, che ci mette in contatto con la visione che delle cose ha Dio, sia con l’esperienza della marginalità, “che favorisce l’immedesimazione con gli oppressi”.
Il profeta parla pubblicamente di ciò che non è giusto, non tanto per condannare o giudicare, quanto per lamentarsi e piangere, come fece Gesù con la città di Gerusalemme. Il profeta parla anche della parola di Dio e dei suoi progetti per il popolo, facendo così nascere la speranza in un futuro migliore. Infine, il profeta è profondamente impegnato in una missione di “opposizione leale”, disposto a dare tutto, anche la vita, per la realizzazione del regno di Dio.
Per quanto possa essere difficile, siamo chiamate ad uscire dal silenzio che circonda le nostre consorelle lesbiche. Siamo chiamate a riconoscere la discrepanza tra gli ideali della nostra comunità, di sorellanza, rispetto, amorevole accoglienza da una parte, e la situazione di chiusura e paura delle nostre consorelle lesbiche, dall’altra.
Facciamo questo non per incolparci o dare giudizi, quanto piuttosto per affidare noi stesse e questa situazione in preghiera, per chiedere di poterla vedere come Dio la vede, quel Dio che vede ciascuno di noi come un amato figlio, un’amata figlia. Se ci sentiamo spinte a piangere per ciò che non va bene nella cose così come sono, siamo anche chiamate a immaginare un futuro migliore e pieno di speranza per tutte le nostre consorelle, e ad agire per renderlo possibile.
A partire dal Vaticano II le religiose si sono dedicate sempre più spesso a questo tipo di lavoro creativo, a volte affrontando incomprensioni ed opposizione da parte di altri all’interno della Chiesa. Credo che i nostri stessi sforzi per sanare le ferite causate dal silenzio malsano nelle nostre comunità daranno una potente testimonianza sull’importanza di quest’opera nella Chiesa. Inoltre, possiamo fornire modelli di accoglienza, accettazione e sostegno per le persone lesbiche e gay, ed ispirare altri nella Chiesa a fare lo stesso.
Non so dove ci condurrà quest’opera profetica, individualmente o come gruppo, ma sono abbastanza certa che ci porterà su un sentiero che porta a Dio, e anche nel cuore di alcune delle tematiche più urgenti del nostro mondo.
Mentre preparavo queste riflessioni, mi chiedevo se quanto scrivevo poteva essere rilevante in un mondo martoriato dal terrorismo, dalla violenza, dalla disuguaglianza e dalla povertà. Cos’hanno a che fare i problemi delle nostre consorelle lesbiche e delle loro comunità con l’enormità di questi problemi? Penso che il punto di intersezione di tutto ciò stia in quel luogo luogo in cui, nello spirito di Gesù, siamo chiamate ad accettare le differenze, coltivare l’inclusione, accogliere lo straniero e celebrare i doni della diversità. Qualsiasi passo facciamo per spezzare le barriere della paura, dell’esclusione e dell’oppressione, scateniamo libertà ed energie per l’amore e per l’opera di Dio nel mondo.
Proclama
Vorrei concludere col proclama scritto nel 1995 da alcuni fratelli gay e sorelle lesbiche alla conferenza organizzata da Communication Ministry. Si tratta di un proclama vibrante e positivo su quello che loro, ma anche noi, siamo chiamate ad essere nel mondo:
• beati coloro che stanno nudi e senza vergogna davanti a Dio e gli uni di fronte agli altri;
• beati coloro che celebrano la ricca diversità di tutte le persone come esseri spirituali e sessuali;
• beati coloro che onorano la sacralità della sessualità e l’intrinseco bisogno di intimità;
• beati coloro che apprezzano e celebrano tutte le relazioni vivificanti e l’armonia con tutta la creazione;
• amen, amen vi dico: ascoltate, riconoscete e rispettate la vostra e l’altrui esperienza e saggezza;
• amen, amen vi dico: sforzatevi con tutto il cuore per vivere una vita di sincerità emotiva;
• amen, amen vi dico: cercate e ascoltate il forestiero dentro di voi, e i forestieri in mezzo a voi;
• amen, amen vi dico: siate l’incarnazione di Cristo nel mondo la cui mensa era per tutti, anche per il suo traditore.
Possano le nostre consorelle lesbiche uscire dal silenzio con questo spirito gioioso, e possiamo noi camminare assieme loro, nell’amore e nella solidarietà.
Testo originale (PDF): Out of Silence God Has Called Me. A Lesbian Religious Tells Her Story
> Brani tratti da “Out of Silence. Una suora lesbica racconta la sua storia”