I documenti del Concilio, un tesoro da riscoprire
Articolo di Giovanni Panettiere del 4 gennaio 2013 tratto dal blog Pacem in terris
Rottura o continuità? Non c’è verso, ogni volta che si parla del Vaticano II la domanda cade sempre sull’ermeneutica dell’ultimo concilio ecumenico. In altri termini, sul ruolo dell’assise nel cammino della Chiesa. Da una parte, i liberal, legati alla Storia del Concilio Vaticano II di Giuseppe Alberigo, dall’altra, gli eredi della minoranza conciliare per i quali con il Vaticano II non è cambiato nulla. Tertium non datur, o quasi.
In effetti papa Benedetto XVI, una volta asceso al soglio petrino, ha cercato una sintesi delle posizioni in campo, sostenendo la tesi del cosiddetto <rinnovamento nella continuità dell’unico soggetto Chiesa> (Discorso alla Curia romana, 22 dicembre 2005).
Ovvero, le innovazioni conciliari, in primis nel rapporto tra il popolo di Dio e l’età moderna, vanno riconosciute, ma la comunità ecclesiale resta sempre la stessa. Sbaglia, insomma, chi da una Chiesa ne ricava due: la prima, figlia della Controriforma, la seconda, uscita dall’ultima plenaria dei vescovi.
CHIUSO il dibattito, allora? Niente affatto. A cinquant’anni dall’avvio del Vaticano II siamo ancora nel vivo del confronto, con la conseguenza che per buona parte dei cattolici i documenti del Concilio rimangono sconosciuti. Quasi che non fossero mai stati scritti. Per questo non può che fare piacere imbattersi nel libro ‘Il futuro del Concilio’ (Effatà editrice, 140 pagine, euro 10) a cura di Luca Rolandi, redattore di Vatican Insider, sottotitolo, inequivocabile, ‘I documenti del Vaticano II: un tesoro da riscoprire’.
DALLA Dei Verbum alla Lumen Gentium, dalla Gaudium et Spes alla Dignitatis humanae, sedici firme, tra teologi, storici e vaticanisti, ripercorrono gli altrettanti atti dell’assemblea episcopale. Il risultato è un agile invito alla lettura di quello che Karl Rahner (1904-1984) ha definito <il primo concilio sulla Chiesa>, a sottolineare il peso della riflessione ecclesiologica nell’economia dell’assise. Come dare torto al gesuita tedesco… Nel dibattito conciliare la comunità cattolica, che il cardinale Roberto Bellarmino (1542-1621) chiamava <società perfetta e ineguale>, si é riscoperta popolo di Dio <a cui appartengono tutti, prima di qualunque distinzione di compito e ministero> (Roberto Repole). La struttura gerarchica ha ceduto così il primato – senza uscire di scena – alla pari responsabilità e dignità dei fedeli. Di fatto, una rivoluzione copernicana per la Chiesa, licenziata dai vescovi in assemblea con una strariparte maggioranza (2.151 sì contro 5 no).
LA BREZZA dell’eguaglianza ha accarezzato anche un altro frutto del Concilio, la Dei Verbum sulla divina rivelazione. Come si legge nel libro di Rolandi, la costituzione ha avuto il merito di rimettere nelle mani dell’intero popolo di Dio la Scrittura, fino ad allora prerogativa del clero. E, aggiungiamo noi, dei fratelli protestanti, già svezzati alla lettura della Bibbia dalla riforma luterana. Più in generale, è stato il documento che ha riscattato la Parola, tanto da farla tornare al centro della vita ecclesiale, dalla liturgia alle scienze teologiche. Non a caso oggi se ne parla come dell’atto <base di tutto l’edificio conciliare> (Giuseppe Militello).
DI CERTO è quello più importante per Benedetto XVI che, sin da quando era prefetto dell’Ex Sant’Uffizio, ripete come <la crisi, che ha colpito il cristianesimo europeo, non è più propriamente o almeno esclusivamente una crisi ecclesiale… La crisi è più profonda: essa non ha affatto le sue radici solo nella situazione della Chiesa stessa: la crisi è divenuta una crisi di Dio> (Convegno internazionale sull’attuazione del Concilio Vaticano II, 2000). Come a dire che altre sono le questioni, che attanagliano i contemporanei (il denaro, il successo, il sesso), non più la vita, i suoi misteri, l’Assoluto.
DA QUI l’urgenza per il papa di intensificare quella che Giovanni Paolo II ha chiamato ‘nuova evangelizzazione, ovvero l’annuncio della buona novella all’Occidente secolarizzato. Per fare questo, è il pensiero di Ratzinger, la Chiesa non può prescindere dal discorso su Dio della Dei Verbum. Allargando l’orizzonte, dall’eredità del Concilio.
Ma il monito è quello di <ritornare ai documenti per liberarli dalla massa di pubblicazioni che li hanno oscurati> (Udienza del mercoledì, 10 ottobre 2012). Il libro di Rolandi è una valida bussola per seguire la via maestra dei testi senza smarrirsi nel ginepraio delle interpretazioni.