Il Sudafrica è un paradiso per le persone LGBT africane?
Articolo dell’Agenzia France-Presse pubblicato sul sito dell’edizione in lingua francese di Africa News (Francia) il 17 dicembre 2021, liberamente tradotto da Giacomo Tessaro
Suo fratello lo ha sorpreso a letto con un uomo. Durante i sette giorni di fuga in autobus verso il Sudafrica, lontano dalla sua famiglia e da quel Kenya che lo considera un criminale, James, ventisette anni, oggi richiedente asilo, sogna la libertà. Suo fratello ha tentato di colpirlo alla testa con una bottiglia: “Era molto agitato, come fosse pazzo. Diceva che voleva uccidermi”.
La polizia è poi venuta ad arrestare il giovane per via del suo orientamento sessuale, e senza l’aiuto dei militanti e di qualche bustarella per aiutarlo a “scomparire”, sarebbe dietro le sbarre. Da un anno vive in una casetta della periferia di Pretoria; ha scelto il Sudafrica perché “era l’unico luogo che conoscevo dove il governo accoglie le persone queer”, ma le sue speranze sono durate poco.
Matrimonio omosessuale
Il Sudafrica è stato il primo Paese a proibire, nella sua Costituzione del 1996, la discriminazione fondata sull’orientamento sessuale, e nel 2006 è stato il primo in Africa a legalizzare il matrimonio omosessuale, in un continente dove certe società conservatrici considerano l’omosessualità un crimine. Sulla carta, un Eldorado…
Ma numerosi rifugiati omosessuali riferiscono di essere regolarmente vittime di discriminazioni: “Veniamo giudicati, derubati, insultati e minacciati di morte. Molte volte sono stato molestato mentre passeggio con i miei amici transgender, semplicemente perché sono quello che sono” racconta con amarezza James, che ha chiesto di rimanere anonimo.
Persecuzioni
Per molto tempo, dal suo Zambia natale, Junior, ventisei anni, ha guardato sul suo telefono l’annuale Gay Pride sudafricano sognando di potervi partecipare un giorno; ha poi deciso anche lui di fuggire dal suo Paese per via delle persecuzioni. Oggi, in Sudafrica, è fiero di aver sventolato più volte la bandiera dello Zambia sfilando con i suoi short arcobaleno.
Junior si sta ancora battendo per ottenere i documenti [di rifugiato]. Dopo mesi di trafile e di interrogatori spiacevoli, l’immigrazione ha rigettato la sua domanda: “Uno dei responsabili ha tirato fuori una Bibbia e si è messo a farmi il predicozzo sull’omosessualità. Il Sudafrica ha leggi bellissime, ma la gente che trovi negli uffici non sa nulla di omosessualità” dice con tristezza.
“Queer e nero”
Una notte del 2017 Junior è stato aggredito sessualmente per strada da due uomini, prima di essere cacciato dalla stazione di polizia in cui si era rifugiato; ha dovuto tornare con uno dei suoi amici, un uomo bianco, perché gli agenti accettassero di registrare la sua deposizione.
In Sudafrica “è più difficile essere queer quando sei nero” dice Junior, che ora evita di passeggiare per strada. Vicino alla finestra uno dei suoi amici, un modello kenyano, ascolta da un orecchio. Fuggito nel 2017, anch’egli è stato molestato qui in Sudafrica, ma è poca cosa rispetto a quanto ha subìto nel suo Paese: in Kenya “non puoi nemmeno vestirti in un certo modo…”.
Testo originale: Afrique du Sud: un eldorado pour les LGBTQI+ ?