Il gay come nemico: dagli “effeminati” greci, alla battaglia antigender della russia di Putin
Riflessioni di Irene Agovino
Il patriaca ortodosso Kirill (Cirillo in italiano), Santità in terra, ma nella migliore tradizione da Bisanzio in poi, espressione pupazzesca nella mani del re di turno, ha affermato che dal 2014 si svolge una guerra contro i valori ortodossi. Tali valori sono quelli del matrimonio uomo-donna biologici contro la visione del gender. Non è la prima volta che l’omosessuale (o il “molle”) viene visto come nemico: la sua “diversità” a letto è la prova della sua meschinità e dobbiamo andare molto indietro per avere questa visione.
Era l’anno 524 a.c. quando Aristodemo di Cuma, in una battaglia famosa, quanto sanguinosissima (le fonti parlano di oltre 1000 morti, che per l’epoca sono immense) sconfisse gli Etruschi: tornato in patria, egli ebbe popolarità, ma anche infamie. I suoi detrattori cominciarono a definirlo malakos (effeminato) che aveva due significati: essere molle come carattere o essere molle a letto, cioè essere passivo.
Per i Greci la seconda era qualcosa di vergognoso, soprattutto per un uomo libero come poteva essere uno strategos. E l’appellativo di effeminato in quel senso fu talmente vivo, che nelle successive battaglie, i nemici deridevano il povero Aristodemo, che morirà, forse più per i suoi metodi spicci che per la sua presenta passività, ucciso da una congiura di palazzo.
Giulio Cesare è da noi ricordato per le sue innumerevoli passioni etero: eppure in battaglia veniva definito “la moglie” per la sua presunta relazione(passiva) con il re della Bitinia, di cui fu ospite. Ovviamente questa idea- oscena anche per i Romani- era canticchiata anche dai nemici di Cesare, che odiavano di essere sconfitti da una “checca”.
Stessa visione ebbero gli Scozzesi, quando combatterono contro le truppe inglesi a metà Trecento. I comandanti dei villaggi di Scozia spingevano a combattere gli invasori anche sulla spinta delle presente relazioni omosessuali di Edoardo II, personaggio sicuramente controverso e per nulla adatto al trono, che più volte fu sul punto di farselo strappare da congiure e con una moglie- Isabella di Francia- più “maschile” di lui, almeno secondo certi stereotipi. Sulla omosessualità del sovrano però le fonti sono discordanti.
E finalmente arriviamo ai giorni nostri: quando è l’essere gay- e non il far sesso come gay- il vero problema. Richard von Krafft-Ebing, noto medico della fine dell’Ottocento, fu il primo a dividere il mondo in omosessuali (ancora confusi con i pederasti dell’epoca classica) e eterosessuali (visti anche questi come erotomani, ma con meno ormoni dei gay). Assenti le lesbiche, che arriveranno più tardi a devastare i sogni dei puri in guerra.
Con la prima guerra mondiale lo stereotipo omosessuale maschile venne agitato; i Francesi affermavano con profondo disgusto di orde di “sodomiti” che avrebbero violentato bambini in Belgio- ovviamente tedeschi e austriaci-mentre, dal canto loro, i soldati dell’Impero Tedesco accusavano gli avversari di comportamenti non consoni alla morale. La guerra giusta per la democrazia (La Triplica Intesa) o per l’ordine (Triplice Alleanza) diventava anche guerra santa contro i cattivi e meschini omosensibili, che corrompevano il mondo.
Quando al potere salì il Fuher nel 1933, nonostante l’amicizia con Rohm- noto gay- le crociate per la purificazione furono anche contro l’omosessualità e per la prima volta, il lesbismo. Agli inizi si chiudevano solo i locali degli avversari, ma poi – anche per evitare voci su di sè – Hitler proibì tutti i locali equivoci e nella notte dei Lunghi Coltelli, uccise l’amico Rohm. Certo, la sua colpa era la popolarità e non l’aver frequentato marchettari; ma il Duce del nazismo seppe sfruttare la “debolezza” di Rohm e di molte SA per farle rientrare nei ranghi e pretendere, da buon austriaco, la massima fedeltà.
Lo stereotipo nazista-gay però fu talmente utilizzato, che le bombe lanciate sulle città tedesche recitavano frasi come: “Supposta per Adolf” e quando ci fu la Liberazione, giornali, film e libri fecero a gara per dare dell’omosessuale al nemico nazifascista (si pensi a Roma città aperta di Rossellini). E non aiutò certo l’adesione di molti omo e bisex dichiarati maschi – ma anche di molte donne – alla Francia di Vichy.
Lo stesso Stalin poi aveva accusato gli omosessuali maschi e le donne lesbiche di parteggiare per il nemico ed essere quindi prima borghesi, trozkisti, antirivoluzionari (1935-1941) e poi, quando ci fu l’invasione dell’Urss, di essere nazisti travestiti, proprio in virtù del nazismo come germe di ogni perversione, omosessuale in specie.
Anche in Medioriente dai tempi di Nasser l’utilizzo dello stereotipo sodomita-antisodomita è stato utilizzato, anche per battaglie non di eserciti fattivi. Basti pensare alla repressione della Fratellanza, con accuse anche di pedofilia rivolte ad Hasan al Banna prima e a Said Qtb poi.
Erdogan, leader turco, accusato di omofobia in Patria, si è visto battaglioni di omosessuali dichiarati nella guerra siriana; guerra – che a detta di un certo giornalismo – viene combattuta tra i virili e i poco virili, come ad esempio il califfo defunto dell’Isis: è spuntata una sua foto – di quando era un semplice cittadino iracheno – ad una festa di transessuali.
Andando oltre la confusione tra la sfera gay e quella transgender, è evidente che si tratti di una delegittimazione dello Stato Islamico. Cosi come in Iran, dove i manifestanti pro Rouhani e anti Rouhani si sono visti dare del “passivo” a seconda dello schieramento o come in Algeria, dove i giovani contro il regime militare sono “stranieri, pederasti, figli della Degenerazione Occidentale”.
In piena tradizione sovietica, infine, Vladimir Putin, ha posto il veto alla propaganda lgbt nel suo Paese e non contento, utilizza le bombe contro gli ucraini, i quali – anche loro poco inclini ai diritti civili – sarebbero oltre che nazisti, gay.
Chissà se vedremo mai il giorno per il quale la vita privata del nemico non sia la prova della sua cattiveria e della presunta giustezza di chi, quel nemico, lo combatte.