Scuola cattolica? Il Vaticano chiede di licenziare gli insegnanti omosessuali!
Riflessioni di Massimo Battaglio
La Congregazione per l’Educazione cattolica ha pubblicato un documento che ci riguarda. Titolo: “L’Identità della Scuola Cattolica per una Cultura del Dialogo”. Bel titolo! Un po’ meno bello il contenuto, specie in alcune parti che ci toccano da vicino. Al punto 77 si legge infatti:
“Le scuole cattoliche devono essere munite di una dichiarazione della propria missione oppure di un codice di comportamento. Questi sono strumenti per la garanzia della qualità istituzionale e professionale. Occorre quindi rafforzarli giuridicamente tramite contratti di lavoro o altre dichiarazioni contrattuali dei soggetti coinvolti con chiaro valore legale”.
E già qui sorge qualche dubbio: chissà dove si vuole andare a parare? No insegnanti divorziati? No omosessuali o transessuali? Sì, proprio così:
“Si prende atto che in tanti Paesi la legge civile esclude una “discriminazione” a causa della religione, dell’orientamento sessuale nonché di altri aspetti della vita privata. Nello stesso tempo, viene riconosciuta alle istituzioni educative la possibilità di munirsi di un profilo di valori e di un codice di comportamenti da rispettare”.
Chiarissimo: no insegnanti che non sottoscrivano di essere inequivocabilmente eterosessuali. Ma c’è di più:
“Nel momento in cui tali valori e comportamenti non siano rispettati dai soggetti interessati, essi possono essere sanzionati come espressione di una mancanza di onestà professionale nel non adempimento delle clausole definite negli appositi contratti e nelle linee-guida istituzionali”.
Alcune battute sarebbero fin troppo facili. Per esempio: come si fa a scoprire l’omosessualità di un insegnante – specie se non sposato con una persona del suo stesso sesso – se non spiandolo? E la scuola cattolica è esentata dal rispettare la privacy del proprio personale? Bell’esempio che da, ai suoi allievi.
Altra battuta (sempre più in basso): forse hanno intenzione di sostituire una buona parte dei propri docenti? Chiedo per un amico; uno dei tanti “attenzionati” dai propri insegnanti in veste talare. Ma forse è proprio questa la preoccupazione del Card. Versaldi, prefetto della Congregazione: evitare gli scandali. D’altra parte, lui stesso ammette, al punto 80:
[Talvolta] “si verificano conflitti in campo disciplinare e/o dottrinale. Queste situazioni possono essere causa di discredito all’istituzione cattolica e scandalo nella comunità”.
Abbastanza chiaro. Solo che la strada della discriminazione preventiva, oltre a essere la più odiosa, rischia di essere anche la più impraticabile (grazie a Dio). Se non ricordo male infatti, lo Statuto dei Lavoratori, per quanto massacrato negli ultimi anni, è ancora in vigore. E, sin dall’articolo 1, recita quanto segue:
“I lavoratori, senza distinzione di opinioni politiche, sindacali e di fede religiosa, hanno diritto, nei luoghi dove prestano la loro opera, di manifestare liberamente il proprio pensiero, nel rispetto dei principi della Costituzione”.
Successivamente, all’articolo 8, si chiarisce ancora meglio:
“È fatto divieto al datore di lavoro, ai fini dell’assunzione, come nel corso dello svolgimento del rapporto di lavoro, di effettuare indagini, anche a mezzo di terzi, sulle opinioni (…) del lavoratore, nonché su fatti non rilevanti ai fini della valutazione della sua attitudine professionale”.
Dunque, a meno di dimostrare che l’orientamento sessuale ha qualcosa a che vedere con l’attitudine professionale (e che quindi, ai gay si addice di più il mestiere di parrucchiere e alle lesbiche quello di camionista), risulta chiarissimo che nessuna azienda può indagare in merito. Tantomeno una scuola cattolica. Se così fosse, insegnerebbe che si può andare contro la legge.
Mi pare utile ricordare che qualunque patto che metta in discussione questi princìpi è sempre stato considerato nullo. Non ha alcun “valore legale”.
Gli esempi più lampanti sono quelli che hanno visto donne “invitate” a firmare lettere in cui si impegnano a non avere figli.
Un esempio ancora più calzante è quello dell’insegnante licenziata dall’Istituto Sacro Cuore di Trento perché lesbica. Il fatto era avvenuto il 16 luglio 2014. A fine giugno 2016, la scuola era stata condannata in primo grado a risarcire la docente con 25mila euro. In sede di appello, andò anche peggio. La scuola si trovò con un debito di 45mila euro ne confronti della donna, più una montagna di danni da risarcire. Era stato infatti stato riscontrato un danno patrimoniale di circa 13mila euro, più un danno morale di 30mila euro. Inoltre, 10mila euro dovettero essere pagati alla Cgil e all’Associazione radicale Certi Diritti.
La storia della prof di Trento non è l’unica che ci mostra come il licenziamento di una persona omosessuale da parte di un ente religioso, dà più scandalo dell’omosessualità stessa.
L’anno scorso, negli USA, un fatto di questo genere aveva suscitato un vero e proprio sollevamento popolare.
Forse Sua Eminenza vive su un altro pianeta ma temo che i direttori delle scuole cattoliche non saranno così imprudenti da seguire le sue indicazioni. Il suo documento è sicuramente destinato a restare lettera morta.
Resta però un problema: con che faccia, un qualunque insegnante non eterosessuale, presenterà d’ora in poi la propria domanda di assunzione a una scuola cattolica? Con che dignità?