Perchè Dio mi vuole così! Il dono della mia omosessualità
Intervista a Alberto Rodrigo, cantante di musica cristiana del gruppo “Comisiòn”, del 9 aprile 2012 tratta dal Blog “Homoprotestantes”* (Spagna) liberamente tradotto da Adriano
All’inizio degli anni novanta Alberto Rodrigo diresse con Aitor de la Cámara il gruppo Comisión, che è stato, senza dubbio, uno dei gruppi di musica cristiana più innovativi e di maggior successo del nostro paese. I loro concerti riuscirono a riunire migliaia di giovani cristiani che rappeggiavano con loro, canzoni come “Gesù mi ha liberato”.
Un decennio più tardi, dopo diversi album, migliaia di chilometri percorsi e centinaia di concerti alle sue spalle, cercò di entrare nella musica laica con il gruppo Sion. Solo nel 2006 però, dopo la pubblicazione del suo ultimo lavoro “Síon”, Alberto decide di venire allo scoperto.
Da allora si è saputo poco di lui, per questo lo ringraziamo di averci concesso questa sua prima intervista.
Alberto, sono passati sei anni, come mai ha deciso solo ora di condividere pubblicamente la tua esperienza?
E’ vero ho ritardato di sei anni a raccontare la mia storia apertamente, forse perchè non volevo mostrare nessun risentimento verso la chiesa, perchè non ne ho, ho perdonato e giornalmente perdono tutti coloro che mi continuano ad ignorare, tralascianomi…
Però mi è sembrato questo il tempo giusto di farlo, e questa, una buona occasione forse per poter aiutare gli altri ragazzi o giovani che si identificano in me in qualche modo. A mio avviso, credo che la chiesa sia ossessionata dal sesso in generale, e che esagera tutto quello che si riferisce ad esso. Credo che a Dio importi molto di più del cuore della gente che non i loro genitali.
Vedo che continui a parlare di Dio, che non hai perduto la fede, ma c’è qualcosa di nuovo che appreso di Lui, dopo che hai lasciato Sión?
Certo. Ho dovuto disimparare tutto per tornare ad imparare nuovamente. Mi sono reso conto che il Dio che credevo di conoscere, era molto diverso da quello che è realmente, ed è ancora una ricerca permanente. Mi sono sentito molto più vicino a Dio che mai, in questo processo, nelle crisi, nel trauma…
Il suo affetto è stato ed è “magico”, come quello che sentivo quando avevo cinque anni, o come quello che ho sentito nella mia camera d’ospedale quando ho avuto l’infarto, o dopo il mio intervento di cancro che ho subito per non essere stato capace di amarmi abbastanza, per la dannosa repressione e per l’abbandono che ho sofferto; dai quali sono uscito miracolosamente e nella quale ho sperimentato Dio in un modo che non avevo mai sperimentato prima.
Avrai anche delle cose di cui hai sentito la mancanza?
Se c’è qualcosa che mi manca davvero è la gente. Mi considero una persona impegnata e fedele, e in quel momento ero molto vicino a tante persone a cui volevo bene e che credevo ne volessero anche a me, ma hanno tagliato radicalmente tutti i legami. Ho provato qualche riavvicinamento però loro hanno rifiutato ogni tipo di relazione. Non sono stati capaci di essere all’altezza, sia a livello umano nè, tantomento, a livello cristiano.
Questo non vuole essere un rimprovero per loro, perchè, come ho detto, ho perdonato e perdono; penso che abbiano fatto il meglio che potevano, però credo che sia un segnale di allarme molto grave che riflette come si trattano alcune tematiche, e soprattutto le persone, nella chiesa. Un’altra cosa che mi manca è poter fare esattamente quello che facevo, cantare, condividere, aiutare gli altri…
Troppo tardi ho compreso che sono in un altro territorio e che posso continuare ad essere me stesso e reinventarmi, e dunque lo sto facendo. Ah, sí! E sento molto la mancanza del palcoscenico e del microfono, dato che li adoro come un drogato ama la cocaina…
Torniamo un poco indietro, sappiamo che la tua famiglia è molto religiosa…
Sí, sono nato in una famiglia molto religiosa. Mio padre ha trascorso undici anni della sua gioventù in un monastero prima del suo matrimonio. Io sono il più giovane di cinque fratelli, e sin da bambini ci hanno inculcato molto la fede, andavamo alla messa tutti insieme e io cantavo nel coro della chiesa. A sei anni la mia famiglia entrò in contatto con un movimento carismatico che ci ha portati ad una comunità evangelica cristiana, quindi ho vissuto in pieno questo “cambio di religione” e ho visto la mia famiglia che diventava molto più radicale e maggiormente coinvolta nella fede cristiana, abbandonando la chiesa Cattolica e diventando parte attiva di una chiesa o comunità evangelica.
Come ti ha influito?
A livello personale, fin da molto piccolo ho havuto la strana ed emozionante sensazione di “sentirmi magico”, di sentire Dio molto vicino. Non comprendevo molto e non mi interessavano (e non mi interessano tuttora) le dottrine, mi importava il fatto di credere che Dio esiste e che potevo relazionarmi con lui.
Fu verso i quattordici anni che presi una decisione più consapevole e decisi di seguire Gesù e di impegnarmi nella Chiesa. Mi battezzai a 18 anni, pur essendo già stato battezzato da bambino…
Fu allora che andasti in Inghilterra ?
Sí, fu esattamente tra i 18 e i 20 anni che ho avuto l’opportunità di andare nel Regno Unito a vivere in una comunità evangelica molto radicale chiamata “Jesus Army” (Esercito di Gesù), dal taglio molto carismatico e impegnata socialmente, ma anche molto radicale nel suo modo di vivere, anche alcuni movimenti protestanti cominciavano a considerarla come una setta a causa dello stile di vita e per il prezzo tanto alto che pagavano (non di denaro, ovviamente) coloro che erano membri impegnati della confraternita.
Dopo decisi di tornare nella mia città, a Burgos, a servire all’interno della chiesa evangelica con tutto quello che avevo imparato lì e con la grande influenza che questa comunità aveva esercitato su di me. Sebbene ci fossero molte cose con le quali non ero d’accordo in “Jesus Army”, ho saputo filtrare e trattenere le cose positive, che erano molte.
Puoi raccontarci qualcosa sulla comunità evangelica di Burgos e in che modo ti ha influenzato nel vivere la fede?
La verità è che la chiesa evangelica di Burgos ha avuto un parto piuttosto particolare, è stato un movimento di “revival” tra i giovani dell’era hippie negli anni ‘70, e trovò molti agganci. Intere famiglie si sono convertite attraverso la testimonianza della loro adolescenza. Il movimento è nato nei gruppi cattolici, ma i promotori provenivano da un ambiente protestante e in pochi anni hanno portato quasi tutti in un gruppo di varie comunità di dominazione evangelica, ma non tradizionale, proprio a causa delle sue radici.
In qualche modo è sempre rimasta l’essenza hippie e ribelle, così come la creatività, l’uso della musica, l’arte, il teatro come strumento di evangelizzazione. Non era una chiesa evangelica del tutto convenzionale, è stato più un movimento molto interessante condotto e composto principalmente da gente giovane. Nel mio caso questa radice è coincisa con il viaggio in Inghilterra, fu una bomba ad orologeria del desiderio di vivere la fede in modo impegnato, divertente, efficace, non religioso.
Quando hai iniziato ad interessarti alla musica? E perchè proprio alla musica cristiana?
Fin da piccolo ho cantato nel coro della Chiesa Cattolica, poi studiai chitarra e pianoforte per un paio d’anni, e a 16 anni formai un gruppo insieme ad un altro ragazzo, abbiamo avuto un discreto successo. Si chiamava “Africa divisa” e abbiamo suonato con alcuni complessi di quel tempo come Gabinete Caligari, Golpes Bajos, Objetivo Birmania, Duncan Dhu, tra gli altri.
Eravano molto, molto giovani e tutto questo era come un sogno per noi, però la musica che facevamo era a livello laico e subito io decisi di lasciarla pensando che non era “quello che Dio voleva” che io facessi. Quindi da lì, decisi di dedicarmi a tutto quello che era relativo alla musica nella chiesa, suonando la chitarra e cantando alle riunioni, come parte del gruppo responsabile al culto.
Poi mi resi conto che la musica che si faceva in chiesa era una pizza totale, e che se desideravamo divertirci con Dio e allo stesso tempo attirare i giovani, dovevamo cambiare lo stile e rimboccarci le maniche.
Se non mi sbaglio stiamo parlando del principio degli anni novanta, ed è proprio in questo periodo che nasce il gruppo Comisión, giusto?
Sí, fu quando incominciai a comporre la mia musica, assieme ad Aitor, che anche lui componeva e suonava molto bene la chitarra, abbiamo formato il complesso musicale chiamato “COMISIÓN” grazie al quale abbiamo viaggiato per vari paesi ed abbiamo percorso anche la penisola iberica. Sono stati 12 anni intensi, abbiamo pubblicato 7 album, due di questi negli Stati Uniti, abbiamo fatto più di 500 concerti e percorso 500.000 km su un furgoncino per suonare nei festival, incontrare i giovani, a tutti i tipi di eventi evangelici organizzati principalmente dalla chiesa evangelica, ma anche in varie occasioni di eventi cattolici.
Tutto si è articolato quasi senza rendercene conto, le porte si spalancavano e abbiamo vissuto unicamente ed esclusivamente per questo, dedicando molti anni della mia gioventù tralasciando la formazione e lo studio di altre cose, dato che questo mi ha assorbito molto tempo e in più funzionava e facevo quello che volevo.
Dopo è arrivato Contra Corriente, parliamo un poco di questo progetto.
Contra Corriente è nato qualche anno più tardi di Comisión. Viaggiando molto e vedendo il panorama che la chiesa offriva alla gioventù cristiana, abbiamo pensato che dovevamo fare qualcosa per alzare il tiro ed attirare i giovani. Tutto è successo in maniera abbastanza naturale: chiacchierando con una coppia di giovani missionari americani con i quali eravamo molto in collegamento, abbiamo cominciato a parlare, a sognare, a lavorare e abbiamo centrato il bersaglio.
La visione era audace, radicale, provocatoria, impegnativa, molto artistica, e con l’idea di accogliere persone da tutta l’ampia gamma confessionale cristiana. Abbiamo cominciato con un evento annuale a cui partecipavano circa 150 giovani e tre anni dopo siamo riusciti a raccogliere oltre un migliaio di ragazzi provenienti da diverse parti della Spagna e di altri paesi, invitavamo complessi musicali professionisti e relatori molto alternativi, utilizzando un DJ per rallegrare gli incontri, etc. La manifestazione ha avuto molto successo nelle prime dieci edizioni e anche qualche polemica.
Conoscendo l’omofobia degli ambienti religiosi in cui hai agito, non vivevi un conflitto personale terribile? O forse non avevi ancora scoperto di essere omosessuale?
Il mio orientamento sessuale l’ho percepito sin da quando ero piccolo, credo prima dei dieci anni. Il conflitto personale è stato totale durante tutta la mia adolescenza, mi sentivo un po’ strano, complessato… ma ha smesso di essere un problema durante la mia gioventù, perchè in qualche modo avevo deciso di rimanere celibe e dedicare la mia gioventù a servire Dio.
Mi sembrava abbastanza completo a livello emozionale e affettivo, e poi ho quasi sempre vissuto in comunità e sono sempre stato molto occupato in Comisión e in Contra Corriente e conducevo una vita molto eccitante che quasi non avevo il tempo di pensare al mio orientamento sessuale, più tardi (verso i 30 anni) giunsi ad una profonda crisi personale e spirituale. Il fatto di non permettere a me stesso di esprimere i miei sentimenti e la mia affettività, credo che io l’abbia pagato fino ad ammalarmi.
Io ero il primo omofobo, è chiaro, perchè ero influenzato da quello che la chiesa dice sull’omosessualità. Troppo tardi ho scoperto che Dio ha altre cose da dire a proposito.
Leggendo alcuni testi del tuo ultimo disco: “Abbiamo bruciato l’amore, abbiamo arrestato l’illusione”, “Sento come un vento che mi spinge il mare dentro. Mi sommerge nelle onde della mia ansietà”, ci si accorge che alla fine il conflitto tra il tuo orientamento sessuale e la tua fede era evidente, puoi spiegarci un po’ come ti sentivi e cos’hai fatto?
La mia intenzione era quella di servire Dio e di vivere per Lui, e questo è sempre stata la cosa più importante, però non riuscivo a capire la mia attrazione sessuale per i ragazzi e di non riuscire a sentire nulla di affettivo o sessuale verso le ragazze.
Cominciai a digiunare, pregare, ho seguito una terapia riparativa (che risultò essere molto dannosa), sono stato a Chicago per parlare con un capo di una organizzazione che si dedica a “curare l’omosessualità” e dopo una lunga conversazione con questo uomo, autore di un libro molto conosciuto che affronta questo tema, mi sono reso conto che egli non viveva quello che diceva e che il suo meraviglioso matrimonio e i suoi figli non erano garanzia di niente; in realtà mi sono sentito molestato dalla sua maniera di guardarmi e di parlarmi, benchè non avessi nessuna esperienza sul tema.
Dunque ho pensato che di gente falsa c’è n’è dappertutto e che forse avrei dovuto continuare nella ricerca e pensare che sarei dovuto cambiare. E’ stato allora che ho iniziato la terapia con un sacerdote in Spagna, il quale ha cercato di aiutarmi con le sue migliori intenzioni ma senza esito, invece l’effetto che ha avuto è stato contrario e la cosa ogni volta peggiorava.
Stai dicendo che non solo in America ma anche nel nostro paese, negli ambienti evangelici che frequentavi, si praticano le terapie riparative che sostengono di poter “curare” l’omosessualità? Quali furono le conseguenze di ciò che stavi vivendo?
A quel tempo vivevo i momenti migliori con Comisión e Contra Corriente, con grande successo e molto lavoro, però vedevo che stavo perdendo la mia vita. Ho incominciato ad avere gravi attacchi di ansia, a sentirmi da schifo dopo ogni concerto. Mi nauseava parlare con la gente dopo un concerto, mi sentivo vuoto, anche se era stato un successo. La pressione che sentivo era insopportabile, avevo tempo per tutti tranne che per me stesso.
Il mio organismo ha cominciato a somatizzare lo stress e la lotta interiore, provocandomi sintomi molto strami che mi facevano gonfiare il volto o che mi facevano perdere la voce per la paura. I medici non trovarono nulla, però io mi sentivo da schifo. E’ stato orribile.
Immagino che in una situazione tanto vulnerabile, si sia disposti a tutto. C’è stato un ultimo tentativo di “cambiare”?
Sí, il mio ultimo tentativo è stato quando andai a Città del Messico per una conferennza di Exodus Internacional che riuniva gli esperti su questo tema di “curare l’omosessualità”. Ho avuto un pass VIP dato che ero conosciuto nel mondo evangelico, che mi ha permesso di parlare direttamente con tutti gli esponenti, e non solo vederli parlare dal palco. La mia sensazione di frode è stata confermata in completo.
Quando salivano a raccontare le loro testimonianze si notava una grande tristezza in loro e veramente non trasmettevano credibilità, anzi era tutto molto innaturale, mi sembravano ammalati che cercavano di credere alle proprie menzogne. In realtà sono stato avvicinato da uno di loro che mi ha invitato a trascorrere alcuni giorni con lui ai Caraibi e mi ha chiesto di non dirlo a nessuno.
Mi ha anche confessato che in diverse occasioni, dopo aver tenuto il proprio discorso nel quale spiegava la liberazione dall’omosessualità, se ne andava in una sauna gay e aveva incontri sessuali. Io non avevo nessun contatto con il mondo omosessuale e non ho accettato il suo invito. Ho pensato: sarò frocio, ma non sono stupido!
Ascoltandoti, ci si chiese se non ci fosse nessuno attorno a te che ti abbia chiesto di accettarti come Dio ti ha creato.
Assolutamente, nessuno dell’ambiente cristiano mi ha mai suggerito di dovermi accettare per come sono e ringraziare Dio per questo. Al contrario, il tema era trattato come una malattia che si sarebbe potuta curare con molti sforzi o come una “croce” che doveva essere sopportata come buon seguace di Gesù. Non c’erano opzioni. Cominciai a pensare che avevo solo tre scelte:
1- Cercare di cambiare con tutti i mezzi a disposizione aiutato da queste terribili terapie, con la speranza di potermi sposare un giorno con una ragazza,
2- privarmi della mia sessualità, vivere celibe e confessare qualsiasi “ostacolo” incontrato in proposito,
3- abbandonarmi alla fede e alle credenze e vivere come un peccatore omosessuale che senza dubbio sarebbe andato all’inferno. Grazie a Dio, Egli mi rivelò la quarta opzione, che era sentire il suo amore, vedere il suo sorriso sopra di me, e accettare il mio orientamento con gratitudine senza dover abbandonare la mia spiritualità e la mia fede, questo si, sapevo che il prezzo da pagare implicava il rifiuto, la solitudine e l’abbandono da parte della chiesa.
Se non è indiscreto, tramite quali agganci ti sei messo in contatto con gruppi tanto pericolosi come Exudus Internacional?
Mi sono messo in contatto con Exudus tramite il sacerdote con il quale iniziai la terapia. Egli e gli altri miei mentori, pensavano che cosa stava diventando difficile e che forse questo sarebbe stato una buona occasione per raggiungere la mia liberazione definitiva.
Inoltre mi chiesero di portare dei libri e del materiale che potessero essere d’aiuto ad iniziare qualcosa di simile qui in Spagna e che sarei stato partecipe della formazione di questo nuovo ministero per “curare gli omosessuali”, perchè vedevano la quantità di giovani omosessuali che c’era (e c’è) nella chiesa e si sentivano sopraffatti e impotenti. Se io mi fossi “curato” io stesso sarei potuto essere la chiave per poter aiutare gli altri, vista l’influenza che avevo sulla gioventù…
Cosa successe dopo il tuo ritorno da Città del Messico e cos’è stato che ti ha aiutato finalmente ad accettarti?
Sono tornato in Spagna completamente frustrato e arrabbiato per aver visto come si giocava con qualcosa di tanto serio e per essermi sentito profondamente ingannato, non solo da loro, ma anche dalla religione e da me stesso. Decisi di lasciar perdere tutto quanto, di prendermi un mese sabbatico e dedicare del tempo a me stesso.
Incominciai a incontrare altri omosessuali cristiani e non cristiani, ascoltai le loro esperienze, poi cominciai a cercare l’aiuto professionale di psicologi credenti e non credenti. Il 31 dicembre del 2005 lo trascorsi in digiuno e in preghiera e ho sentito l’amore di Dio in una maniera eclatante che mi incoraggiava ad amarmi e ad accettare me stesso e la mia omosessualità come un dono.
Quello stesso giorno ho sentito ,e ho scritto nel mio diario, che Dio mi aveva riservato un altro regalo molto speciale. Tredici giorni più tardi ho conosciuto Jonatan, che ora è mio marito. Curiosamente la notte che conobbi Jonatan c’era la luna piena, ho sentito come se si compisse la “profezia” che avevo scritto in una delle mie canzoni: “…e si può vedere che qualcosa brilla nella notte, che non c’è tutta quella oscurità e che tu, luna piena,illumini il mio imbrunire …” (“Volver a Amanecer”, dall’album “Pasión”).
Si, una cosa però è accettarsi e un altra far pubblico il proprio orientamento sessuale. Suppongo che a Comisión e a Contra Corriente, che lavorano principalmente per delle comunità di chiese omofobe, tu non stia facendo nessun favore. Cosa ne pensi?
Ho deciso di essere onesto e di parlarne con tutte le persone con le quali ho lavorato all’interno della chiesa e con i ministeri di Comisión e Contra Corriente, e raccontar loro della decisone che avevo preso di accettarmi come sono, investendo nella mia nuova relazione con Jonatan, e lasciando tutto quello che avevo fatto nella chiesa (non perchè lo volevo), ma perchè sapevo che si scontrava frontalmente con la sua dottrina.
Non ho mai vissuto una doppia vita mentre ero coinvolto nella chiesa, però a partire da quel preciso momento avrei fatto il necessario per prendermi cura di me e della mia sessualità e affettività in maniera naturale. Sono sempre stato molto sincero e credo di aver dato più spiegazioni di quelle che avrei dovuto dare.
Come hanno reagito?
Un abbandono e un vuoto bestiale, un rifiuto e un oblio totale. Tutte queste persone hanno smesso di chiamarmi, di interessarsi e me… mi lasciarono letteralmente sulla strada. Non pretendevo che capissero qualcosa che io stesso ho compreso dopo tanti anni, pur vivendolo sulla mia pelle; chiedevo solo affetto e rispetto. Il vuoto ricevuto è stato assoluto. Fortunatamente la mia famiglia, buona parte di una comunità cattolica vicina e pochissimi fratelli e sorelle della fede, (che si possono contare sulle dita di una mano), sono stati in grado di accompagnarmi e di darmi amore e sostegno.
Alberto, vogliamo ringraziarti un’altra volta per aver condiviso con noi l’esperienza tanto difficile che hai vissuto, e di come, alla fine, sei riuscito a superarla. Tuttavia, sapendo che il tuo servizio musicale era indirizzato soprattutto ai giovani, ci piacerebbe, in chiusura, chiederti di lasciare un messaggio a quei giovani cristiani omosessuali, lesbiche, transessuali e bisessuali, che vivono come un handicap la loro fede e il loro orientamento sessuale o la sessualità. E che probabilmente non sono aiutati dal loro ambiente più vicino.
Vorrei dir loro la stessa cosa che direi a qualsiasi giovane che era solito venire ai miei concerti, cioè che Dio è follemente innamorato di loro, che è interessato a loro. Direi loro che forse per salvare la vostra fede e integrità, dovreste lasciare la chiesa, ma che non dovete rinunciare alla fede, nè alla spiritualità, ovviamente.
Che siamo in tanti che siamo passati attraverso queste tribolazioni, e siamo qui per aiutarvi, darvi coraggio, sostenervi in questo viaggio tanto emozionante. Li incoraggerei a cancellare il quadro e a cominciare a dipingere di nuovo, però stavolta lasciandosi guidare dallo Spirito Santo, dal buon senso e dall’amore. Che Dio non può essere rinchiuso in poche parole interpretate da alcuni, che la Bibbia è molto più “magica” di tutto ciò. Che Dio non rientra in sette, confessioni, religioni, dottrine o templi.
Li incoraggerei a cercare Dio in questo processo, e a coloro i quali che non credono nemmeno in Lui (forse non perchè non credono in Dio, ma perchè probabilmente il dio che gli hanno mostrato non ne vale la pena), che si lascino affascinare da un Dio reale che è amico loro, e magari così cominciare a scoprire una comunità, una famiglia, un popolo, una chiesa vera. Che pensino all’immagine di Gesù sul cui petto è reclinata la testa del suo amato discepolo, o del grande amore di Davide e Gionata. Non immagino nessun cristiano eterosessuale che si comporta in una maniera simile con un fratello/sorella nella fede…
E soprattutto non siete soli e vogliamo aiutarvi in qualsiasi cosa. Noi siamo quelli che già abbiamo attraversato questa tribolazione e per questo vi comprendiamo e siamo pronti ad accomagnarvi e ad aiutarvi a VIVERE con le maiuscole. Non esitate a contattare qualcuno di noi.
Grazie per la tua generosità Alberto.
* Questa intervista è stata realizzata da Aurelio Lepe di Área de Asuntos Religiosos de la FELGTB e da Carlos Osma del blog Homoprotestantes.
Testo originale: “Dios me animó a quererme y aceptar mi homosexualidad como un regalo”