La Cresima non è riservata solo alle persone cisgender!
Riflessioni di Massimo Battaglio
Vabbè. Mi tocca parlare di una questione su cui avrei preferito stare tranquillo: la polemica sollevata a partire dal “caso” di un ragazzo trans che ha chiesto la Cresima.
Dico davvero: avrei preferito tenere per me la non-notizia, rallegrarmene, magari andare alla cerimonia quando avverrà, e poi basta.
La Cresima è un momento del tutto intimo nella vita di un giovane cristiano; si festeggia con gli amici, si accompagna con una preghiera comune, e bon. Non è necessario nè opportuno che ne parlino i giornali.
Solo che è successo proprio così: ne hanno parlato i giornali. Per primi, ci si sono infilati, a quanto ho capito, i soliti tre giovani pretini intonacati che rallegrano la mia città ormai da qualche anno.
Perché bisogna sapere che, a Torino, patria dei preti operai, circolano anche tre clerici vagantes ai limiti del lefebvrismo, che si divertono a cercare qualunque pretesto per piantar rogne alla “diocesi progressista”. E dare la Cresima a un trans, per questi fans di Torquemada, è uno scandalo “modernista” che grida vendetta al cospetto di qualcuno (magari non di Dio ma siamo lì). Chi li avrà informati? Sarebbe interessante saperlo.
Secondo me, i preti come questi hanno dei problemi perché non è possibile che una persona normale goda a far del male al prossimo come godono loro. E, di male, anche questa volta, ne hanno fatto, come vedremo oltre.
Immediatamente dopo, un certo sedicente giornalista che rappresenta il loro braccio mediatico, ha fatto esplodere il “caso” su una testata web di cui non dirò il nome. Chiunque può immaginare i suoi toni, del tutto irrispettosi nei confronti di tutti.
Non un accenno al ragazzo in questione, che ha un nome, una vita, dei sentimenti, delle angosce; insulti velati ma diffusi su tutte le persone trans. Le quali hanno a loro volta dei nomi, sentimenti e angosce. Ma, ai sedicenti giornalisti d’assalto e ai pretini coi problemi, questo non importa. A loro interessa solo la dottrina, anche quando non dice proprio nulla in merito.
Nella giornata stessa in cui l’articolaccio compare (domenica), verso sera, una giornalista vera, de La Stampa, comincia a indagare. Telefona al parroco a cui il ragazzo trans si è rivolto, al cancelliere della Curia per capire se ci fossero questioni di diritto canonico, e poi anche al sottoscritto.
Mi racconta il “caso” e mi dice che le polemiche partono proprio dai lefebvriani (sarà vero?). Le rispondo che, per quanto mi riguarda, i lefebvriani sono quelli che hanno celebrato i funerali di Pribke per cui non mi sembrano particolarmente indicati per disquisire su chi abbia diritto o meno alla Cresima e agli altri sacramenti o benedizioni. Proseguiamo amabilmente la conversazione.
Lunedì compare il suo articolo: completo ma troppo ampio. Una vicenda privata non dovrebbe essere trattata con tanta larghezza di opinioni su una testata generalista. La Stampa non è un rotocalco da parrucchiere.
Ma la cosa che mi preoccupa in quell’articolo, di nuovo, è la totale assenza di un cenno alla persona. Si parla di un ragazzo che, evidentemente, non è mai stato interpellato.
Martedì, il “caso” (non il ragazzo, che continua a non esistere) assurge alla cronaca nazionale. Ne parlano tutte le testate torinesi e non solo; si scomodano personaggi della statura del teolgo Vito Mancuso.
A oggi, oltre a due articoli su Repubblica, sei su La Stampa, e svariati sui siti integralisti, si registrano notizie e commenti su Gay.it, Secolo d’Italia, Zazoom, Gazzetta del Sud, Robadadonne, Notizie.it, Libero, Newsonline, Coxnews, Dagospia, Gloria.tv, Sannioportale, Ultimenotizieoggi, Web3.
Per carità: ho letto tante opinioni che condivido. Alcuni si soffermano sulla natura dei sacramenti e sulla loro gratuità, altri sollecitano la Chiesa a prendere sul serio la cosa perché rappresenta un tema nuovo ma urgente.
Tra tutti, è interessante riportare le parole del parroco, don Antonio Borio, e del cancelliere della Curia, don Alessandro Giraudo.
“Davanti a Dio non c’è disciminazione” spiega don Antonio su Repubblica, che aggiunge che l’unico dubbio era “un dubbio burocratico perché il nome del certificato di battesimo non può cambiare”. Per questo, e non per altro, l’anziano parroco si è rivolto alla Curia, che ha trovato una soluzione. Nella sostanza invece: “la scelta di ricevere alcuni sacramenti, come la comunione, la cresima, la confessione, non dipende dal sesso”.
E prosegue: “Tutti i sacramenti prevedono fede ma non possiamo misurarla se una persona viene da noi e sente di essere a posto con Dio. Di certo non ci sono discriminazioni davanti al Signore per il sesso che uno ha. Lo diceva anche San Paolo: non c’è più giudeo né pagano, né schiavo né libero, né uomo né donna”.
Don Borio conclude dicendo: “non mi era mai successo ma credo che siano episodi che capiteranno sempre di più. Dovremmo guardare soprattutto le persone. Il mio compito è di accompagnarle ed essere in contatto con loro. Tutti hanno posto nella casa di Dio”.
Altrettanto interessanti le dichiarazioni di don Giraudo su La Stampa: “La Chiesa accompagna il cammino di qualunque persona che abbia deciso di mettersi in gioco. Viverlo, ecco, questo è alla base dei sacramenti della vita cristiana. A prescindere dagli orientamenti che riguardano altre scelte. Insomma: ciò che davvero conta è la cura della persona”. Don Alessadro si spinge oltre: “Che diritto si ha a negare il Battesimo a chi crede, o la Comunione o la Cresima? Nessuno”.
Insomma: gli ultra-conservatori che si prefiggevano di imbrogliare le carte in diocesi per rendere difficile la vita al nuovo vescovo – Roberto Repole – che non sta certo dalla loro parte, hanno sbagliato strategia.
Ci sarebbe da esserne contenti. Peccato (e uso la parola “peccato” non a caso) che si siano mossi passando come un cilindro sopra la vita di un ragazzo dalla vita già non facile (chiunque conosca persone trans sa quanto sia complesso e doloroso il loro percorso), senza nemmeno conoscerlo.
Ora, quel ragazzo, non si sa dove sia sparito. Non risponde al telefono, non si fa vedere neanche nella parrocchia di don Antonio. E lo comprendiamo.
Trovarsi sbattuto sulle pagine di tutti i giornali senza motivo, vedere violato il proprio privato fino a questi punti, è traumatico per tutti. Figurarsi in casi come questo.
Volendo difendere una dottrina che non esiste, i nostri hanno finito per compiere un vero e proprio atto omo-transfobico. Ovvero, hanno danneggiato la vita di un giovane a causa della sua identità di genere.
E allora, lo ripeto ancora una volta, la mia convinzione sul fatto che certi fanatici della tradizione abbiano dei problemi è sempre più radicata. Lo dice anche il papa: “Dietro la rigidezza si nasconde qualcosa di patologico. Spesso, una doppia vita”.