The city of no limits. Il cinema spagnolo LGBT dal tardofranchismo alla democrazia
Scheda di Luciano Ragusa con cui è stato presentato al Guado il film “The city of no limits” di Antonio Hernández il 13 settembre 2020
Nella precedente scheda (febbraio 2020) abbiamo focalizzato l’attenzione su Eloy De la Iglesia e Ventura Pons, registi dal temperamento artistico piuttosto distante, ma, entrambi, impegnati a traghettare il cinema spagnolo verso una rappresentazione visiva più inclusiva e democratica. Tenendo presente lo stesso itinerario – l’analisi si riferisce al periodo che la storiografia riconosce come “tardofranchismo” (1969-1982) – dobbiamo annoverare altri autori e pellicole nelle quali, con sfumature assai diverse, vengono sceneggiati vissuti della comunità LGBT.
Vicente Aranda:
Scomparso a Madrid nel 2015, Aranda ha attraversato un arco temporale piuttosto esteso della cinematografia iberica del 900’. Nato a Barcellona nel 1926, sente la necessità di fuggire in Venezuela nel dopoguerra, per far ritorno in patria nella seconda metà degli anni 50’.
La passione per la regia è tardiva: esordisce infatti solo nel 1963 con Brillante avvenire (uscito nelle sale nel 1964 con robusto intervento censorio), film satirico precursore della cosiddetta Scuola di Barcellona, movimento cinematografico d’avanguardia che ha rappresentato la sola autentica “nouvelle vague” spagnola. Il tragitto non è stato semplice, perché la richiesta del futuro cineasta di entrare a studiare alla Scuola di Cinema di Madrid non è accolta, in quanto il soggiorno venezuelano non gli ha consentito di ultimare le scuole necessarie alla frequenza.
A quel punto non rimaneva che un percorso da autodidatta, sia per quanto riguarda la presa di coscienza degli strumenti tecnici, sia per la ricerca dei fondi necessari per produrre lungometraggi. Dopo tante difficoltà, Aranda riesce a entrare nei circuiti produttivi, malgrado gli anni 60’ non vedano primeggiare il suo nome tra gli artisti di punta.
Raggiunge la notorietà internazionale con Cambio di sesso (1977), film che entra di diritto nel novero delle opere che hanno mutuato un cambiamento di costume favorevole al movimento arcobaleno. La trama è semplice: José Maria è un ragazzo di sedici anni con atteggiamenti femminili pronunciati. Piuttosto distante, dunque, dalla visione mascolina che il padre, ex pugile, vorrebbe radicalizzare nel figlio. Aiutato dalla sorella Manuela, José Maria fugge a Barcellona, luogo in cui trova impiego come inserviente presso un negozio di parrucchiere per signora, e dove conosce Bibi, una ragazza che si è sottoposta all’intervento per il cambio di sesso. In virtù di questa nuova amicizia riesce a debuttare come ballerina solista in un locale chiamato Starlet Club, e qui ad innamorarsi del direttore Durand. A seguito del suo diniego, José Maria fugge, instillando nell’uomo prima rimorso, dopodiché la consapevolezza, unita alla paura, dell’importanza affettiva del ragazzo. Dopo diversi tentativi Durand riesce a trovare José Maria, che, nel frattempo, ha maturato la convinzione di un percorso M to F, del quale il direttore, può solo prendere atto e fornire aiuto nella transizione.
L’apice della carriera viene raggiunto da Vicente Aranda negli anni 90’, infatti, al 1991 risale Amantes – Amanti, film “noir” ispirato ad eventi reali, con cui vince il Premio Goya per il miglior film; e grazie al quale Victoria Abril, attrice feticcio del cineasta, conquista l’Orso d’argento per la migliore attrice al Festival Internazionale del Cinema di Berlino.
Tratto dal romanzo di F.G. Delgado, è da segnalare Lo sguardo dell’altro, 1997, candidato per l’Orso d’oro a Berlino l’anno successivo. Film durissimo, narra la sconclusionata vita sessuale di una donna borghese, che cede a facili avventure per paura di un coinvolgimento emotivo.
Jaime Chávarri:
Nato nel 1943, Chávarri è un poliedrico regista, sceneggiatore, attore madrileno, con una ventina di lungometraggi in archivio. Dopo la laurea in legge, sebbene abbandoni al secondo anno, si iscrive nel 1968 alla Scuola Ufficiale di Cinema, focalizzandosi soprattutto sulla critica cinematografica, la quale, diventa mestiere negli anni successivi.
La sua prima pellicola di spessore è datata 1974, Gite scolastiche, un film autobiografico che si concentra sulle dinamiche di una famiglia disfunzionale. Del 1976 è Il disincanto, il quale racconta del carattere dispotico patriarcale del poeta franchista Leopoldo Panero (1909-1962), e di come la moglie e i tre figli ne abbiano pagato le conseguenze.
Per quanto concerne il nostro percorso nella filmografia LGBT iberica dobbiamo segnalare A un dio sconosciuto, del 1977 (stessa data di Ocaña di Ventura Pons (confronta scheda febbraio 2020), e Cambio sesso di Vicente Aranda): il film narra di José, un uomo di mezza età che ha una relazione occasionale con Miguel, un politico che trova più conveniente sposarsi piuttosto che affrontare apertamente la propria omosessualità. Il protagonista comincia un viaggio, sia fisico che mentale, alla ricerca del proprio passato, dove non solo ritrova ricordi, ma anche persone con cui ha avuto relazioni affettive. All’interno di tutto ciò nutre e disseta la sua ossessione, Federico García Lorca, “il dio sconosciuto” a cui si è rivolto nei momenti difficili della propria vita, e alla quale sente di dover consacrare definitivamente la sua solitudine.
Degli anni 80’ sono da segnalare Le biciclette sono per l’estate, 1983, e Io sono quello che stai cercando, 1988, tratto da un racconto di Gabriel García Márquez. Dell’84 è il “cameo” nel film Che ho fatto io per meritare questo? di Pedro Almodóvar, dove interpreta il ruolo dell’esibizionista che inscena uno spogliarello di fronte a Gloria (Carmen Maura) e Cristal (Verónica Forqué).
Nei decenni successivi, Chávarri, non ha inciso in profondità nell’immaginario filmico, accontentandosi di regalare al pubblico commedie commerciali, perdendo dunque di vista l’intento prettamente artistico delle prime opere. Segnalo per concludere Camarón: quando il flamenco è diventato leggenda, “biopic” sulla vita del ballerino e cantante Camarón, vincitore nel 2005 di tre premi Goya.
Imanol Uribe:
Salvadoregno di nascita (1950) naturalizzato spagnolo è una figura chiave nell’industria del cinema basco. Si fa conoscere con Il processo di Burgos, 1979, drammatica ricostruzione della repressione franchista contro alcuni militanti dell’ETA.
In seguito sa usare i generosi finanziamenti del governo basco per realizzare film che favoriscono la riscoperta dell’identità storica della regione, e che s’interrogano sul difficile passaggio dalla dittatura del Generalissimo alla democrazia.
Un esempio ben riuscito di questa “politica” cinematografica è La fuga di Segovia, 1981, Premio della critica al Festival Internazionale del Cinema di San Sebastián. Nel film viene raccontata l’evasione di alcuni antifranchisti dell’ETA avvenuta grazie ad un tunnel costruito all’interno di una prigione di stato nel 1976, alla vigilia della morte del regime (1977).
Del 1984 è La morte di Mikel, lungometraggio che giustifica la presenza di Uribe in questa scheda: farmacista e politico locale, il suddetto litiga con la moglie perché ha confidato a sua madre i loro problemi coniugali, dovuti ad una omosessualità repressa che comincia a presentare il conto. Una sera, in un locale di Bilbao, il protagonista incontra Fama, un travestito che lo aiuterà a superare la difficoltà della propria condizione. Tornato in paese, viene investito della candidatura a sindaco, revocata quando vedono Fama, che nel frattempo ha raggiunto Mikel, in atteggiamenti affettuosi con lui. Madre e moglie intervengono nel tentativo di ricondurre il familiare a giusta via, che, dal suo canto, accetta il proprio orientamento sessuale senza più compromessi. Arrestato dalla polizia a seguito di una retata antiterrorista subisce pestaggi e umiliazioni, dopodiché, non distante dal rilascio, lo si scopre morto nel suo letto. Durante il funerale, il partito nazionalista basco, cerca di strumentalizzare politicamente la sua morte. Interessante la scelta del regista di non far capire chi è l’assassino del protagonista, lasciando aperte tutte le ipotesi, dal suicidio all’omicidio materno, dal disonore provocato al partito alla moglie. Una cosa è certa, ad uccidere Mikel è stata l’intolleranza di un villaggio incapace di accettare la diversità del proprio compaesano.
A conclusione segnalo Giorni contati, 1994, vincitore, l’anno successivo, di ben nove premi Goya; e Il viaggio di Carol, 2002, anch’esso mattatore ai Goya 2003 con candidature multiple e triplice bersaglio.
THE CITY OF NO LIMITS (En la ciudad sin límites)
Uscito nel 2002, il film s’impone ai successivi premi Goya per la migliore sceneggiatura originale, a cui si aggiunge il premio a Geraldine Chaplin come migliore attrice non protagonista. Primo lungometraggio di successo del regista Antonio Hernández, segue, quattro anni dopo, I Borgia, coproduzione Spagna-Italia in cui si raccontano le vicissitudini di papa AlessandroVI e dei propri figli. Nel 2011 viene distribuito Il cavaliere del Santo Graal, pellicola tratta da una serie di fumetti spagnoli di notevole successo, ben recepita anche dalle sale cinematografiche.
Nel 1994 ha creato la società televisiva “Zeppelín Televisión”, motivo per il quale, vediamo il cineasta impegnato dietro la macchina da presa in serial per il piccolo schermo. Per quanto concerne The city of no limits dobbiamo segnalare, oltre alla bravissima Geraldine Chaplin, la presenza di Fernando Fernán Gómez, scrittore, regista, sceneggiatore, attore di origine peruviana. Deceduto nel 2007 all’età di ottantasei anni, ricordo, estrapolando da una filmografia sconfinata, El anacoreta (1977), e Stico (1985), pellicole con cui ha vinto l’Orso d’argento a Berlino come miglior attore. Il regista Pedro Almodóvar lo ha voluto, nel 1999, per ricoprire il ruolo del padre malato d’alzheimer di Rosa (Penelope Cruz) nel bellissimo Tutto su mia madre.
SCHEDA DEL FILM:
Soggetto e regia: Antonio Hernández; sceneggiatura: Enrique Brasó, Antonio Hernández.
Fotografia: Unax Mendia; montaggio: Patricia Enis, Javiere Laffaille.
Musiche: Victor Reyes; scenografie: Gabriel Carrascal.
Paese di produzione: Spagna, Argentina.
Produzione: Zebra Producciones, Icónica SA, Patagonik Film Group (AR), Ackoa (FR).
Produttore: José Nolla, Antonio Saura.
Distribuzione: Warner Bros, Cinemien (NL); distribuzione italiana:Videodelta.
Cast: Leonardo Sbaraglia (Victor), Fernando Fernán Gómez (Max), Geraldine Chaplin (Marie), Ana Fernández (Carmen), Adriana Ozores (Pilar), Leticia Brédice (Eileen), Roberto Alvarex (Luis).
Genere: drammatico; anno: 2002; durata: 120 minuti.
TRAMA:
I figli di un anziano uomo d’affari si ritrovano al capezzale del suo letto per gestirne il fine vita e la successiva eredità. Il patriarca sembra vivere in un mondo folle, abitato da personaggi frutto della sua fantasia e che nessuno sembra conoscere. Victor, il figlio minore, intuisce che le storie del padre non sono false, e comincia ad assecondarne gli strani atteggiamenti, scoprendo, di volta in volta, delle verità inaspettate.