Sentirsi soli a 5 anni come a 100
Riflessioni di Alex Rizzi, presidente dell’associazione LGBT Il Groviglio – Biella e Valsesia
Sentirsi sol* a 5 anni come a 100. Ricordo perfettamente il momento in cui ho realizzato di essere gay. Piansi perché compresi che non avrei mai avuto una vita “normale”; in quel periodo ero ancora lontano dal comprendere che la mia diversità sarebbe diventata un valore aggiunto, in quel momento mi resi conto di essere solo nell’affrontare qualcosa che non conoscevo.
È stato solo un attimo, perché averne poi parlato a mia madre ha avvolto d’amore infinito ogni mio dubbio e paura, ma nella mia vita ci sono stati molti momenti in cui ho provato solitudine. È accaduto in mezzo a mille persone, all’interno di un rapporto di coppia.
Non mi sono mai sentito solo quando ho scelto di stare da solo: io amo viaggiare da solo, andare a vedere film e concerti da solo, la solitudine è in agguato quando, per una serie di circostanze, arriva un malessere che ti isola dagli altri, ma prima di tutto da te stesso.
Pochi mesi fa ho perso mia madre, è stata sicuramente la persona più importante della mia vita, le sono sempre stato accanto, ho condiviso con lei tutto ciò che era possibile; specialmente negli ultimi anni, quando non avevo più obblighi lavorativi, eravamo praticamente sempre insieme. Quando se ne è andata, a parte il dolore immenso, ho creduto di aver fatto per lei tutto quello che un figlio potesse fare per non farla sentire sola, eppure leggendo i suoi diari, che ha scritto per decenni, ho scoperto che proprio negli ultimi tempi soffriva di solitudine, di cui non mi sono mai accorto perché ero lì con lei.
Come poteva soffrire di solitudine? Poi ho compreso che, ancora una volta, fattori esterni possono isolare e far soffrire anche in mezzo alle persone che ami, nel caso di mia madre l’età, la consapevolezza del tempo che stava per finire, e chissà cos’altro.
Ci sono solitudini a cui difficilmente si può porre rimedio, ma sicuramente dedicandoci alle persone che amiamo possiamo aiutarle a sopportarne il peso. Poi ci sono le solitudini passeggere, causate da fattori improvvisi, come ad esempio la morte di una persona cara: in questi mesi ho avuto momenti molto difficili in questo senso, ma ho avuto un forte aiuto, certo dai miei fratelli e dagli amici, ma molto anche dal Groviglio, da un gruppo di persone che lavorano con un unico scopo: far stare bene altre persone, rendere la vita, e la società che ci circonda, migliori.
Io stesso ho usufruito di questa energia positiva, e questo mi ha aiutato. Ecco perché non dobbiamo mai dimenticare che un’associazione come la nostra deve avere delle priorità che portino sempre a scegliere l’umanità sopra ogni altra cosa. La nostra presenza può aiutare a superare certe tipologie di solitudini che possono essere portate da mille fattori e problemi che si incontrano nella vita, quelle solitudini che sembrano irrisolvibili fino a quando incontri qualcun* che, a volte, con un semplice gesto, ti abbraccia con protezione e amore.
Questo è l’unico grande scopo del nostro lavoro, ma per riuscirci pienamente dobbiamo stare sempre in allerta, non cadere mai nel pregiudizio portato ad esempio dall’età diversa dalla nostra, o da scelte di vita che ci sembrano incompatibili con noi. Far parte del Groviglio vuol dire accettare un percorso di vera condivisione, con estrema umiltà renderci disponibili agli altri, un percorso che porta benessere ad entrambe le parti, che inevitabilmente diventeranno una sola, ed è solo a quel punto che ci accorgeremo di non essere più soli.