Guidata dallo Spirito. Il mio viaggio come suora lesbica nella misericordia
Testimonianza di suor Mary Janet Rozzano liberamente tradotta da Diana, revisione di Giacomo Tessaro, parte prima
Nel 1964, realizzando un sogno che coltivavo da vent’anni, pronunciai i voti definitivi di Suora della Misericordia. Ero in tenera età, ero in prima elementare quando annunciai che da adulta sarei diventata una Suora della Misericordia.
Non sono sicura di quali fossero le mie motivazioni; forse, molto semplicemente, il fatto che mi piacevano le suore gentili e premurose che erano state le mie insegnanti, e come loro volevo aiutare gli altri. Dal mio punto di vista, oggi che mi sto avvicinando agli ottantadue anni, posso dire che mi ci è voluta tutta la vita per giungere a una piena comprensione di questa vocazione, e di come io possa essere una presenza misericordiosa nel mondo e nella mia comunità.
In contrasto con la precoce consapevolezza della mia vocazione, giunsi invece molto più tardi all’accettazione del mio orientamento sessuale, quando avevo già più di quarant’anni. Si tratta di una storia che, quarant’anni dopo, è ancora in corso, non completa.
Anche se non c’è spazio per raccontare ognuna di queste storie nei dettagli, vorrei soffermarmi su alcuni punti salienti di queste vocazioni e percorsi trasformativi. In primo luogo, andando indietro nel tempo, vorrei condividere alcune parti della storia della mia comprensione, accettazione, coming out e ministero di suora lesbica.
Poi vorrei riflettere su come vedo lo Spirito, che informa tutta la mia storia e ha continuato a plasmarla negli anni. Forse un altro modo di descrivere questa sezione è considerarla una riflessione su alcuni insegnamenti preziosi ricevuti durante il mio percorso, che mi sembrano importanti abbastanza per condividerli con chi legge.
La mia storia
Sono entrata nelle Suore della Misericordia nel 1956, subito dopo il diploma delle scuole superiori. In quell’epoca precedente il Concilio Vaticano II la formazione religiosa non prevedeva una vera educazione sulla sessualità, la psicologia e un modo sano di vivere il nubilato. Allora, e per parecchio tempo ancora, non mi resi conto di quanto la mia affettività fosse ancora in fase di sviluppo, e di quanto la mia sessualità e la consapevolezza di me stessa come persona fatta di carne venissero sepolte e represse in questo processo.
Sebbene all’esterno apparissi una suora buona e laboriosa, nel mio intimo lottavo con un fastidioso senso di inadeguatezza personale, con dubbi sulla mia capacità di amare ed essere amata, e con la depressione. I miei sentimenti di solitudine, l’attrazione occasionale per alcune consorelle, l’incertezza su come esprimere l’amore e l’affetto che spesso provavo: la follia dei miei pensieri divennero per me non normali difficoltà legate alla crescita, bensì segnali e sintomi di malattia e inadeguatezza. Così, a lungo curai in privato i miei sintomi, mi sentivo molto sola e diversa, cercavo consiglio e pregavo un Dio che mi appariva molto distante da una persona debole come me.
Tra la fine degli anni ’60 e l’inizio degli anni’70, poco dopo la fine del Concilio Vaticano II, la vita religiosa come l’avevamo conosciuta fino ad allora venne rivoluzionata. Le vecchie strutture furono abbandonate, le abitudini modificate, e parecchie suore abbandonarono la comunità. Il mondo ci crollò letteralmente addosso. In quegli anni la vita divenne qualcosa che non potevo più tenere a distanza. Gli amori, le gioie, i dispiaceri, la partenza di molte consorelle, di cui alcune erano compagne da tanto tempo e buone amiche, mi colpirono profondamente, e misero in luce sentimenti a lungo sepolti: amore, tenerezza, amorevolezza, indignazione, dolore, tutti sentimenti repressi per tanto tempo. In quel frangente storico, con le sue ombre e le sue luci, a poco a poco capii che potevo amare ed essere amata, che ero capace di dare e ricevere amore. Cominciai a sentirmi nuovamente bene, felice ed eccitata.
In tutto questo mi sembrava che lo Spirito mi guidasse verso una maggiore crescita personale per essere più libera e in grado di accettare la mia identità sessuale. Negli anni seguenti ebbi tre potenti esperienze di amore ed innamoramento per altre donne della comunità. Proprio tramite queste esperienze, tutte prive di componente fisica, cominciai ad imparare il significato di intimità: mostrare me stessa per come ero, permettermi di essere vulnerabile in presenza di un’altra persona, esprimere amore e affetto con le parole e il contatto fisico.
Ora, cinquant’anni anni dopo, ho ancora una relazione intima con una di queste donne; le altre due sono morte. Considero tali esperienze, sia allora che oggi, avvenimenti meravigliosi e positivi, doni preziosi, fonte di benedizioni e crescita personale.
Mentre queste relazioni si stavano svolgendo, sorse il problema del mio orientamento sessuale. Le mie annotazioni dell’epoca sul mio diario catturano il modo in cui ho iniziato, prima per tentativi e poi con convinzione crescente, a vedere ed accettare il mio orientamento lesbico. Nella prima annotazione scrissi:
“In questi ultimi mesi sono stata coinvolta in quella che si è rivelata una relazione molto significativa e spaventosamente piena di sentimenti con una consorella. All’inizio ero in uno stato di panico, spaventata da quanto mi pareva anormale. Ora che capisco meglio, posso vedere che non è anormale… Quello che è più spaventoso è affrontare direttamente tutti i sentimenti che provo piuttosto che trasformarli in altro, come tendevo a fare in passato”.
In seguito a una conversazione con delle consorelle sull’omosessualità, annotai nel mio diario:
“La conversazione dell’altra notte mi ha lasciata scossa. Suppongo derivi dal fatto che lei ha toccato un punto ancora vulnerabile ed insicuro in me. Mi sono nuovamente interrogata sulla possibilità delle mie tendenze omosessuali, non eterosessuali. Mi chiedo come reagirebbero le persone se lo dicessi. Forse è questa la domanda più profonda: cosa potrebbe significare per la mia vita? E se fosse vero, e lo ammettessi, e lo accettassi? Che implicazioni avrebbe per la mia vita qui ed ora?”.
Dopo un periodo di terapia per cercare di capire e integrare questi sentimenti, conclusi che il mio orientamento era omosessuale. Un’altra annotazione del mio diario esprime la mia convinzione ancora intellettuale, mista a timore e ambivalenza:
“Mi sento sempre più chiaramente convinta del mio orientamento omosessuale definito e permanente… Una parte della difficoltà di accettarlo è il fatto che credo che le cose che si dicono sull’omosessualità parlino di una realtà qualche modo errata, patologica, segno di una difficoltà nel crescere. Credo superficialmente a queste cose, ma nel profondo di me stessa sento che non sono vere, perché questo è stato il mio orientamento sessuale da sempre, per quanto mi possa ricordare, e non dipende da qualcosa di sbagliato nell’infanzia o nel mio sviluppo”.
Tutto questo ha posto le basi per il mio coming out in modo più consapevole e pubblico. Nel 1981 venni eletta nel gruppo dirigente della mia congregazione. Verso la fine del 1982 una delle nostre consorelle più giovani venne a parlarci della sua scoperta ed accettazione del proprio orientamento omosessuale, e del suo desiderio di partecipare ad un ritiro e a un convegno sponsorizzati dal capitolo locale di Dignity, l’organizzazione dei cattolici gay e lesbiche e dei loro sostenitori. Per me fu come un fulmine: seppi allora con assoluta certezza che dovevo fare i passi successivi per affrontare affettivamente, e non solo intellettualmente, la mia identità sessuale.
Incominciò un periodo di intensa revisione della mia vita. Rilessi quanto avevo scritto nei diari, riflettei sulle mie varie esperienze e relazioni, cercando di mettere insieme le cose, alla ricerca di schemi e connessioni. Era come se una diga si fosse finalmente spalancata, e tutti i pensieri, le fantasie, i sentimenti che non mi ero mai permessa di affrontare venissero alla luce. Conobbi panico e timore fisico ed emotivo mentre lottavo per affrontare le grandi decisioni che sorgevano, e consideravo le implicazioni di andare al di là di una distaccata comprensione intellettuale del mio essere lesbica. Mi sottoposi ad un anno di terapia per iniziare a lavorare sui temi che avevo elencato nel mio diario all’epoca. Eccoli qui di seguito:
• Essere in grado di articolare la mia esperienza di donna lesbica, e fidarmi di essa come cosa vera;
• Integrare questa esperienza nelle mie relazioni con gli altri e con Dio;
• Decidere come e con chi condividere la mia identità sessuale;
• In un certo senso, scegliere di nuovo uno stile di vita nubile alla luce di una comprensione più consapevole della mia identità sessuale;
• Decidere come affrontare la posizione della Chiesa sull’omosessualità e altre questioni sessuali.
Negli anni seguenti, un piccolo passo per volta nell’ignoto, mi trovai sempre più attiva nei ministeri per e con le persone gay e lesbiche. Cominciai a fare coming out con le consorelle della mia comunità, quasi sempre durante conversazioni a tu per tu. Frequentai il ritiro e il convegno di Dignity a Seattle nel 1983 con la consorella che era venuta a parlare con il nostro gruppo dirigente. Fu l’inizio del mio coinvolgimento con altri sacerdoti e religiosi gay e lesbiche.
Formammo un gruppo di sostegno nella nostra zona, la Baia di San Francisco, e ci incontravamo regolarmente per pregare e incoraggiarci. Facevo parte del Ministry of Communication, una rete nazionale per suore lesbiche e sacerdoti gay, che pubblicava un bollettino informativo e organizzava ritiri annuali per i suoi membri in diverse parti del Paese. L’organizzazione cessò di esistere nel 2009, affidando la sua missione a New Ways Ministry.
Ho lavorato per Dignity a San Francisco, e per parecchi anni ho partecipato alle loro messe settimanali. Sono intervenuta a tre conferenze di New Ways Ministry, nel 1986, 1992 e 2002. Nel corso degli anni ho preso parte ad alcune conferenze nei fine settimana per suore lesbiche, superiore di congregazioni e responsabili della formazione e delle vocazioni a Racine, nel Wisconsin. Sono stata invitata dalle mie Suore della Misericordia e da altre comunità religiose della nostra zona per parlare ai loro membri, alle superiore delle congregazioni e alle responsabili della formazione. Ho sempre desiderato parlare con tutte le consorelle che volessero discutere su problemi relativi alla loro possibile sessualità lesbica.
All’inizio degli anni 2000 sembrava giunto il momento di vedere se c’era interesse a formare un Istituto ad ampia rete per le consorelle lesbiche della mia congregazione. Mi fu chiesto di scrivere un articolo per il bollettino del nostro Istituto, per annunciare la nascita di questa rete e invitare le consorelle interessate a contattarmi. Anche se alcune risposero, e per alcuni anni lavorammo a questo progetto, alla fine esso cessò. Forse non erano i tempi giusti perché potesse svilupparsi. Comunque sono lieta di dire che al Capitolo del nostro Istituto del 2017 era giunto il momento di impegnarci “a saperne di più e partecipare a dialoghi seri sull’identità di genere e l’orientamento sessuale”.