Desideri sotto chiave. Viaggio tra i poeti uraniani
Testo pubblicato sul sito Penny’s poetry pages Wiki, liberamente tradotto da Giacomo Tessaro
Gli uraniani sono stati un piccolo gruppo clandestino di poeti che hanno pubblicato le loro opere tra il 1858 (data in cui William Johnson Cory pubblicò Ionica) e il 1930. La maggior parte di loro era inglese, ma non mancarono sodali statunitensi e francesi.
Origine del termine
Si crede comunemente che il loro nome derivi dall’opera dell’attivista tedesco Karl Heinrich Ulrichs, attivo negli anni ‘60 del 1800; John Addington Symonds e altri ne avrebbero ricavato il termine “uraniani”. Si crede che questa parola, perlomeno per quanto riguarda i Paesi di lingua inglese, derivi appunto dall’opera di Ulrichs.
Scrive Michael M. Kaylor nel suo libro Secreted Desires: The Major Uranians: Hopkins, Pater and Wilde (Desideri sotto chiave. I maggiori poeti uraniani: Hopkins, Pater e Wilde): “Dato che i maggiori tra gli uraniani erano studiosi della classicità, considero ridicola l’idea, molto diffusa, che il termine ‘uraniano’ derivi dalle apologie e dagli appelli legali scritti da Karl-Heinrich Ulrichs negli anni ‘60 del 1800, anche se il termine da lui coniato ‘Urning’ (che vuole indicare ‘una psiche femminile in un corpo maschile’) deriva in effetti dalle medesime fonti classiche, in particolare dal ‘Simposio’. Del resto, gli uraniani non si consideravano possessori di una ‘psiche femminile’, e come gruppo, non risulta abbiano letto opere come ‘Forschungen über das Räthsel der mannmännlichen Liebe‘ (Ricerche sull’enigma dell’amore tra uomo e uomo); gli uraniani non erano d’accordo con Ulrichs lì dove parlava di liberazione androfila e omoerotica ma non pederasta; e anche quando è stata stabilita una connessione con le idee e la terminologia germaniche, essa è comunque apparsa molto dopo che il termine era divenuto comune nei circoli uraniani, perciò non era un ‘prestito’, bensì un ‘ponte’ con persone dalle idee simili al di là della Manica, come scrisse anche Symonds”.
Il movimento
L’opera dei poeti uraniani è caratterizzata da un’idealizzazione della storia dell’antica Grecia, dall’infatuazione sentimentale di uomini maturi per ragazzi adolescenti e dall’uso di forme poetiche conservatrici.
I maggiori poeti di questo circolo furono William Johnson Cory, Lord Alfred Douglas, Montague Summers, John Francis Bloxam, Charles Kains Jackson, John Gambril Nicholson, Rev. E.E. Bradford, John Addington Symonds, Edmund John, John Moray Stuart-Young, Charles Edward Sayle, Fabian S. Woodley e molti autori che scrivevano sotto pseudonimo, come “Philebus” (John Leslie Barford) e “A. Newman” (Francis Edwin Murray). L’eccentrico romanziere Frederick Rolfe (conosciuto come “Baron Corvo”) era una presenza fissa nella loro rete sociale, sia a Venezia che fuori.
La loro fama fu limitata dai tabù dell’epoca vittoriana e poi di quella edoardiana, dalle edizioni limitatissime delle loro opere (spesso stampate privatamente), e dalla natura zuccherosa e a volte misogina della loro poesia. Tuttavia, lo storico Neil McKenna afferma che la poesia uraniana ha avuto un ruolo importante nelle sottoculture omosessuali dell’alta società del periodo vittoriano, e che la poesia è stata il mezzo principale attraverso cui scrittori come Oscar Wilde, George Ives e Rennell Rodd cercarono di confutare i pregiudizi anti omosessuali della loro epoca.
Ai margini del loro mondo troviamo scrittori più famosi come Edward Carpenter, ma anche l’oscuro e profetico poeta e stampatore Ralph Chubb, di cui ricordiamo gli splendidi volumi di litografie che celebrano l’Ideale dei ragazzi adolescenti. Il tentativo uraniano di far rivivere il concetto greco di paiderastia non ebbe successo per via del conservatorismo dei costumi vittoriani.
Testo originale: Uranian poetry