La liturgia, parola concreta del nostro credere
Riflessione di Darianna
La dimensione liturgica è quella dimensione che, attraverso atti, colori, abbigliamento, oggetti e parole, organizza il senso, ovvero lo contestualizza e lo rende presente, di un significato che si vuole perniare l'interezza della vita anche di quel significato che, nella dimensione liturgica, rappresenta un elemento fondante dell'interezza di quel "culto quotidiano" di cui parla l'apostolo Paolo nella Lettera ai Romani.
Non c'è dubbio alcuno che la dimensione liturgica è un fatto sostanziale quando è conosciuto nel suo proprio significato.
La liturgia quotidiana come quella annuale ha significato e senso quando è pienamente conosciuta, ovvero quando non è espressione semplicemente di una dimensione rituale, poichè nella ritualità ci sarebbe semplicemente la ripetizione di atti di cui non si ha più consapevolezza del loro significato ed origine, ma diventa espressione mitologica di qualcosa che non ha più rilevanza e significato nel contesto quotidiano.
La dimensione liturgica è quindi quella dimensione che, attraverso atti, colori, abigliamento, oggetti e parole, organizza il senso, ovvero lo contestualizza e lo rende presente, di un significato che si vuole porre all'attenzione nello sforzo di perniare l'interezza della vita anche di quel significato che, nella dimensione liturgica, rappresenta un elemento fondante dell'interezza di quel "culto quotidiano" di cui parla l'apostolo Paolo nella Lettera ai Romani.
Del natale cosa si può dire? Forse troppe cose, di cui all'analisi dei conti e sulla base di quanto detto fin qui, poco contano se non quegli aspetti fondamentali che né vogliono caratterizzare l'elemento sostanziale liturgico, e che è secondo alla dimensione primaria che è determinata dalla Croce. Infatti per la fede cristiana – comunque sia espressa – l'elemento fondamentale è costituito dalla Croce – il Venerdì Santo liturgicamente – che rappresenta ed esprime il fulcro su cui tutto regge o crolla.
La pasqua ed il natale sono elementi liturgici esplicativi, consolidanti più o meno alcuni aspetti che trovano la loro ragion d'essere nella Croce, ma che in sé non costituiscono elemento normativo e fondante la fede stessa. Come la pasqua, la resurrezione è epilogo alla croce, così il natale né è prologo, ma il logos è la croce.
Questa consapevolezza c'è? Viene richiamata? E' elemento fondamentale di sostanza di questo atto liturgico, oppure tutto questo è sparito e, quindi, l'atto liturgico natalizio è divenuto un mero rito mitologico?
La speranza, la fede, la chiamata al combattimento della fede ci sono poiché c'è l'affermazione del tutto compiuto nella croce. Ed è in quel "tutto è compiuto" che nasce la speranza "natale", la fede "pasqua", la chiamata "epifania" ed il combattimento nella quotidianità della vita della persona credente. Il punto di contraddizione è quindi quello che è il centro. La croce!
Ma come leggerò la croce in questo mio tempo, quindi come leggerò il natale in quanto speranza? La leggerò solo a partire dalla constatazione della lotta mia e della chiesa. La croce è il punto culmine dell'annuncio ed è, nel suo complesso di ubbidienza e fedeltà, affermazione della giustizia di dio e del diritto di cui dio è garante.
La speranza è rivolta alla croce, così come la fede è rivolta alla croce come parabola di quel simbolo che essa richiama. Questo, indipendentemente da qualsiasi sia l'interpretazione cristologica che si vuole dare.