Per le persone LGBTQ in Africa orientale ogni giorno potrebbe essere l’ultimo
Articolo del pastore Ram Gava* pubblicato sul sito LGBTQ cattolico Outreach (Stati Uniti) il 28 maggio 2022, liberamente tradotto da Giacomo Tessaro
L’Africa orientale è composta da sette Paesi: l’Uganda, il Kenya, la Tanzania, il Burundi, il Rwanda, il Sud Sudan e la Repubblica Democratica del Congo; nessuno di essi possiede delle leggi che garantiscano i diritti e l’accettazione per le persone LGBTQ.
Nella nostra regione sono comuni forti discriminazioni contro le persone queer, che sovente sfociano in torture, persecuzioni e stigma sociale. Le persone LGBTQ vivono di nascosto, anche dalle loro famiglie, perché una volta che escono allo scoperto (o sono rivelate dalle loro famiglie) vengono diseredate e abbandonate. Nei luoghi in cui vivono, e in cui dovrebbero vivere nella libertà e nella sicurezza, vengono negati loro i diritti sociali, il diritto alla salute e all’educazione.
La percezione che la maggior parte della gente nell’Africa orientale ha della comunità LGBTQ è dovuta ai leader religiosi, i quali affermano che esse sono malvagie, che non sono ben accette a Dio; questo pone uno stigma sull’intera comunità, e ha condotto alcune persone al suicidio.
Altri invece si uniscono a gruppi pericolosi, oppure cadono nel peccato, perché hanno accettato l’idea di non essere amati da Dio. Peggio ancora, molti danno la caccia alle persone LGBTQ, le arrestano, fanno loro del male, le uccidono.
Arresti, pestaggi e stupri
Durante la pandemia di COVID-19 alcune persone omofobe della mia città sono entrate in alcuni luoghi dove vivono persone LGBTQ e le hanno arrestate con il pretesto di far rispettare il coprifuoco.
Quando la nostra chiesa, gli Adonai Inclusive Christian Ministries, lo ha saputo, abbiamo cercato di aiutare quelle persone, ma non abbiamo potuto aiutarle tutte.
L’omofobia peggiora di giorno in giorno, soprattutto in Uganda e Kenya. So di due persone che sono state uccise per via della loro sessualità: una di esse è stata stuprata e picchiata a morte.
Quando, nell’Africa orientale, le persone LGBTQ rivelano la loro identità di genere o il loro orientamento sessuale, la maggior parte delle volte devono cercare un posto in cui vivere, perché la loro vita è in pericolo, e nessuno vuole avere a che fare con loro: lo stigma è molto forte.
Gli Adonai Inclusive Christian Ministries, di cui sono pastore, si trovano a Kampala, la capitale dell’Uganda, e sono la prima chiesa del Paese che accoglie le persone LGBTQ. Esse vogliono stare in un luogo sicuro, come chiunque altro.
Le persone omosessuali e transgender che accogliamo nella nostra chiesa (ma che non vogliono essere identificate come tali nel loro quartiere) si sentono al sicuro tra noi, perché sanno di non venire giudicate.
Riceviamo molte minacce da parte di varie persone e pastori; alcuni di loro predicano contro di noi durante i loro culti, mentre altri arrivano a comparire in televisione accusandoci di fare il gioco del diavolo.
Salvato dal suicidio
Ma riceviamo anche messaggi di sostegno da parte di persone che ci seguono sui social. Un giovane ci ha contattati da Jinja, una città vicina alle sorgenti del Nilo, perché voleva suicidarsi.
Dopo essere stato cacciato da scuola e diseredato dai genitori, non aveva un posto in cui stare, ma mentre stava meditando il suicidio ha visto il video di uno dei nostri culti e mi ha sentito predicare che Gesù non ha mai condannato nessuno per via dell’orientamento sessuale.
Questo ha cambiato il cuore di quel giovane, che ci ha contattati raccontandoci la sua storia di abbandono da parte della famiglia e del villaggio.
Dato che lì tutti sapevano della sua sessualità, non aveva un posto dove andare, e la nostra chiesa ha deciso di offrirgli un rifugio. Oggi ha un lavoro e una relazione fissa, e serve Dio con tutto il cuore, perché ha sperimentato personalmente che è amato da Dio, e che Gesù Cristo non condanna nessuno.
La cultura africana non tollera l’omosessualità, e la definisce contro natura, abominio, anormale, “non africana”, e alcuni arrivano a dire che sia una maledizione. I pastori e i predicatori, che dovrebbero occuparsi del benessere del loro gregge, passano il tempo a predicare la discriminazione e l’odio contro le comunità LGBTQ: è una predicazione pericolosa, mortale.
Molti Africani sono convinti che le persone LGBTQ siano vittime di incantesimi, o siano malati mentali. Alcune persone omosessuali o trans sono costrette a subire rituali che dovrebbero rimuovere il “demonio” dell’omosessualità, e ci sono persino dei genitori che celebrano il funerale dei loro figli, ancora vivi, che hanno rivelato la loro omosessualità.
Di recente uno dei nostri fedeli è stato aggredito e quasi ucciso al mercato per via del modo in cui si presenta: ha semplicemente detto, con voce femminile, che voleva della verdura, ed è stato lì che una banda di sei uomini lo ha aggredito e pestato.
Per opporci alla marea della violenza e della discriminazione, lavoriamo di concerto con altre organizzazioni che conducono le persone a Cristo. Per grazia di Dio, siamo riusciti a riconciliare e riportare in famiglia alcuni giovani LGBTQ che erano stati cacciati e diseredati dai genitori.
Ci sono molti enti di beneficenza che donano fondi alle organizzazioni LGBTQ africane, che però non ci hanno mai dato nulla perché siamo una chiesa; ci sarebbe invece bisogno di sostenere una piccola chiesa che difende le persone oppresse dallo Stato.
Abbiamo messo in piedi tre rifugi per persone LGBTQ perseguitate, e ognuno di essi ospita dieci fedeli della nostra chiesa. Sono spazi protetti in cui si guidano le persone all’indipendenza economica, insegnando come si alleva il pollame, la sartoria e i lavori di casa; ci sono poi persone con il talento per la musica, la recitazione e la danza, e noi le promuoviamo.
Queste attività contribuiscono a dare stabilità a persone a rischio che altrimenti sarebbero per strada, prive di appoggi. La nostra chiesa va avanti nonostante le retate della polizia e gli sfratti che avvengono quando ci si accorge della nostra attività a favore delle persone LGBTQ.
“Dio mi aiuti”
Noi degli Adonai Inclusive Christian Ministries continueremo la nostra missione e la nostra lotta a favore della comunità LGBTQ, e nel contempo diffonderemo la Parola di Dio.
Per la nostra causa chiediamo preghiere e sostegno economico. Abbiamo molte necessità urgenti e molto lavoro da fare, quindi ogni piccolo aiuto è ben accetto.
Come pastore mi impegno a continuare a creare spazi protetti e inclusivi per la comunità LGBTQ in Africa. Mi batterò per il Vangelo dell’ospitalità e dell’inclusione radicali. Dio mi aiuti.
* Ram Gava è il primo pastore degli Adonai Inclusive Christian Ministries di Kampala, Uganda. Per sostenere lui e la sua opera, scrivete a adonaichurch20.lgbt@gmail.com
Testo originale: For LGBTQ people in East Africa, each day is a matter of life and death