Cronache Celesti. La chiesa cattolica si muove per le coppie gay (matrimonio escluso)
Articolo di Filippo Di Giacomo tratto da Il Venerdì di Repubblica del 1 febbraio 2013, p.25
Matrimonio e figli per tutti, a prescindere dal sesso? L’argomento viene molto discusso in ambito confessionale e anche quello cattolico italiano, così come fu per le grandi riforme statali in materia di divorzio e aborto, è pieno di fermenti. Certo è che la premessa, da cui tutti partono e concordano, è quel buco nero nel nostro sistema sociale: l’assenza, ormai da sessant’anni, di un progetto politico su famiglia e dintorni. Così sospesa tra vecchio andato in pezzi e nuovo che non si palesa, l’Italia è diventata «vecchia», demograficamente e politicamente.
E in questi ultimi mesi, offuscata dalla cortina fumogena di corvi vaticani e cicale della sanità privata, la probabile e, al momento, più realistica piattaforma politica per il riconoscimento dei diritti delle coppie omosessuali, viene scritta in ambito cattolico e, da destra a sinistra passando per il centro, sta trovando l’accordo delle formazioni politiche del nostro Paese.
La bozza, base della futura legge, che circola nelle segreterie di vecchi e nuovi partiti, non è proprio recente, risale infatti al settembre del 2005. Nella sua prolusione all’assemblea generale dell’episcopato italiano, l’allora presidente
Cei Camillo Ruini aveva affrontato l’argomento delle nuove forme di convivenza ed aveva così riassunto la sua proposta:
«Per quelle unioni che abbiano desiderio o bisogno di dare una protezione giuridica ai rapporti reciproci esiste anzitutto la strada del diritto comune, assai ampia e adattabile alle diverse situazioni.
Qualora emergessero alcune ulteriori esigenze, specifiche e realmente fondate, eventuali norme a loro tutela non dovrebbero comunque dar luogo a un modello legislativamente precostituito e tendere a configurare qualcosa di simile al matrimonio, ma rimanere invece nell’ambito dei diritti e doveri delle persone. Esse pertanto dovrebbero valere anche per convivenze non di indole affettivo-sessuale».
L’ipotesi che il porporato illustrava rimanda, più o meno direttamente, a una corrente di pensiero americana (che sarà, probabilmente, recepita in una sentenza della Corte Suprema Usa attesa nei prossimi mesi), che allarga il consenso su una legge che permetterebbe a due persone che convivono senza potersi sposare di registrarsi come «beneficiari reciproci», accedendo alle relative tutele.
Le due persone possono essere tra loro fratelli, parenti, amici, coabitanti, non importa se dello stesso sesso o no perché la loro unione sarebbe dettata dal bisogno e non avrebbe nulla di simile al matrimonio.
Cosa impedisce che una tesi analoga faccia convergere verso un comune sentire a favore della persona, dell’umanesimo e del solidarismo, le forze presenti nel nostro Parlamento?