Cosa succede quando un figlio fa coming out in una famiglia cattolica
Testo tratto dal libro LGBTQ Catholics: A Guide to Inclusive Ministry di Yunuen Trujillo (Paulist Press, 2022), capitolo I, pagine 1-3, liberamente tradotto da Giacomo Tessaro
La necessità della pastorale – Quando un figlio “esce allo scoperto”
Martha Plascencia e Jenny Naughton si sono conosciute nel 1991: entrambe portavano i loro figli ai boy scout, e sono diventate ottime amiche. Hanno fatto le catechiste nella loro parrocchia di Diamond Bar, in California, e negli anni sono state impegnate anche in molti altri ministeri.
Nel 2005 i loro rispettivi mondi sono cambiati quando i loro figli sono usciti allo scoperto. La loro reazione è stata di accettazione: amavano i loro figli, e certo nulla poteva cancellare il loro amore, ma al tempo stesso avevano molti dubbi sul futuro dei loro figli. Hanno entrambe capito che davanti a loro c’era un lungo cammino da percorrere, e che avevano bisogno della compagnia l’uno dell’altra.
Erano madri di figli gay, e il loro cammino di fede sarebbe stato diverso da quello di altri genitori cattolici. La loro parrocchia offriva molti ministeri, ma nessuno che si rivolgesse specificamente ai genitori di figli LGBTQ, e lo stesso argomento era tabù.
La comunità parrocchiale, come accade molto spesso, non era attrezzata per accompagnarle nel loro cammino, e le due donne capivano di avere una necessità che non poteva essere soddisfatta.
Si dice che quando un figlio o una figlia, non importa l’età, “esce dal nascondiglio”, sono i genitori che invece vi entrano. Se la persona che fa coming out ha avuto il tempo di discernere le difficili questioni concernenti il proprio orientamento e la propria identità, e la loro accettazione, i genitori spesso non hanno fatto questo lavoro di riflessione.
Il giorno in cui il loro figlio o la loro figlia “esce allo scoperto” può essere per loro la prima volta cui pensano a tali difficili questioni, e spesso non riescono o non vogliono parlare dell’argomento, lo negano, oppure si isolano in qualche modo. Spesso queste reazioni non significano che i genitori non amino i propri figli, ma solo che hanno iniziato un lungo processo di discernimento e non sanno dove stanno andando.
Le preoccupazioni principali dei genitori riguardano il benessere e la sicurezza fisica dei figli, e la salvezza della loro anima; viene poi la preoccupazione per la sicurezza e il benessere dei genitori stessi, e poi i sensi di colpa, la paura, e il chiedersi il perché di un figlio o una figlia omosessuale.
Spesso i genitori si fanno queste domande: “Mio figlio sarà sempre a posto fisicamente?”; “Mia figlia troverà un lavoro, e avrà i soldi per vivere?”; “Cosa diranno i parenti di mio figlio?”; “Cosa diranno gli amici della chiesa di mia figlia?”; “Questo vuol dire che devo scegliere tra mio figlio e la Chiesa?”; “Adesso sarò sollevato dai miei incarichi in parrocchia?”; “Cosa dirà la gente di me, della mia incapacità ad essere madre?”; “Dove ho sbagliato?”; “Perché Dio mi vuole punire?”; “Perché mia figlia è lesbica?”; “Perché non me l’ha detto prima?”; “Andrò in paradiso anche se mio figlio è gay?”.
Spesso queste domande si esprimono sotto forma di paura, rabbia, negazione, tristezza e molti altri sentimenti. A volte i sentimenti non vengono affatto espressi, se non nel silenzio: un silenzio lungo, duro, doloroso. Tutto questo può distruggere una famiglia.
A dire il vero, non tutti i genitori rimangono sorpresi quando un figlio o una figlia fa coming out. Molti già sospettavano che il figlio fosse diverso, e hanno affrontato in anticipo le loro paure. Al momento del coming out hanno già avuto il tempo di pensare a quelle difficili questioni e hanno già affrontato il processo di discernimento. Nella migliore delle ipotesi, la loro reazione è positiva e ribadisce l’amore di Dio: “Ti amerò per sempre, sarai sempre mia figlia”.
Molti catechisti e responsabili laici vivono tali situazioni più spesso di quanto non vogliano ammettere. Si fanno le medesime domande dopo che una persona cara (un figlio, una nipote, una sorella, un amico di famiglia) è uscita dal nascondiglio, e spesso se ne stanno in silenzio e in solitudine a riflettere, lacerati tra l’amore per la persona cara e quello per la loro Chiesa.
Queste persone, che fanno parte del Corpo di Cristo, della nostra Chiesa, soffrono e non sanno a chi rivolgersi, non hanno una comunità cattolica dove possano aprirsi senza essere criticate e giudicate.
Spesso l’istinto suggerisce di parlarne a un sacerdote in confessione, ma i genitori delle persone LGBTQ cattoliche non hanno una comunità dove possano compiere insieme il proprio percorso di fede e discernimento.