La svolta dei vescovi fiamminghi sulla benedizione dell’amore omosessuale. Come la liturgia può rinnovare la fede
Riflessioni di Antonio De Caro*, parte seconda
All’assemblea sinodale del 9 settembre 2022, a Francoforte, era presente come osservatore anche il vescovo di Anversa, Johan Bonny, che ha rivolto un saluto all’assemblea sinodale, in particolare agli altri vescovi, esprimendo l’interesse e il sostegno dei vescovi belgi per il sinodo tedesco.
Il 17 marzo 2021 J. Bonny aveva palesato la propria vergogna per il Responsum della Congregazione per la Dottrina della Fede contro la benedizione delle unioni omosessuali del 15 marzo 2021, evidenziandone le debolezze giuridiche, teologiche e pastorali.
I vescovi belgi, questa volta, sono arrivati prima e con più coraggio dove i vescovi tedeschi ancora non riescono ad arrivare. Il 20 settembre 2022 hanno emanato un breve documento in cui, con limpida sintesi, hanno preannunciato che sono disposti a benedire le unioni fra persone omosessuali. Il documento è stato firmato da Jozef de Kesel, vescovo di Mechelen-Bruxelles, presidente della conferenza episcopale belga che comprende i vescovi fiamminghi ma anche quelli di lingua francese.
Il documento nasce dall’esperienza pastorale, cioè dall’incontro e dall’ascolto delle persone omosessuali. I vescovi belgi hanno compreso “la loro storia dall’incertezza verso una crescente chiarezza e accettazione; le loro domande sulle posizioni della Chiesa; la loro gioia di conoscere un partner fisso; la loro scelta per un rapporto esclusivo e duraturo; la loro decisione di assumersi la responsabilità e prendersi cura l’uno dell’altro; il loro desiderio di essere al servizio della Chiesa e della società” (p. 2).
Fin dal titolo (Essere pastoralmente vicini alle persone omosessuali. Per una Chiesa accogliente che non esclude nessuno) è evidente l’intenzione di muoversi solo sul piano pastorale, senza attaccare apertamente la dottrina: tanto è vero che il documento cita ed approfondisce l’enciclica Amoris laetitia.
I vescovi fiamminghi ci tengono a sottolineare che la benedizione delle unioni omosessuali non va confusa con il sacramento del matrimonio, che resta riservato ad un uomo e una donna; e che la nuova cerimonia deve avvenire con semplicità e discrezione. Si tratta di posizioni di cautela, che probabilmente hanno lo scopo di ridurre la forza dirompente delle altre affermazioni che aprono scenari nuovi anche nel campo della dottrina: l’amore omosessuale va benedetto, poiché costituisce una sorgente di felicità e di pace, e va accompagnato verso una piena integrazione nella comunità; il valore morale dell’amore omosessuale riposa nell’autenticità e nelle scelte delle coscienze; se la Chiesa non ne riconoscesse la dignità, il suo silenzio sarebbe complice dell’omofobia e istigherebbe la società (come è avvenuto per lunghissimo tempo) ad atteggiamenti di disprezzo e discriminazione. L. Van Looy, vescovo emerito di Gand, ricorda anche le risonanze sociali delle scelte della Chiesa; se il riconoscimento del valore morale dell’amore omosessuale genera la possibilità della benedizione, l’accoglienza della comunità cristiana costituisce un fattore di protezione contro i crimini d’odio -e quindi un modo attraverso cui la Chiesa Cattolica può cercare concretamente il perdono delle persone omosessuali a cui ha provocato gravi sofferenze nella storia.
Il documento si conclude con una possibile traccia liturgica per queste cerimonie di benedizione, che prevede -tra l’altro- l’ascolto della Parola di Dio, la promessa reciproca fra i partner, la preghiera della comunità, il Padre Nostro e l’invocazione della benedizione di Dio.
Cogliamo, in questo documento, alcuni aspetti innovativi, apprezzabili e di grande significato. Coerente con il dissenso dei vescovi fiamminghi nei confronti del Responsum, il testo propone una codificazione liturgica che probabilmente può essere anche arricchita di volta in volta, ma comprende alcuni nuclei essenziali come l’espressione del libero consenso dei partner e del loro impegno.
In altre parole, la benedizione viene invocata su un’intenzione di amore e dono reciproco che appartiene all’interiorità delle persone che si amano: è la coscienza il luogo di questa promessa, la sorgente di questa dimensione etica invoca con fiducia la Grazia. Anche in Germania e in Italia ci sono esperienze di questo tipo, più o meno clandestine, come dimostra la lunga esperienza di don Franco Barbero ricordata da Pasquale Quaranta.
Ovviamente, però, se sono i vescovi a promuovere la benedizione delle unioni omosessuali, i sacerdoti delle loro diocesi non devono temere di essere sospesi, rimossi o sanzionati se ne seguono l’indirizzo: è esattamente l’opposto di quanto è avvenuto in Italia al sacerdote ligure don Giulio Mignani, che appoggia l’idea di una benedizione delle unioni omosessuali e per questo è stato sospeso a divinis dal vescovo di La Spezia L. Palletti.
I vescovi fiamminghi colgono, nella relazione d’amore omosessuale, una prospettiva di felicità e fecondità morale che va tutelata: quindi alla base della svolta liturgica, che in apparenza è solo un gesto pastorale, si percepisce una consapevolezza etica e anche teologica, cioè la fede che Dio non può non riconoscere e rafforzare i progetti di amore delle sue creature.
Certo, in Belgio (lo fa notare Massimo Battaglio) questo documento rappresenta il coronamento di un lungo processo di ascolto, di seria riflessione, di integrazione sociale: ma, anche se questo luminoso esempio non può essere calato bruscamente in contesti che non sono ancora pronti, perché non hanno ancora fatto lo stesso percorso, il documento e i valori che lo sostengono possono rappresentare un potente impulso per il rinnovamento di altre comunità ecclesiali, per liberarsi dalla logica della condanna e adottare la logica dell’accoglienza e della coscienza etica.
Il teologo italiano Andrea Grillo, autore di un incisivo libro su Cattolicesimo e (omo)sessualità. Sapienza teologica e benedizione rituale, fa notare che i vescovi belgi hanno comunque mantenuto un atteggiamento di cautela: hanno seguito la linea pastorale di Amoris laetitia, hanno sottolineato che comunque il sacramento del matrimonio è un’altra cosa rispetto ad una semplice benedizione. Anzi, al termine benedizione (ufficialmente disapprovato dal Responsum del 15/03/2021) i vescovi belgi preferiscono l’espressione “rendimento di grazie”.
Per diversi motivi, anche autobiografici, non posso che consentire con le osservazioni di A. Grillo e auspicare, come lui, un maggiore coraggio; ma, nello stesso tempo, noto con gioia l’uso dell’espressione “rendimento di grazie”, che traduce di fatto il termine eucarestia. Come ho avuto modo di esporre altrove, la benedizione è un gesto eucaristico, che innesca una relazione virtuosa fra Dio, sorgente del bene, e gli esseri umani. Dio benedice l’uomo, l’uomo ringrazia Dio; un* partner ringrazia l’altr* perché sente la sua presenza come una benedizione; la comunità è grata perché due persone che si amano e si promettono amore duraturo sono un segno dell’amore di Dio per l’umanità, e di conseguenza la comunità invoca su di loro la benedizione di Dio, in una circolarità che fonda e rafforza la comunione.
Anche il teologo altoatesino Ewald Volgger ha colto nei vescovi belgi un eccesso di prudenza, soprattutto quando consigliano semplicità e discrezione per la benedizione delle unioni omosessuali -che quindi non dovrebbero dare troppo nell’occhio. Questa prudenza, secondo Volgger, li ha trattenuti dal compiere in modo più esplicito una trasformazione decisiva e ricade purtroppo in un atteggiamento di discriminazione e umiliazione: vi benediciamo, ma in penombra e a bassa voce.
Pochi giorni dopo la pubblicazione del loro documento, i vescovi belgi si sono affettati a chiarire che la loro proposta non va intesa come una liturgia; ma E. Volgger, da esperto liturgista, la descrive come un sacramentale, dalla struttura lineare e semplice: dopo le parole di apertura e la preghiera iniziale, vi è una lettura delle Scritture, poi una preghiera dei partner, quindi la preghiera della comunità per entrambi; seguono le intercessioni, il “Padre nostro”, la preghiera conclusiva e la benedizione. Anzi, secondo E. Volgger, la traccia andrebbe completata attraverso lo scambio di un segno, come gli anelli.
Va ricordato che E. Volgger si era occupato di questo argomento nel libro Benedizione delle unioni omosessuali, Regensburg Pustet 2020, in particolare nel suo contributo La celebrazione della benedizione per le coppie omosessuali – un abbozzo (pp. 191-203). L’aspetto che io trovo più bello è che, nella riflessione di E. Volgger, le scelte pratiche della proposta liturgica corrispondono a un profondo atteggiamento di preghiera e di dialogo con Dio e con la comunità: una benedizione è una eulogia, che invoca la presenza di Dio (anaclesi), rievoca il bene donato da Dio nella storia dell’umanità e delle persone (anamnesi) e torna ad invocare Dio (epiclesi) perché conceda ai partner la forza di amarsi in modo autenticamente cristiano, cioè nel segno trinitario che sigilla la preghiera.
Questo vuol dire che due persone omosessuali possono invocare Dio, ricordare le meraviglie da lui compiute nella loro vita (soprattutto il dono di essersi incontrat* e innamorat*) e chiedergli il sostegno della Grazia per il loro progetto di vita: quella Grazia che può manifestarsi in tutte le condizioni di vita, come più volta afferma papa Francesco in Amoris laetitia.
E quindi una celebrazione di ringraziamento e benedizione diventa il modo per narrare il passaggio di Dio nella vita di chi si ama, un modo per testimoniarlo alla comunità – che si unisce al rendimento di grazie – e per chiedere, a Dio e alla comunità, protezione e sostegno.
* Antonio De Caro (Palermo 1970) collabora con La Tenda di Gionata per promuovere il dialogo fra condizione omosessuale e fede cristiana. Sul tema, ha pubblicato i volumi Cercate il suo volto. Riflessioni teologiche sull’amore omosessuale (2019) e La violenza non appartiene a Dio. Relazioni omosessuali e accoglienza nella Chiesa (2021)